Zingaretti leader da Cortona: «Niente Alleanze con il 5 Stelle ma un Partito collegiale»

Nicola Zingaretti interviene a Cortona. E parla del suo modello di Partito Democratico. Niente alleanze con il M5S. Ma nemmeno gli stessi errori che oggi vengono rimproverati ai grillini. Quindi un Pd da reinventare: capace di tornare nelle periferie e dialogare con i giovani. La sfida sulla rete.

Il Partito Democratico ha un leader. Che ha una rotta precisa. E una strategia per ricollocare il Centrosinistra nel dibattito politico del Paese. Capace di superare la stagione del renzismo, ricostruendo un dialogo con quelli che sono andati via perché non si sentivano più a casa loro. In grado di realizzare un ponte con quel mondo dei sindaci e dei civici che nei Partiti non sono voluti entrare perché si sentono a disagio. Si chiama Nicola Zingaretti ed ha parlato all’incontro di AreaDem a Cortona (Arezzo): ricordando a tutti che lui quelle cose le ha già fatte ed è solo per quello che è stato l’unico a vincere mentre nel resto d’Italia il Pd leaderista disegnato da Renzi si sgretolava.

 

Niente alleanze con il M5S

Il primo messaggio è a tutti quelli che temono Zingaretti segretario perché sospettano voglia buttarli tra le braccia del Movimento 5 Stelle.

«Dobbiamo recuperare il confronto delle idee, basta con la denigrazione delle persone a prescindere dalle idee. È evidente che non voglio allearmi con i 5 stelle, li ho sconfitti due volte».

Allora con chi vuole parlare l’aspirante segretario nazionale partito dal Lazio? «Voglio parlare con chi ci ha abbandonato, voglio capire perché».

Perché siano andati via lo sa benissimo. È stato uno dei pochi che ha tentato di trattenerli. E che ha continuato a parlare con loro anche dopo che avevano sbattuto la porta. E li ha tenuti all’interno del suo governo regionale. La verità è che non vuole capire: ha già capito e li vuole mettere nel suo progetto. Perché l’avversario non sono loro – come ai tempi di Renzi – ma sono altri.

 

La risposta a Calenda

Ora c’è un altra esigenza. «Dobbiamo combattere, altro che subalternità. E’ subalterno chi nella battaglia interna usa gli stessi strumenti che critichiamo nei Cinque Stelle».

È una risposta all’ex ministro Carlo Calenda. Che nelle ore scorse al Corriere della Sera aveva detto che un Pd alleato del M5S «cesserebbe di essere un Partito progressista e diventerebbe un partito di sconfitti che cercano di abbarbicarsi a una zattera alquanto precaria».

 

Reinventare il Partito

Il Partito Democratico ha esaurito la sua spinta. In parte ha assolto la sua funzione ed in parte ha fallito alcuni obiettivi. Il primo dei quali è il rinnovamento di se stesso. Perché se oggi sta fuori dal dibattito politico è perché la società è cambiata ed il Pd è rimasto chiuso  nel suo fortino a combattere battaglie che fuori importavano a meno di nessuno.

Su chi e cosa vuole puntare allora il Partito Democratico a matrice zingarettiana? I giovani innanzitutto, cioè la forza che è stata a lungo la linfa della sinistra. Ed i giovani stanno sulla rete. Il messaggio lanciato da Cortona non lascia spazio ad interpretazioni.

«Dobbiamo aprire in fretta un grande cantiere per rigenerare e reinventare la forma-partito. Smettiamola con la ridicola contrapposizione tra di noi sul partito del territorio e partito della rete».

Tradizione ed innovazione, insomma. Tornare a riprendersi le periferie delle quali la Sinistra è stata a lungo l’unica interprete. E conquistarsi lo spazio sulle moderne piazze del web.

«Noi – ha spiegato Nicola Zingaretti – dobbiamo essere forti in tutte e due i campi. Tra noi diciamo: ‘torniamo nelle periferie con i circoli’ ma se andiamo nelle periferie ci accorgeremmo che l’80% dei ragazzi forma la propria coscienza, compra, legge e si informa dentro la rete. Il nuovo partito, le nuove forme della democrazia, impongono una riorganizzazione dei corpi sociali».

 

Alle radici del Pd: per sradicare la pigrizia

«Noi – ha proseguito il governatore del Lazio – siamo gli eredi di una delle forme più straordinarie di organizzazione della democrazia nel dopoguerra e dobbiamo ammettere di essere stati pigri, perché abbiamo prima deriso Berlusconi con il Partito di plastica che ha governano 20 anni»

«Ora abbiamo un atteggiamento subalterno a chi brandisce lo strumento della rete in forma antidemocratica. Voglio un partito che, sulla rete, sia il migliore per combattere la sua battaglia».

 

Leaderismo? No, collegialità

Il modello del leader che guida il Pd da solo ha dimostrato di non essere quello che tocca le corde della base. Per questo Nicola Zingaretti sottolinea la differenza tra leaderismo e ledaership.

Ha spiegato che occorre una «nuova idea nel rapporto tra collegialità e leadership. La dimensione collettiva è indispensabile se vogliamo un partito plurale. Abbiamo bisogno di strumenti collegiali e di leader che sappiano capire l’importanza dell’unità della comunità. Leader, che sappiano ascoltare e decidere. Un leader deve decidere, certo, ma anche ascoltare e rispettare».

È esattamente la negazione del renzismo.

 

Allearsi per rinascere

Alle porte ci sono le elezioni europee e prima ancora il voto in centinaia di Comuni, Province e Regioni. Ecco allora il segnale a chi è stato messo in fuga dal leaderismo renziano, a chi ha preferito andare via piuttosto che accettare un Partito in cui non c’è dialogo.

«Abbiamo bisogno come il pane di alleanze nuove, di rifondazione di un nuovo centro sinistra. Non è vero che tutto quello che non è Pd è contro il Pd. Alleanza è una bellissima parola».

Il nome del Partito? Un falso problema. A chi ha levato gli scudi contro l’ipotesi di un rinnovamento nel nome del Partito, Nicola Zingaretti ha risposto «Lungi da me porre il tema del nome del partito. Io all’intervista con ‘Il Fatto Quotidiano’ ho detto: ‘a soggetto politico, corrisponde un nome’ e io mi candido e voglio fare il segretario del Pd. Questa è la mia sfida, il resto sono caricature».

 

 

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