Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici
“C’è un uomo in mezzo al mare. Andiamolo a salvare.”
Anzi no. Aspettate. Ci sono qualche decina di uomini, tre donne, un bambino di un anno e alcuni minori non accompagnati. Sono 49.
Che un uomo in mare va salvato ma un numero “tale” da riempire un autobus di linea o da occupare a malapena tutti i posti a sedere di uno dei tanti tram che la sera vi accompagnano nelle vostre case, no. E allora bisogna trattare. Sono troppi. Che se oggi sono 49, domani saranno 100. Bisogna che gli stati europei contrattino una quota. Stabiliscano un tetto come si fa con il latte e le patate o col prezzo del petrolio.
Non sia mai che a qualcuno venga in mente di trattarli come esseri umani.
Chiudiamo i porti. Le frontiere. Chiudiamo il mare.
Chiudiamoci nelle nostre belle case addobbate a festa, con tutte quelle lucine, il Natale e Gesù nel presepe. “Luce dona alle menti pace infondi nei cuor”. È stata bella la recita di quest’anno. Brave le maestre, bravi i bambini, bravi tutti.
Ma già che ci siamo chiudiamo anche gli occhi e le orecchie.
Che quel rumore delle onde alte tre metri rimanga distante. Perché tutto quel buio fa troppa paura. Che c’è una notte senza stelle nel mar Mediterraneo; una notte lunga 14 giorni. Che a pensare al mare d’inverno, al mal di mare, a quel freddo che taglia la carne, scende un gelo nelle ossa che sa tanto di morte. E invece il mare è bello d’estate, che al massimo si affitta un pattino tutti insieme e si pedala tenendo d’occhio la riva.
Che ad immedesimarsi in un uomo da due settimane sotto coperta, nella Sea Watch, tra conati di vomito e brividi di freddo e senza uno porto disposto ad accoglierlo viene da chiedersi cosa sia la civiltà o quanto possa essere grande il senso di abbandono e di solitudine provati. Troppe domande. Troppa coscienza.
Chiudiamo anche quella. Che tanto prima o poi qualcuno li salverà. Non li faranno morire di fame e di sete. Non possiamo ospitarli tutti in Italia. È inutile starci a pensare. E poi sono solo 49.
Numeri. Esseri senza un’identità. Che non vi sia immedesimazione. Per carità lasciateci in pace con le tragedie, almeno a Natale che ci sia pace, amore e serenità tutt’intorno.
Noi che viviamo sicuri nelle nostre tiepide case. Noi che troviamo tornando a sera il cibo caldo e visi amici. Meditiamo che questo non è stato. Questo è.
Sta accadendo ora. Sotto i nostri occhi. E noi ci impietosiamo più. Siamo talmente stanchi di assistere ad una sofferenza che non ci riguarda e della quale non ci riteniamo – immotivatamente – responsabili che ci appare come una seccatura.
Un abisso di coscienze totalmente indifferenti e assuefatte al dolore altrui. Individui senza memoria che un giorno la storia non assolverà.
Questo è. Sta accadendo ora. Proprio sotto i nostri occhi.
E forse un giorno qualcuno ci chiederà e si domanderà come abbiamo fatto a rimanere a guardare.