Top e Flop, i protagonisti del giorno: 19 febbraio 2021

Top e Flop. I protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

GIORGIA MELONI

Ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati”. Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ha citato Bertolt Brecht alla Camera. Cioè la leader di un Partito post fascista e ormai entrato nell’area dei Conservatori, ha usato le parole di un comunista. Perché Brecht era un comunista.

Giorgia Meloni

Un vero e proprio capolavoro linguistico oltre che politico, perché in questo modo la Meloni ha sottratto ai suoi avversari politici anche l’ideologia. In realtà ha voluto soprattutto sottolineare che Fratelli d’Italia è in splendida solitudine e che se lei non si fosse collocata all’opposizione l’Italia sarebbe tipo la Nord Corea.

La Meloni ha voluto porre l’accento sull’ammucchiata in maggioranza. Con un solo e solito obiettivo: mettere in difficoltà la Lega. La leader di Fratelli d’Italia non ha come obiettivo il governo del Paese, ma soltanto quello di ottenere più voti per il suo Partito. Un’operazione populista, ma giocata benissimo. Con un ars oratoria degna di predecessori come Giorgio Almirante e Gianfranco Fini.

Io sono (sempre) Giorgia.

ALESSANDRO DI BATTISTA

Per la prima volta  da tantissimo tempo (forse da sempre) si è comportato da leader. Mentre Beppe Grillo e il politburo del Movimento Cinque Stelle (Luigi Di Maio, Vito Crimi, Roberto Fico) annunciavano l’espulsione dei senatori che avevano osato votare no alla fiducia a Mario Draghi, lui, Dibba, si rivolgeva ai ribelli, invitandoli a costruire un’opposizione insieme a lui.

Alessandro Di Battista

E lo ha fatto con serenità e determinazione. Dimostrando di avere le idee chiare, ma anche chiudendo gli spazi a possibili ripensamenti o folgorazioni sulla via di Damasco.

Non solo: Alessandro Di Battista ha anche voluto mettere in campo un’operazione intelligente a… sinistra. Sì, a sinistra, perché in questo modo non ha lasciato tutta l’opposizione a Fratelli d’Italia. Cioè a destra.

Stavolta sembra fare sul serio, stavolta sembra non volersi curare dei diktat di Beppe Grillo.

Emancipato.

FLOP

BEPPE GRILLO

Per l’ennesima volta ha voluto esibire l’uso del pugno di ferro contro i “ribelli”. Espellendo chi non si era allineato ai suoi comandamenti da fondatore dell’ex partito del Vaffa. Stavolta però l’errore politico è stato enorme ed evidente.

Beppe Grillo (Foto: Stefano Scarpiello / Imagoeconomica)

Grillo poteva contenere il dissenso, raccogliere l’invito di un direttorio più equilibrato e tenere dentro al Movimento anche quelli che avevano votato no alla fiducia. Magari nel corso del tempo avrebbero potuto cambiare idea. Invece no. Li ha cacciati. Dimenticando che in politica come nella fisica, ogni azione produce una reazione uguale e contraria.

Se il Movimento Cinque Stelle si spezza, a perderci sarà il Movimento stesso, sempre più ridotto a Partito della conservazione senza radicamento nel Paese.

Ma intanto un effetto si è già prodotto. Senza i 15 voti dei ribelli e le 6 assenze ingiustificate nei Cinque Stelle, al Senato. è il centrodestra la coalizione di maggioranza della maggioranza. Cioè Matteo Salvini e e Silvio Berlusconi. Ma ai pentastellati importa davvero? Ai parlamentari pentastellati no. Agli elettori (quei pochi rimasti) probabilmente sì.

E magari da oggi guarderanno anche Alessandro Di Battista.

Autogol da antologia.

CALENDA-TOTI

Continuano a scrivere trattati di filosofia sofistica sul Centro che non c’è. Carlo Calenda, leader di Azione, ha ribadito per la ottantesima volta in quattro giorni che lui non si tira indietro dalla candidatura a sindaco di Roma soltanto perché c’è la possibilità di una discesa in campo, nel Pd, di Roberto Gualtieri.

Il che ci sta. Ma la domanda successiva è improntata al realismo politico: davvero Calenda pensa di poter diventare sindaco di Roma senza alleanze con il centrosinistra? E questo fantomatico Centro che sembra rincorrere, da chi è formato?

Giovanni Toti e Mario Abbruzzese. Foto: Imagoeconomica

Giovanni Toti, leader di Cambiamo, si è subito ringalluzzito per i tre fuoriusciti di Forza Italia che hanno scelto di passare a Cambiamo. Pure lui si è cimentato su prospettive centriste che nessuno vede.

Per vari motivi: oggi quel che resta del Centro è occupato dal Pd e da Forza Italia. L’unico che potrebbe provare un’operazione di una qualche rilevanza è Matteo Renzi. Tutto il resto è noia. Ma Carlo Calenda e Giovanni Toti sembrano crederci davvero.

Aspettando Godot.