Top e Flop, i protagonisti del giorno: 13 febbraio 2021

Top e per una volta nessun Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

MARIO DRAGHI

È il presidente del Consiglio di un Governo che sarà sostenuto, contemporaneamente, da Movimento Cinque Stelle, Pd , Leu, Italia Viva, Forza Italia e Lega. Per avere un’idea: sono dalla stessa parte Nicola Zingaretti e Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo.

Mario Draghi (Foto: Alessandro Di Meo via Imagoeconomica)

Mario Draghi ci ha messo pochissimo per arrivare ad una sintesi che è stata anche politica. Infatti ha dato 4 ministeri ai Cinque Stelle, 3 al Pd, 3 alla Lega, 3 a Forza Italia, 1 a Italia Viva, 1 a Leu. Ma in questo contesto si è riservato 8 scelte “tecniche” pesantissime. Nei posti chiave: economia, scuola, università e via di questo passo.

È l’unico che può portare l’Italia fuori da una situazione pesantissima e rischiosa. Bisognerà accelerare sul piano vaccinale in un momento in cui sta per dilagare la variante inglese. Poi bisognerà elaborare progetti credibili e veri per accedere ai 209 miliardi di euro del Recovery Plan. Mario Draghi dovrà mettere in campo tutta la sua autorevolezza e già ha iniziato a farlo. Infatti lo spread è sceso già moltissimo.

Se c’è uno che non si illude sul fatto che sarà semplice, quello è proprio Mario Draghi. Se riuscirà nel miracolo, a gennaio al Quirinale non dovrà andare. Sarà casa sua. (Leggi anche Super Mario ha già cambiato gli assetti politici locali).

Imperiale.

SERGIO MATTARELLA

A questo Governo ci credeva soltanto lui. Ha avuto il coraggio di puntare su un fuoriclasse come Mario Draghi nel momento più difficile, quello che ha sancito la fine della politica. Perché questo non va mai dimenticato: il fallimento del tentativo del Conte ter ha chiuso una stagione.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Era necessario commissariare i Partiti e Mattarella lo ha fatto. Puntando sul senso di responsabilità del Partito Democratico, sulla scelta obbligata del Movimento Cinque Stelle, sulla voglia dell’eterno ritorno di Forza Italia, sulla necessità della Lega di sdoganarsi in Europa, sulla volontà di Matteo Renzi di restare in corsa, così come di Leu.

Ha puntato anche sul fatto che da agosto inizierà il semestre bianco e quindi non si potranno sciogliere le Camere. Ma soprattutto ha avuto il coraggio di dire che la pandemia è talmente grave che non si possono rischiare impennate di contagi perché la politica non riesce a fare il suo mestiere.

Oggi i fatti gli hanno dato ragione. Ma due settimane fa in pochi ci avrebbero scommesso.

Il coraggio di rischiare.

GIANCARLO GIORGETTI

La sua nomina a ministro dello Sviluppo Economico è il vero capolavoro della Lega in questo particolare momento. Giancarlo Giorgetti è riuscito a convincere, con le argomentazioni, Matteo Salvini a sterzare al Centro.

Giancarlo Giorgetti (Foto: Imagoeconomica, Livio Anticoli)

Un Centro che porta in Europa e che in prospettiva può perfino arrivare al Partito Popolare Europeo. Giancarlo Giorgetti è il cardinale Richelieu del Carroccio, che ha in Matteo Salvini il Capitano e leader indiscusso. Giorgetti ha capito che il momento decisivo era… adesso. Intanto perché senza un “riconoscimento” da parte dell’Unione Europea si possono pure vincere le elezioni ma è difficile governare un Paese come l’Italia. Poi perché il “cuore” della Lega sta sempre in Lombardia e nel Veneto. Dove esiste una classe imprenditoriale che chiede “pane e governo”.

I 209 miliardi di euro per il Recovery Plan servono a dare risposte a questi settori. Infine, il dialogo con il mondo cattolico: fondamentale. Giancarlo Giorgetti sintetizza tutto questo.

Nella tana del… Draghi.

MASSIMILIANO CENCELLI

È il padre di un metodo che regge la politica italiana, europea e per molti versi mondiale. Il “manuale Cencelli” è un’espressione giornalistica con la quale si fa riferimento all’assegnazione di ruoli politici e governativi ad esponenti di vari partiti politici o correnti in proporzione al loro peso.

Massimiliano Cencelli (Foto: Stefano Carofei / Imagoeconomica)

L’espressione viene spesso usata in senso dispregiativo e perfino ironico, per alludere a nomine effettuate in una mera logica di spartizione.

Massimiliano Cencelli era un funzionario della Democrazia Cristiana che in un’intervista svelò alcuni punti fermi: “Nel 1967 Sarti, con Cossiga e Taviani , fondò al congresso di Milano la corrente dei “pontieri”, cosiddetta perché doveva fare da ponte fra maggioranza e sinistra. Ottenemmo il 12% e c’era da decidere gli incarichi in direzione. Allora io proposi: se abbiamo il 12%, come nel consiglio di amministrazione di una società gli incarichi vengono divisi in base alle azioni possedute, lo stesso deve avvenire per gli incarichi di Partito e di governo in base alle tessere. Sarti mi disse di lavorarci su. In quel modo Taviani mantenne l’Interno, Gaspari fu sottosegretario alle Poste, Cossiga alla Difesa, Sarti al Turismo e spettacolo. La cosa divenne di pubblico dominio perché durante le crisi di governo, Sarti, che amava scherzare, rispondeva sempre ai giornalisti che volevano anticipazioni: chiedetelo a Cencelli”.

Se non ci fosse stato il Manuale Cencelli, Draghi avrebbe incontrato qualche difficoltà in più nel formare il Governo: 15 ministri politici, 8 tecnici, equilibrio tra i Partiti (al M5S che ha la maggioranza relativa un ministero in più), equilibrio addirittura tra le correnti dei Partiti, tra veterani e debuttanti, fra uomini e donne. Senza Massimiliano Cencelli non esisterebbe la politica italiana.

Io sono leggenda.