Acque (poco) nere: il Riesame annulla tutti gli arresti

L'inchiesta sul depuratore Cosilam. Roma annulla tutti i provvedimenti emessi da Cassino. Bastava un'interdittiva, gli arresti erano eccessivi. L'indagine sul funzionamento dell'impianto va avanti

Non è un criminale, non è un inquinatore. Se sia stato un amministratore poco accorto lo dirà il seguito delle indagini. Ma non c’era nessun valido motivo per arrestare Riccardo Bianchi, amministratore della AeA cioè la società che gestisce i depuratori industriali in provincia di Frosinone. Lo ha stabilito il Tribunale del Riesame di Roma: ha disposto l’immediata liberazione del presidente Bianchi, annullando il provvedimento che era stato emesso nei giorni scorsi dalla magistratura di Cassino.

Non era lui l’inquinatore

Riccardo Bianchi era stato messo agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento nell’area industriale di Cassino. La Procura della Repubblica gli ha contestato nella sostanza che il depuratore Cosilam non funzioni bene. E per questo inquini alcune aree della periferia, con le acque in arrivo dalle fabbriche dell’area industriale cassinate lavorate male. Con lui erano stati arrestati o raggiunti da provvedimenti interdittivi anche i componenti della struttura tecnica. Tutti con il sospetto di non avere vigilato

Sandro Salera

Gli avvocati Sandro Salera e Domenico Marzi hanno fornito ai magistrati del Riesame una serie di elementi sui quali riflettere.

Il primo. Per ben 43 volte il presidente Riccardo Bianchi ha presentato denuncia ai carabinieri segnalando ogni volta gli sversamenti fuori legge fatti fatti nel depuratore AeA.

Il secondo. La società non ha poteri di polizia, non può svolgere indagini, se anche le facesse non avrebbero alcun valore, sarebbero nulle. Toccava ad altri indagare su quegli sversamenti, segnalati da Bianchi in maniera ogni volta tempestiva, senza ritardi e circostanziata.

Il problema non è il depuratore

Terzo elemento. Il depuratore Cosilam funziona bene. E continua a funzionare anche quando una quantità eccessiva di scarichi lo sovraccarica. Non funziona e provoca inquinamento quando la quantità eccessiva è davvero esagerata. Cosa che puntualmente avveniva. In pratica: c’è una fabbrica che scarica più di quanto dovrebbe: molto molto di più.

Quarto elemento. La documentazione fornita da AeA dice che almeno una fabbrica non effettuava la pre depurazione. Invece è obbligatoria prima di scaricare le acque di lavorazione nel depuratore Cosilam.

Quinto elemento. Bianchi ha segnalato la questione anche alla Regione Lazio. Che è intervenuta, minacciando di sospendre le autorizzazioni ambientali alla fabbrica e disponendo una serie di controlli.

Inoltre, la società ha messo in campo modernissimi apparati che consentono di individuare in tempo reale gli inquinatori. Cosa resa pubblica lo scorso luglio durante una conferenza stampa. (Leggi qui Caccia ai pirati dell’ambiente: AeA e la rivoluzione green).

Per il Riesame, misura sproporzionata

Il ricorso al Riesame partiva dal presupposto che gli arresti fossero una misura sproporzionata. E che fosse sufficiente una banale intedittiva. Cioè: non puoi continuare a svolgere le tue funzioni fino a nuovo ordine.

Il Tribunale del Riesame ha accolto quel principio. Ha annullato l’arresto del presidente Riccardo Bianchi ed anche tutti gli altri provvedimenti adottati dalla magistratura di Cassino nell’ambito dell’operazione ‘Acqua Nera’. Pertanto, immediata liberazione anche per altri due tecnici della AeA; revoca degli obblighi di dimora e firma per gli altri. Paradossale la posizione di uno degli indagati sottoposto ad obbligo di firma: ha fatto notare al Riesame che non lavorava ormai da due anni per AeA e quindi non poteva sapere nulla delle accuse che gli venivano mosse.

Il commento degli avvocati Sandro Salera e Domenico Marzi è carico di amarezza. “Roma ci riconosce niente di più di quanto avevamo chiesto a Cassino. Ma a Cassino ci è stato rifiutato. Noi per primi avevamo sostenuto che era sufficiente una misura interdittiva. Ma ci è stato risposto che eravamo di fronte ad un personaggio spregiudicato e di elevata scaltrezza delinquenziale. Il provvedimento odierno dimostra che c’era anche un’altra chiave di lettura dei fatti”.

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