Perché dopo mesi di campagna elettorale, dopo uno sforzo organizzativo, politico ed anche economico notevole, i neo eletti al Parlamento o al consiglio regionale dovrebbero adeguarsi alla logica del tornare subito ad elezioni senza che ci sia una prospettiva di governo stabile con una nuova legge elettorale?
Non è una questione di vitalizio (che non esiste più nella forma e nelle proporzioni della Prima Repubblica) e nemmeno di stipendio, che in ogni caso cambia la vita.
E’ una questione che la prossima volta potrebbe cambiare tutto, a cominciare dai candidati.
GLI ELETTI… PRECARI
Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia) e Gianfranco Rufa (Lega) sono diventati senatori, il primo vincendo nel maggioritario a casa sua, il secondo entrando attraverso il listino proporzionale a Viterbo. Poi ci sono i deputati: Ilaria Fontana (Cinque Stelle) e Francesco Zicchieri (Lega) hanno vinto nei collegi uninominali della Camera, mentre Luca Frusone, Enrica Segneri (Cinque Stelle), Francesca Gerardi (Lega) e Claudio Mancini (Pd) sono entrati attraverso i listini proporzionali.
Alla Regione Lazio sono stati eletti Mauro Buschini, Sara Battisti (Pd), Pasquale Ciacciarelli (Forza Italia) e Loreto Marcelli (Cinque Stelle).
I VETI PERICOLOSI
A livello nazionale i veti incrociati stanno mettendo a rischio la nascita di un governo stabile, sul piano regionale Nicola Zingaretti non ha la maggioranza e rischia. La prossima volta però i candidati potrebbero essere diversi e anche il vento potrebbe cambiare.
L’instabilità politica non riguarda soltanto in Italia, ma da noi è maggiore. E l’indebolimento dei partiti tradizionali è una specie di acceleratore permanente del quadro politico nazionale, regionale e locale.
Tra un anno si vota per le europee e potrebbe esserci un altro election day. Con le politiche, magari anche con le regionali. Comunque ci sono sempre anche le comunali.
Si vota continuamente e pure gli eletti si scoprono precari. Senza garanzie di ricandidatura. Figuriamoci di elezione.