La saggezza popolare difficilmente sbaglia. È il frutto di anni d’episodi individuali, esperienze collettive, successi, amarezze, fregature…
Uno degli insegnamenti più diffusi sostiene che il sazio non può capire chi sta digiuno. Significa che è facile giudicare, commentare, criticare, quando non si sta nella posizione del criticato, non si è nei panni degli altri.
È una reazione umana, codificata anche in Psicologia. Talmente profonda che nei test psicologici mai si domanda direttamente ciò che sai vuole sapere: perché non rispondiamo per ciò che siamo. Ma per ciò che vorremmo essere. E sono due cose diverse.
Il mondo virtuale ha esasperato questa cosa: con i calli sulla parte che sta sempre poggiata sulla poltrona, siamo diventati espertissimi virologi quando c’è stata la pandemia, ingegneri statici quando è cascato il ponte a Genova, astrofisici quando c’è stata la missione su Marte. Titoli che abbiamo aggiunto a quelli che noi italiani acquisiamo già con la nascita: siamo tutti capaci di allenare la Nazionale di calcio e di fare il presidente del Consiglio dei Ministri. O almeno così crediamo.
La saggezza di monsignore e l’apericena
A riportarci con i piedi per terra ci prova in queste ore un prete ciociaro: si chiama Vincenzo Paglia, è di Boville Ernica, è monsignore ed il Papa lo tiene in alta considerazione.
Di fronte alla foto del migrante neonato aggrappato ad un salvagente, salvato per miracolo da un poliziotto che non ha esitato a tuffarsi nelle acque delle coste spagnole, il vescovo ci ha sbattuto in faccia la nostra realtà: quel bimbo era aggrappato al salvagente e noi discutevamo per tornare alla nostra normalità, aggrappati all’apericena.
Ci ha sbattuto in faccia la nostra pochezza: li lasciamo lì a morire perché li condanniamo, colpevoli di povertà. Il Covid avrebbe dovuto insegnarci che ci si salva tutti insieme. Ma tutto è rimasto come prima: loro lottano per la vita, noi lottiamo per le vacanze.
Ha ragione monsignor Paglia. Siamo ignari del Vangelo: i fratelli non si scelgono, si amano.