La settimana di La Russa che doveva essere di Fagnani

Ignazio La Russa (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

La settimana di La Russa è uno scrigno sul quale riflettere. Pieno di lezioni su come si comunica. Lui, perfetto nella risposta sul 'figlio eventualmente gay'. Ma che nessuno ha letto. Poi la necessità di catturare l'attenzione e Google Search che fa il resto. Nessuno ad accorgersi che se c'è un uovo rotto in questa storia...

Qualcuno in settimana ha scoperto che Ignazio La Russa dice cose “fasciste”. E qualcun altro ha addirittura intuito che in un programma televisivo dove il format prevede la cattiveria sindacale dell’intervistatrice e la sincerità bruta di chi risponde La Russa abbia seguito il copione e risposto così come penserebbe nel centro esatto del suo capoccione di fattezza luciferina. Ma pensa un po’ e dove andremo a finire signora mia.

Qualcuno non si è neanche sognato di associare mentalmente (per carità non agite mai prima di pensare settantasette volte sette) alcune interviste simili. Conversazioni puntute in cui c’era stato chi, sull’afflato del “diciamola tutta ché lo share è barzottoaveva confessato di non fare all’amore da tre lustri o aveva preso d’aceto perché di lei si diceva che fosse “una radical chic dei Parioli.

La Russa non è un pronta beva

Ignazio La Russa con Francesca Fagnani durante la trasmissione Belve su Rai2

Dice e che vuoi comparare l’apologia sottocutanea di un orrore come il fascismo con le trombate e le tartine a Collina Fleming? No, qui l’idea molto più serena e terragna: per chetare i master di conta alle pulci, è quella di creare delle categorie concettuali prima di impalcare quelle ideologiche. Quelle cioè che poi vanno a fare pronta beva con un personaggio come Ignazio La Russa, mal digerito Presidente del Senato perché uomo di destra non immune al fascino dei totem domestici. Da quelli e da un certo “fumus” che misconoscere sarebbe cretino.

Ignazio La Russa si è prestato ad un gioco che tanto gioco non è. Perché con la precondizione quasi ridanciana e falsamente light di dover dare risposte senza i filtri della diplomazia lessicale ed argomentativa era inevitabile che uno come lui venisse condotto a giogaia a parare esattamente dove La Russa è debole. Dove? Nel punto esatto in cui in uno stesso corpo fanno crogiolo e massa critica la seconda carica istituzionale di uno Stato repubblicano e il battage personale di un politico nato in una casa fascista, cresciuto nel post fascismo, già missino, poi colonnello finiano ed oggi solido esponente di FdI che il fascismo lo ha abiurato fra consapevolezza schietta e rimpianto maculato.

La risposta sul figlio gay

Ignazio La Russa (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Insomma, la risposta di Ignazio la Russa alla domanda di Francesca Fagnani su come si fosse sentito (non su come avesse reagito, si badi la finezza crotala nell’infilzare la camola all’amo) se avesse avuto un figlio in coming out gay è stata per esteso e non in silloge furbetta. Eccola integrale: “Beh dico la verità, lo accetterei con dispiacere. Devo essere sincero. Ma lo accetterei, credo che una persona come me, eterosessuale, voglia che il figlio ti assomigli. Però se poi non m’assomiglia pazienza, è come se mio figlio fosse milanista”. (Guarda qui).

Insomma, a leggerla per come è stata detta tutta il notoriamente schietto La Russa avrebbe in ubbia il fatto di avere un figlio gay più o meno come un padre granata avrebbe a noia, a somma noia, il ritrovarsi con un figlio Gobbo (leggasi juventino). Ed anche a volersi sforzare di trovarci una polpa sulfurea ed eticamente sconcia pare una cosa che nella scala valoriale delle proclamazioni di astio sta a metà esatta fra chi ama, porello, la carbonara con la pancetta e la barbabietola da zucchero che in seconda media ci salvava dalle interrogazioni a sorpresa.

D’altronde la Russa è uno che con il lessico sa il fatto suo ed ha voluto semplicemente far capire alla Fagnani che di belve in giro ce ne sono di molto più zannute di lei, degli autori e di tutti i pescatori di cavedani social dell’universo.

La necessità di fare notizia

Ignazio La Russa con Francesca Fagnani durante la trasmissione Belve su Rai2

Ma non andava letta così, no. Non lo si poteva fare perché le cose messe giù scabre aizzano. Ed aizzare equivale a far parlare tanto del fatto, anche a costo di piallare lo storico del medesimo forgiandolo in una veste più polemica. E infatti il fragore del boato mediatico che a quelle parole è esploso è stato talmente cupo e roboante che per un attimo, a Pyongyang, qualcuno ha seriamente pensato che forse stavolta Biden si era incazzato davvero.

La fame atavica dei social è andata poi a sazietà piena quando quelle parole si sono infilate in Google Search: “La Russa-figlio-gay-dispiace”. Tutti a chiedersi “dove andremo a finire signora mia”, tutti a grufolare nell’ennesima perla omofobica di uno che una domanda a trabocchetto sull’omofobia l’ha scansata con una cazzimma talmente anguillesca. Che a giocarci la matta di iperbole lo avrebbe applaudito pure Zan.

L’uovo rotto da Francesca

Francesca Fagnani

E nessuno a condannare un fatto o quanto meno a riflettere su di esso: se l’intento era quello di sottolineare che ci sono ancora in giro cretini per cui essere gay è confine bigio e “immorale” fra sussiego muto e sottile discrimine, possibile mai che nessuno abbia notato come quell’intento avrà pure fatto il nido nella riposta dell’intervistato ma con l’uovo che aveva già rotto il guscio nella domanda dell’intervistatrice?

Attenzione: la Fagnani non è omofoba, ma è una persona che sa benissimo che usare l’omofobia come tema in quella prospettiva volpina equivale a mettere l’omofobia nella categoria dei conflitti irrisolti strofinandosi addosso al genio malevolo che irrisolti li vuole tenere. Situazioni sottilmente pruriginose su cui insinuare con il sorriso sghembo equivale un po’ come a rivedere Verdone che provava a rabbonire un ursino Mario Brega padre dell’alias Verdone zen con la parlesia freak.

E fin quando ci saranno persone che l’omofobia la usano per uno scopo pur condannandola non ci si libererà mai di quelli che non la condannano. O che la vedono come uno sgarro fra tifosi. Perché anche usare senza capire è primitivo, e anche fare le domande sbagliate dovrebbe essere almeno equivalente a non dare le risposte giuste.

Così, per equità, che della morale è la mamma con presunzioni di saggezza.

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