Il test-Toti per vedere se siamo garantisti solo quando ci conviene

Giovanni Toti (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

La differenza tra garantismo opportunista e di bottega e garantismo in purezza. Con il caso Quadrini che dovrebbe ricordarcela

Quello del caso Giovanni Toti è un esame, un test che, a tutti gli effetti, misurerà in maniera inflessibile la capacità degli italiani di verificare un dato chiave. Se cioè il garantismo che tutti strombazzano sia roba esantematica e legata alle circostanze di bottega oppure cardine etico di una classe politica matura. E che ha sempre saputo o che finalmente ha capito che non lo si può usare a corrente alternata.

Le agenzie di tre giorni fa hanno terremotato scalette e bozze di ogni media italiano. Il governatore della Liguria è stato arrestato con esito di misura cautelare per un’inchiesta seria, ma pur sempre inchiesta agli esordi fascicolari.

La Direzione distrettuale antimafia di Genova che ha attivato come Pg la Guardia di Finanza ritiene che si debba verificare una presunto bouquet di profili penali in capo al fondatore di Cambiamo. Si procede per corruzione ambientale, corruzione per atti contrari a dovere d’ufficio e promesse elettorali. Toti è coindagato assieme a Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato di Iren ed ex presidente dell’Autorità Portuale. Costui si è avvalso della facoltà di non rispondere, troppo voluminosi gli atti a suo carico per imbastirci subito logorrea procedurale.

Cosa contesta la Dda al governatore ligure

Giovanni Toti (Foto: Paolo Cerroni / Imagoeconomica)

Il governatore ligure, che ha avuto interrogatorio di garanzia ma non ha risposto al Gip, è ai domiciliari assieme all’ex patron del Genoa Aldo Spinelli, pure coinvolto, mentre Signorini è in carcere. Ci sono altri filoni, altri indagati ed una nota degli inquirenti ha illustrato una complessa trama di reati presunti rubricati in atti.

Si tratta di roba che avrebbe anche il battage pruriginoso di “ricompense di talamo”. Ci sono ben 654 pagine di ordinanza di custodia cautelare e dentro quelle pagine c’è anche la mafia. Il governatore non figura in questo filone ma è sospettato gravemente “di aver svenduto la propria funzione e i propri poteri”. È roba forte, ma il punto è un altro. Il punto non è mai la Legge, il punto è come la légge la politica, la Legge.

E soprattutto come la politica tende ad utilizzare le vicende giudiziarie per declamare due claim stantii. Ovviamente tutto dipende dalle posizioni di chi finisce in fascicolo, e di solito a quel punto si scatena la parte avversa per additare una singola vicenda come prova provata della inaffidabilità degli avversari.

Due modi di cavalcare la Legge

Innanzitutto dalle ipotesi di reato si passa alla suggestiva immagine del “sistema”. Di un paradigma cioè che nel lessico sornione di bottega sembra suggerire un modo di fare comune con ambito di tessera il più largo possibile.

Il primo claim è quello del garantismo invocato dai sodali di chi è nei guai, il secondo è quello del colpevolismo sottile di chi in quei guai ci vede un’opportunità irrinunciabile.

È una faccenda molto immatura che ammala l’Italia da sempre, e che ha in Tangentopoli in suo archetipo: giustizialista-manettaro per alcuni, garantista e tirato come una cotica ipocrita e testarda per altri. Il problema però non sta tanto nella polarizzazione in sé, quanto piuttosto nella intercambiabilità delle posizioni.

Questo perché in Italia la Legge persegue (per fortuna) tutti, e quindi tutti – tra i moltissimi che se la giocano in “tifoseria” – sono costretti ad una specie di balletto continuo, a seconda se nei guaii ci sia uno dei loro o uno “di quelli là”.

Zingaretti e l’opinione sui processi

Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti, candidato a Bruxelles del Pd per l’Italia Centrale ed ospite a L’Aria che tira da Parenzo, è stato soft e saggio: “Ci si difende nei processi, non dai processi, poi quella di valutare le dimissioni è un’opportunità personale che riguarda il buon funzionamento dell’ente.

Il caso Toti sembra arrivare come la prova di Dio con Abramo, perché solo un mese fa era scoppiato il caso Bari. Lì i guai giudiziari avevano foraggiato la bellicosità di una certa destra, a sua volta attaccata sui casi Montaruli, Santanché, Sgarbi e Delmastro.

Tutto questo mentre sinistra e M5s si aggrappavano al garantismo non come ad un valore, ma ad un salvagente.

Quando Quadrini finì nel calderone: per nulla

In provincia di Frosinone poi siamo dei veri specialisti nel lancio della roba calda e marrò con leva politica. Un caso su tutti: due anni fa Gianluca Quadrini dovette rinunciare alla guida della Comunità Montana perché “accusato d’avere forzato la mano ai suoi dirigenti”. Cioè? Secondo la Procura li avrebbe “costretti a fare in modo che alcune gare venissero affidate a ditte sue amiche”. Scoppiò la solita Casamicciola caotica e raffazzonata, il merito degli atti arretrò e partirono o gogne talebane oppure difese-pannicello. Nulla a che vedere con la Procedura, molto a che vedere con l’opportunismo di casella.

Alla fine, Quadrini, allora della Lega, venne assolto con formula piena, ma la Comunità montana perse una guida talmente scattista e nevrile che dopo di lui ci fu un interludio quasi ipnotico. Alessioporcu la mise bene, quella vicenda, e parlò di “Calvario. Sfruttato da chi aveva tutto l’interesse di fare le scarpe al presidente. La Comunità Montana veniva considerata il suo fortino politico, dal quale era riuscito a centrare l’elezione in Provincia. Il primo degli eletti nella fascia dei piccoli Comuni”. Oggi Quadrini presiede il Consiglio della Provincia e traina come un matto i candidati azzurri per Bruxelles, ma quella sliding-door se la porta dentro.

Ora, consideriamo il caso Toti ed il fatto empirico che fra un mese si andrà a votare per le Europee più cruciali di sempre in un’Italia polarizzata come mai prima. Capito il senso e perché quello del caso Toti è un test? Lui verrà eventualmente assolto o condannato tra anni e prosciolto, sempre eventualmente, fra mesi. Ma per Bruxelles si voterà tra un mese.

Non cominciamo col ritornello

Il Guardasigilli Carlo Nordio

Perciò non cominciamo il solito ritornello a parti invertite su quegli arresti sennò vuol dire che quelli su Bari erano solo gargarismi di chi sta sotto botta.

Ce la facciamo, questa volta, a tenere una rotta garantista vera indipendentemente da quando essa conduca al nervo scoperto del nostro ambito politico?

E sì, questo è un esame. Per la sinistra che un po’ sbava nel volersi rifare, per la destra che magari ringhia nel volersi arroccare. E per il governo, che ha un Guardasigilli, la sola persona a cui è precluso istituzionalmente il diritto alla loquacità analitica, che si è fatto “opinionista” sulle misure applicate.

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