Top e Flop, i protagonisti del giorno: 11 marzo 2021

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

MASSIMILIANO SMERIGLIO

La Piazza Grande non c’è stata. Lo ha detto l’architetto di quel progetto politico, vale a dire l’eurodeputato Massimiliano Smeriglio, all’epoca vicepresidente della giunta regionale del Lazio. La sua riflessione su Il Manifesto è un affresco di tutto ciò che nel Pd non ha funzionato e non funziona. (Leggi qui Smeriglio amaro: “La Piazza Grande che non c’è stata”).

Smeriglio ringrazia Zingaretti per averci provato, ma al tempo stesso dice che forse bisognava provarci di più. Perché indubbiamente il Pd “divora” i suoi segretari. E li “divora” sull’altare del potere per il potere. Quello delle correnti, sempre e comunque al centro. Perché proprio quelle correnti hanno anestetizzato il progetto.

Nicola Zingaretti e Massimiliano Smeriglio (Foto: Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica)

Il maggior partito della sinistra italiana non può “vivere” al di fuori di un campo definito e riconoscibile di centrosinistra, nel quadro di alleanze che affondano le loro radici nella società civile oltre che nella storia.

Eppure quella “passione” si era sentita bene nel 2019, al punto da far avvicinare al Partito anche uno come Massimiliano Smeriglio. Paradossalmente però è proprio adesso che il progetto deve “sopravvivere” a chi lo ha voluto e attuato in parte. Nicola Zingaretti e Massimiliano Smeriglio su tutti.

Smeriglio ha detto che sarà un anno impegnativo, durissimo. Fondamentale. Nella sua riflessione c’è amarezza sicuramente. Ma anche speranza.

Ritorno a Piazza Grande.

NICOLA ZINGARETTI

Proviamo a mettere in fila i suoi ultimi atti. Dimissioni da segretario del Pd con un manifesto di accusa al confronto del quale le “rottamazioni” di Matteo Renzi erano puro solletico. Poi comparsata studiata a tavolino nel salotto di Barbara D’Urso per far capire a tutti che lui è immune dallo snobismo radical chic. Conferma che il suo passo indietro è definitivo. Non ci sarà un ripensamento.

Nicola Zingaretti ed Enrico Letta

Come Governatore del Lazio fortissima accelerazione sulla campagna vaccinale e definizione della zona rossa in provincia di Frosinone. Per dimostrare che è sul pezzo come nessuno quando si tratta di amministrare. Poi, nel silenzio assoluto la definizione di strategie (da Piazza Grande) nel caso alla guida del partito dovesse arrivare Enrico Letta.

Conclusioni: Nicola Zingaretti resta in campo e guarda al futuro come amministratore. Sul piano politico assume il ruolo di regista, lasciando quello di centravanti. Ultimo particolare: per un romano non c’è niente di più prestigioso e importante che fare il sindaco di Roma. Zingaretti sta andando a “credito” con il Partito.

L’obiettivo è il Campidoglio. Si voterà tra il 15 settembre e il 15 ottobre. C’è tutto il tempo. La Regione Lazio? Con lui sindaco di Roma il centrosinistra avrebbe la strada spianata.

Strategia di… medio periodo.

FLOP

 MATTEO SALVINI

Si è ritagliato il ruolo di spina nel fianco del Governo presieduto da Mario Draghi. Sulla gestione della pandemia da Covid-19 Matto Salvini è sempre di traverso. Anche per quanto riguarda la chiusura dei fine settimana, ipotizzata in queste ore.

Matteo Salvini (Foto: Leonardo Puccini / Imagoeconomica)

Il leader della Lega ha accelerato sulla produzione del vaccino russo Sputnik  in Italia. Soltanto che le risposte arrivate gli hanno fatto capire che al massimo se ne potrà parlare concretamente per fine anno. Vale a dire fuori tempo massimo. In realtà pare che sia successo anche dell’altro. E cioè che il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega e vero “sarto” dell’operazione che ha portato il Carroccio a sostenere Draghi, ha tenuto la linea “atlantica”. Sullo Sputnik c’è il no del presidente Usa Joe Biden. Non è semplice da superare. E questo si riverbera anche nella politica estera dell’Italia.

Matteo Salvini non ha mai nascosto una propensione per la Russia di Putin. Ma in questo Governo la linea viene continuamente limata da Giancarlo Giorgetti. Che ha il sostegno di Luca Zaia e dell’ala nordista della Lega, quella che conta e pesa di più. Matteo Salvini è il leader, ma non può andare contro la maggioranza del partito. E contro la linea governativa di Giancarlo Giorgetti.

Gabbia dorata.

MATTEO RENZI

Al Nazareno si dà per scontato l’arrivo di Enrico Letta alla Segreteria nazionale del Pd. Nicola Zingaretti dà per scontato l’arrivo di Letta. Ed è pronto per preparare il terreno al rilancio di Piazza Grande. Perché resta quella la logica del Partito Democratico: un campo largo e aperto, che guardi al centrosinistra. L’antitesi del progetto di Matteo Renzi, naufragato alle elezioni del 4 marzo 2018.

Enrico Letta passa la campanella a Matteo renzi. Foto Daniele Scudieri / Imagoeconomica

Ma Renzi un pensierino a tornare nel Pd ce l’aveva fatto, inutile negarlo. E Base Riformista non ha mai davvero tagliato il cordone ombelicale con l’ex sindaco di Firenze. 

Enrico Letta è tutto il contrario di quello che Renzi ha rappresentato e rappresenta. A questo punto non è neppure fondamentale che Enrico Letta diventi segretario del Pd. Il solo fatto che in queste ore sia il suo il nome in pole position è la risposta di una larga parte dei Democrat ai tentativi di ritorno al passato dei nostalgici di Renzi. E dove Nicola Zingaretti non ha osato, Enrico Letta potrà osare. Non necessariamente da segretario.

Per Matteo Renzi la conferma che il Pd non è più casa sua.

Strada sbarrata.

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