I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 11 febbraio 2023.
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MATTEO SALVINI
Ha tenuto botta bene e si è parzialmente inabissato, come i sommergibili diesel-elettrici quando fanno snorkeling: attenti a tutto ciò che accade a quota perscopica ma defilato da una superficie decisamente burrascosa. Va dato atto a Matteo Salvini che quando decide di non essere Matteo Salvini viene fuori con il mezzo shining di una saggezza politica che non sempre dimostra di avere.
Il tipo è noto proprio per il contrario. Per essere cioè per ogni tipo di polemica sdrucciola quello che era il criminale bello e maledetto di Point Break, un surfista con i cosiddetti. E invece, a fare la tara a qualche sporadica risposta tiratagli fuori con le pinza da qualche cronista a caccia di un taglio basso da far diventare apertura, sul caso Cospito-Donzelli-Delmastro-Nordio-anarchici il vicepremier è stato molto più tiepido della lava social e dialettica a cui ci aveva abituato.
Salvini ha capito che la sua indole da spot latrato sta diventando demodè, o quanto meno ha intuito che rinfoderarla per un po’ non può che fargli bene. Perciò il ministro di Trasporti ed Infrastrutture, che è il più grande invasore di campo della storia, stavolta è andato a fare il cuculo nel nido di una questione molto più ficcante a pratica: quella del caro benzina.
E mentre sulle cose eversive i colleghi di governo si sciabolavano come dervisci lui è andato di prosa e ha detto: “Se il prezzo della benzina torna a salire come la scorsa estate, sopra i due euro, interverremo. La scelta fin qui è stata se confermare il taglio delle accise o intervenire su bollette e stipendi”.
Insomma, ha detto una cosa ovvia ma che non molti, premier inclusa, avevano avuto il coraggio di mettere così brutale: c’erano due opzioni ed una sola scelta e chi sceglie fra due cose ovviamente mette in conto che quella scartata gli torni su grugno.
“Abbiamo scelto la seconda cosa, di aiutare gli stipendi fino a 25mila euro, che quest’anno saranno rivalutati fino a 500 euro in più, e le pensioni minime”. E per il momento l’unico a non essere “anarchico” pare proprio lui.
Energetico e innocuo.
STEFANO MAGINI
Il dubbio è lecito, l’indagine è doverosa, l’assoluzione è una liberazione: soprattutto quando il caso è complesso e richiede tempo per essere chiarito. Più ancora quando hai sul collo il fiato di ben 52 Comuni, di una fetta della popolazione riunita nel comitato Acqua Pubblica e nell’associazione Codici, della società Fenicia Gas e di 45 singoli cittadini. Tutti che chiedono la tua condanna e sono stati ammessi, in quel caso, a bussare al tuo portafogli.
Un peso che hanno portato fino a ieri Stefano Magini e Paolo Saccani (succedutisi nella carica di Amministratore delegato di Acea Ato5, la società che gestisce la distribuzione dell’acqua in provincia di Frosinone); gli ingegneri Serafino Colasanti e Massimo Pilozzi (succedutisi alla guida della Segreteria Tecnico Operativa che affianca i sindaci nei rapporti con il gestore). Per loro non ci sarà nessun processo: i sospetti sulle loro gestioni non si sono rivelati fondati.
Sono cadute le accuse di frode in pubbliche forniture (cioè d’avere consentito ad AceaAto5 di riscuotere tariffe più alte del dovuto); di turbata libertà degli incanti (cioè avere pilotato i lavori verso una precisa società); e di peculato (per non avere accantonato le somme riscosse per il servizio di depurazione). Non si andrà nemmeno a processo: perché i fatti non sussistono. Lo ha stabilito il Giudice delle Udienze Preliminari di Frosinone. Che ha trasmesso per competenza a Roma le carte relative ai Bilanci ed all’eventuale falsificazione.
Il problema non è tanto per l’aspetto penale. Le indagini sono doverose. Ma per l’alone di sospetto sociale dal quale tutto è nato: che ha contribuito ad inquinare a lungo i rapporti tra gestore e utenti. A creare in clima di sfiducia. Che ha peggiorato il contenzioso, alimentando i veleni. Creando un solco sempre più profondo con i sindaci. I magistrati hanno controllato: non ci sono elementi sui quali basare un processo. È il presupposto per un dialogo più sereno.
Limpido come l’acqua.
FLOP
GLI ANARCHICI
Cosa fa un anarchico per finta? Si oppone ad un dato sistema complesso di cui non riconosce le regole. E cosa dovrebbe fare un anarchico sul serio? Non riconoscendo alcun sistema per insita natura di quello che è non dovrebbe “scegliere” a quale opporsi. Altrimenti è solo un estremista pitturato di figaggine sciolta. Oggi invece essere anarchici significa essere sanculotti di rincalzo.
E il caso Cospito questo secolare paradosso della categoria in oggetto lo ha svelato tutto e bene. Perciò, dopo aver fatto sedimentare gli umori della stagione più cretina in assoluto della vita parlamentare italiana, è ora di dirlo. Alberto Cospito sta male e sta facendo un devastante sciopero della fame, ma Alberto Cospito è un detenuto per cui i suoi sodali ritengono che il 41bis sia troppo.
Perché? Perché il 41bis è roba da mafiosi, cioè da “delinquenti massimi” a cui un “delinquente grosso ma non massimo” non può essere equiparato. E l’equivoco sta tutto qui: nel dato crudo ed ipocrita cioè per cui mentre combattevamo (e battevamo) la mafia abbiamo consentito che si svilisse la sostanza degli altri crimini associativi, quelli politici o sedicenti tali.
Abbiamo perso memoria del terrorismo dopo l’arresto di Nadia Desdemona Lioce e la morte di Biagi e D’Antona e pian pianino siamo svicolati nella nicchia comoda di una graduatoria del male che per fortuna il Diritto non conosce e non sa riconoscere, non potrebbe.
E gli anarchici, che sono anche un anacronismo vivente, in questo mare di confusione ci sguazzano. E spediscono proiettili, scassano cose, promettono morte. Appiccano incendi, minacciano Mattarella e mezzo Parlamento. Perché, nel loro sentire, Cospito è più pericoloso di un cittadino comune ma è stato meno letale di una coppola storta.
E invece non è così, o quanto meno così non dovrebbe essere. Non in uno Stato di Diritto, lo stato che agli anarchici non piace.
Beh c’è una novità: neanche voi piacete a noi.
Ebbasta.