Sulla questione dei migranti fermi nel porto di Catania bisogna avere il coraggio di dire che è indecente giocare sulla pelle degli uomini: sia quelli a bordo e sia quelli fuori dalla nave. Perché qui le vittime sono tante e non tutte visibili. Come i carnefici.
Le prime vittime: esseri umani in fuga dalla fame, fatti nascere dal destino in un mondo arido dove hanno poco da sperare. Dove i genitori e la famiglia lavorano tutta la vita per dare la possibilità di provarci almeno ad uno.
Non sono turisti. Ma è gente che prima di vedere il mare deve attraversare un deserto. E chi ci riesce e sopravvive viene segregato, seviziato, stuprato. Non si può giocare sulla loro pelle.
Non può farlo un governo di centrodestra che ora rischia di giocarsi la faccia, subito, a pochi mesi dall’elezione. E non può farlo un’Europa che finge di non vedere, sperando che l’Italia continui a fare da spugna trattenendo i più poveri, mentre ad altre latitudini selezionano e chi non può essere utile viene lasciato oltre i muri delle frontiere. Nemmeno possono farlo associazioni pseudo umanitarie che si infiltrano tra quelle realmente umanitarie, con il solo scopo di aumentare la tensione e creare imbarazzo a prescindere dal colore del Governo in carica.
Non giochiamo sulla loro pelle
La realtà è che stiamo partecipando ad un gioco doppiamente crudele, sul filo del rasoio. Perché se volessimo, potremmo scavare non uno ma centinaia di pozzi; lo sviluppo di oggi non ha bisogno di grandi infrastrutture ma di computer ed internet. Il vero problema è che non vogliamo farli stare a casa loro: altrimenti ci troveremmo in pochi anni a fare i conti con altri capaci di farci la concorrenza.
Tanto per farlo capire ai più stupidi: non sono dei morti di fame che giocano a pallone scalzi: è gente che se gli dai un paio di scarpette e li fai allenare gioca meglio dell’uomo bianco.
Sono esseri umani. Per questo dovremmo finirla di giocare sulla loro pelle: quelli che temono di perdere la faccia del nuovo Governo, quelli che temono di perdere i soldi che paghiamo per detenerli e torturarli in Libia; quelli che temono di avere un’Africa concorrente e da Coppa del Mondo. Non di pallone ma di economia.
Non dimentichiamo mai che tra qualche anno, quelli in fuga dal sole che brucia la terra, saremo noi.