L’Ulivo voterebbe No e Zingaretti non può ignorarlo

Romano Prodi. Foto © Marco Cremonesi, Imagoeconomica

Il Sì al referendum c’entra nulla con la natura politica del Pd. Il segretario continua a far prevalere il senso di responsabilità mentre i Cinque Stelle vanno per conto loro e rischiano di consegnare Marche e Puglia alla Destra. A questo punto tanto varrebbe fare una campagna elettorale finalizzata a ritrovare l’identità della sinistra.

Per Nicola Zingaretti è arrivato il momento di una seria riflessione politica. Il prossimo 7 settembre la Direzione Nazionale del Pd deciderà quali indicazioni dare sul referendum che propone di tagliare 345 seggi parlamentari. L’orientamento del segretario è per il Sì.

Un Si non per convinzione, bensì per rispettare i patti di Governo con i Cinque Stelle, in attesa che i Cinque Stelle qualche patto lo rispettino loro. Sulle alleanze per esempio. O sulla legge elettorale.

Nicola Zingaretti. Foto © Livio Anticoli / Imagoeconomica

In realtà il Sì è una scelta che va contro la natura di quello che è stato L’Ulivo, il Sancta Sanctorum del centrosinistra italiana degli ultimi decenni. Infatti Romano Prodi voterà No. Come Rosy Bindi. E Romano Prodi non si sarebbe mai fatto trascinare in una deriva populista  che è propria dei Cinque Stelle.

Nicola Zingaretti non voleva questo Governo, non voleva l’alleanza con i pentastellati. E’ stato spinto da Matteo Renzi che, dopo aver incassato il risultato, ha consumato lo strappo fondando Italia Viva.

Il Segretario ha costantemente fatto prevalere il senso di responsabilità, pagando un prezzo alto in termini di consensi per il Pd. Con il progetto di Piazza Grande il Pd, all’opposizione, oggi sarebbe intorno al 30%. Invece oscilla intorno al 20%. I Cinque Stelle non hanno rispettato alcun impegno di maggioranza e adesso, con le loro candidature alla presidenza, faranno perdere al Pd le Marche e la Puglia, consegnando altre due Regioni al centrodestra. E la conferma di Virginia Raggi a Roma ha obiettivamente messo in difficoltà il Pd di Zingaretti.

Nicola Zingaretti con Stefano Bonaccini

Inoltre il Segretario è assediato all’interno del Partito. Il Governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, in contatto con il leader di Italia Viva Matteo Renzi, pensa alla Segreteria del partito. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, è il centravanti di sfondamento di Base Riformista, gli ex renziani che sono rimasti nel Partito. L’ala di Matteo Orfini è ormai ostile.

Allora tanto varrebbe decidere di fare una battaglia politica sull’identità di una forza che ha le sua radici nell’Ulivo. E L’Ulivo è contrario al taglio dei parlamentari.

Si tratta di una riforma a colpi d’accetta, che serve solo a dare ossigeno ai Cinque Stelle. Il Pd non c’entra niente con tutto questo. E il Sì è contro la sua natura politica. (Leggi qui Il coraggio di dire No a questo referendum).

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