Inps di agosto, povero mio non ti conosco, più o meno

Da domani 169mila famiglie con "occupabili" perderanno il sussidio ma la politica non rinuncia ai suoi totem ideologici

Ci sono diversi modi per intendere la politica e le funzioni di governo ad essa connaturate. C’è quella tecnica che potremmo definire la maniera regina: vale a dire la percezione che al Governo ci siano ad esempio persone in gamba. Gente cioè in grado di calcolare ogni contraccolpo delle azioni legiferative che è chiamata ad esercitare; pesando al grammo quanto incidano sul sistema della società. Questo modo ha basi solidissime ma anche un limite.

Il limite è quello per cui ogni cittadino che volesse farne suoi i meccanismi dovrebbe avere la visione ampia di chi assiste ai cambiamenti e la conoscenza tecnica di chi ne sa centellinare la natura. Non è così, perché il cittadino medio il più della volte non è spettatore dei cambiamenti, ma ne è target, vittima o beneficiario. Poi perché lo stesso non ha le conoscenze tecniche per intuire le sfumature di un legiferato. E tra l’altro, ha anche il diritto di non conoscerle.

Dovremo scadere un po’ nella demagogia per capirla meglio, ma quel tanto che basta.

Un sms per dire che ci si dovrà arrangiare

La sede centrale dell’Inps Foto © Daniele Scudieri / Imagoeconomica

Ecco, l’Inps ha deciso di annunciare a 169mila famiglie italiane con un laconico sms che l’erogazione del Reddito di Cittadinanza sarebbe cessata ad agosto. E quando lo ha fatto non ha solo dato esito ad un legiferato. No, in quel preciso momento collettivo di ricezione di una manciata di pixel l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale italiana ha schiuso un baratro sociale.

E lo ha fatto con la freddezza poliziotta di un ente che alla fine non ha “giocato sporco” sul timing imposto dal legiferato del governo Meloni. Ma semplicemente lo ha fatto sul diritto di molti italiani di non conoscere certe distanze. Quali? Quelle tra un pur discutibile legiferato e l’effettiva applicazione dello stesso. Proviamo a capire meglio. Quando ad una persona le annunci che la musica è cambiata. Poi che le verrà tolto il pane solo perché la tua idea di pane è figlia della produzione, stai facendo informazione.

Tuttavia non sai quanto quella “pallottola” impatterà effettivamente sul petto della parte di società che hai preso di mira. Quando poi passi dalla parole ai fatti e lo fai in un periodo in cui il mainsitream ti consegna le vite beate e gli ozi balneari di chi non è povero come te allora le cose cambiano.

L’impatto della “pallottola” sul petto dei poveri

Ecco, questo è il secondo modo possibile di intendere la politica e le funzioni di governo ad essa connaturate. Quello cioè in cui arriva la netta percezione che ci siano governi semplicemente amici dei privilegi e dei privilegiati e “nemici” di chi privilegi non ne ha affatto. E che della vita conosce solo il sale, non la salsedine.

Certo, questa visione è figlia di ragionamenti polarizzati e basici. Tuttavia è esattamente il nocciolo della democrazia che impone di tener conto prioritariamente di quella fetta di ragionamenti. Perché la democrazia, da tutti invocata ed usata per i più arditi gargarismi, è quella cosa per cui l’opinione della massa vince sempre sul parere delle nicchie. E fa dunque condotta sociale.

Ed oggi la massa non vede le capriole dell’esecutivo per cancellare un bieco privilegio che sottrae forza lavoro all’Italia ed incentiva il panciafichismo. No, essa vede solo che da un lato i vitalizi ai parlamentari sono tornati in arcione ad una politica buffona sui suoi privilegi. E che dall’altro il Reddito di Cittadinanza che ha iniziato la sua lunga ma ineluttabile morte.

Senza alcuna pruderie di benaltrismo giova ricordare una cosa: il vitalizio parlamentare sopravvive al fruitore originario e si trasmette agli eredi. Insomma, parliamo di una manica di soldi che tra mogli-mariti, figliolanza e perfino fratelli-sorelle copre quanto meno due generazioni. Bene, sull’altro fronte della vita, quello dove vivere è bello circa 20 giorni l’anno, accade un paradosso che, comunque la si pensi, sa di “presa per il culo”. Con l’Inps che ha comunicato ai cittadini la fine del sussidio del Rdc.

Tutti nel calderone della Calderone

Marina Elvira Calderone (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Il governo guidato da Giorgia Meloni aveva deciso la ridefinizione degli strumenti di contrasto alla povertà e la riforma della ministra Calderone ne era stata strumento attuativo. Con lo stop nel 2023 al sussidio dopo 7 mensilità e per quei nuclei familiari in cui non vi sia la presenza di disabili, minori oppure over 60. Cioè dove ci sono i cosiddetti “occupabili”.

Ovvio che nel momento in cui lo stesso Governo decide di rimettere in gioco somme che non vengono erogate dall’Inps ma che fanno comunque massa critica nel bilancio dello Stato un po’ di malumore random ci sia.

E qui si arriva alla polpa del problema, quella delle tensioni sociali a traino. Ovvio che ci siano state ed ovvio che ci saranno ancora. Così come è ovvio che esse si paleseranno proprio nelle regioni in cui sono censiti più “orfani” del Reddito di Cittadinanza.

Le reazioni, lo sdegno e i totem dialettici

Perciò paventarne l’epifania, da qualunque parte si affronti la questione, è o ipocrita o inutile. Sandro Ruotolo del Pd ha detto la sua: “Io so che questa guerra della destra contro i poveri getterà nella disperazione migliaia di famiglie soprattutto al Sud. Famiglie che si ritrovano da un giorno all’altro senza il reddito di cittadinanza, un sostegno concreto contro la povertà. Io so che se non potrò avere casa, cibo e lavoro legalmente proverò ad ottenerli illegalmente.

Mariolina Castellone, vice presidente del Senato nel M5s, è ovviamente più punta ancora sul vivo. Il partito guidato da Giuseppe Conte ne esce sconfitto due volte, da questa scelta: politicamente e socialmente. “Giorgia Meloni ha paura. Il Governo e la maggioranza hanno paura. Per questo motivo hanno varcato un limite pericolosissimo, evocando un uso intimidatorio delle istituzioni. Non giriamoci intorno: stanno avvelenando e destabilizzando il dibattito politico, anche contro i moniti del Presidente della Repubblica“.

La polpetta avvelenata a Tridico

E l’ex presidente Inps Pasquale Tridico è sereno. E’ stato chiamato in causa da FdI per una presunta gestione impropria dei fondi per il Rdc. Per di più con tanto di istanza per una commissione di inchiesta. “Non ho niente da temere. C’è stata una narrazione volutamente fuorviante. Sotto la mia gestione ho creato una direzione antifrode che non è mai esistita prima”. Tutti pareri autorevoli, tutti totem di una dialettica agostana che non ci mancava.

Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico © Imagoeconomica / Paolo Cerroni

E che non mancherà a chi da domani avrà un mese. Un solo mese per passare allo “strumento di attivazione” da 350 euro ma dovrà partecipare a “programmi di formazione e progetti utili alla collettività”. Solo allora potrà avere una somma inferiore ma nobilitata dalla sua funzione di incentivo al ritorno nel sistema.

Un tozzo di pane più piccolo per vivere dignitosamente, ma più schietto per la dignità del vivere enunciata in lessico. Perché, a pensarci bene, cosa vuoi che sia la fame tua e dei tuoi figli al confronto del ritorno in società?

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