Esistono molti modi per interpretare la vita. Uno di questi vuole che nessuno debba essere lasciato indietro. Per questo, chi è povero e non ha i soldi, in Italia ha comunque diritto ad un letto d’ospedale, un medico che lo curi, i farmaci per la terapia. Non accade come negli Stati Uniti: dove la prima cosa da esibire davanti all’ambulanza, anche se si sta morendo, è la carta di credito o l’assicurazione sanitaria.
Anche quello è un modo di interpretare la vita. Altrettanto valido. Chi ha lavorato e prodotto di più, ha un’assistenza migliore. E questo è un incentivo a fare sempre meglio, per avere una qualità della vita (e dell’assistenza), migliori.
Vedete. Non ce n’è uno giusto ed uno sbagliato. Sono due modelli. Validi entrambi: questione di sensibilità, educazione, di come siamo stati cresciuti.
Come quelli, contrapposti, sulle punizioni per chi delinque. C’è il metodo anglosassone: punitivo. C’è quello latino (al quale fa riferimento l’Italia): la pena punta alla redenzione. O il modello Nordeuropeo: che tende alla rieducazione e reinserimento, A Oskar Brevik, dopo avere assassinato decine di boy scout con un fucile d’assalto, il giudice che lo condannava a vent’anni disse: lei, quando uscirà, sarà un uomo diverso: è la sfida che lo Stato assume.
Valori diversi, modelli differenti.
È per questo che c’è chi ama il calcio italiano: dove il Cagliari di Gigi Riva, guidato da un allenatore improbabile come Manlio Scopigno, vince lo scudetto. O il Verona di Osvaldo Bagnoli, con Fontolan, Fanna, Briegel che mette dietro tutta la Serie A. E che dire del sogno incredibile di questi giorni targato Atalanta.
Poi c’è l’ipotesi della Superlega. E’ un diverso modo di vedere il calcio. Se per voi il calcio è quello delle sfide impossibili, della tigna e del sudore, del Leicester di Ranieri che vince lo scudetto, la Superlega non ha senso.