Quando arrivi ti chiedi.. ancora l’Esercito? Possibile? Poi capisci il perché. Perché sono passati due anni, ma l’emergenza è lì, la vedi, è tangibile.
Appena scesa dall’auto una squadra di vigili del fuoco parcheggia affianco, passa la jeep dei carabinieri, ti volti e vedi due auto delle polizia ferme davanti ad un container. È il loro ufficio. Di fronte il municipio: due blocchi comunicanti, un via vai di gente impressionante, cercano l’ufficio tecnico. Ci metti un po’ per ambientarti, per capire come si sta organizzando questa comunità.
Ti volti e vedi il parco, quello che è stato inaugurato qualche mese fa: wow, pensi, sono a buon punto, ce l’hanno fatta, stanno ripartendo. Pochi passi bastano a capire che non è così.
Arrivi davanti al bar “Il rinascimento”, guardi a sinistra e capisci davvero. Capisci quello che hai cercato di comprendere in questi due anni, ogni volta che si parlava di Amatrice: ma a quel livello di distruzione non si è preparati.
Te lo hanno raccontato i colleghi, lo hai visto, lo hai letto, lo hai ascoltato nei racconti dei protagonisti. Ma essere lì, vedere da lontano quella torre transennata e intorno il nulla, cambia tutto.
Sono passati pochi giorni dall’anniversario, ci sono stati gli speciali, i collegamenti, gli approfondimenti. Ancora un volta hai ascoltato quei numeri: 239 vittime, il 95% degli edifici inagibile.
Solo adesso però le leggi davvero quelle cifre. E ti rendi conto di quanto siano drammatiche. Ma nonostante questo, si va avanti: si stanno allestendo gli stand: tra qualche ora, dopo due anni, si ricomincia con la sagra dell’amatriciana.
Pentoloni scaricati, guanciale arrivato, pomodoro e pasta anche. Edizione 2018: l’anno del terremoto si doveva tenere la 50esima, ora non ha più senso continuare a contare. Ma continuare a cucinare sì. Quello si deve fare.
I turisti hanno la macchina fotografica al collo, girano nelle strade, ma c’è un certo riserbo nell’utilizzarla: camminano e si guardano intorno, in silenzio, a pochi passi dalle palazzine popolari crollate. È tutto transennato anche qui, c’è un’inchiesta della magistratura. E ci sono i fiori. Quelli che sono stati messi la sera dell’anniversario.
Più avanti, sulla stessa strada, a poche centinaia di metri di distanza, da una parte la zona rossa, l’alt dell’esercito, le ruspe, i camion che portano via le macerie; dall’altra i nuovi centri commerciali, le casette, il polo del gusto.
È qui che all’ora di pranzo si concentrano i turisti: i ristoranti uno affianco all’altro, ognuno con la propria proposta. In qualche caso il personale fuori dal locale per fermare la gente e proporre il proprio menù.
Proprio come in qualsiasi città turistica. Ma qui, a poche centinaia di metri, ci sono le tute mimetiche e le transenne. Eppure si vive anche di turismo.
Per fortuna si continua a vivere anche di turismo. Perché Amatrice vive, nonostante tutto. E questa è l’unica consolazione quando si va via, attraversando in auto Corso Umberto Primo: a piedi non si può.
Lasciandosi alle spalle quel cantiere, si torna a casa con la consapevolezza che quel popolo ce la farà.
Nonostante tutto ce la farà. Ammirazione.