Il peccato originale di Giuseppe Conte: la coerenza a tutti i costi

C'è stato un grave errore di valutazione nel decidere di disertare il funerale di Silvio Berlusconi. Che non ha tenuto conto del bacino elettorale con tante similitudini. E del fatto che in Italia ai morti si porta comunque rispetto.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Secondo analisi ricorrenti le peggiori serie tv italiane di qualche anno fa sono cementate tra loro dal fatto che sono state povere di sceneggiatura, approssimative e piene di lunghissimi “spiegoni”. Però paradossalmente sono quelle che hanno fatto lo share più alto. Che significa? Che non sempre la profondità e l’accuratezza pagano. Specie quando il tuo target è il grande pubblico che non ha la biografia di Ingmar Bergman suo comodino, ma lo smartphone lasciato acceso sui dolori di Giorgia Soleri per il tradimento di Damiano David.

Cos’è lo “spiegone”? E’ il momento rivelatorio dei grandi snodi della trama, quello in cui si capiscono perché e percome. E se lo usi con moderazione è figo. Ma se ne abusi finisce che tutto diventa una polpettone eziologico.

Conte e le sue trame

Ecco, Giuseppe Conte con la trame delle serie tv anni ‘90 ci sarebbe andato a nozze. E probabilmente la Mediaset fondata da Silvio Berlusconi lo avrebbe scritturato per una cosa mielosa con Gabriel Garko e Manuela Arcuri. In piena fregola da coerenza ad ogni costo il leader del Movimento Cinquestelle ha spiegato anche ai piccioni in torretta che lui al funerale di Silvio Berlusconi non ci è andato per una questione di coerenza. Una coerenza ortodossa e senza compromessi. Che potrà anche apparire eroica e politicamente sana, ma che ha due difetti.

Il primo è che sul pezzo della morte del Cav la scelta di Conte ci sta malissimo e per ovvi motivi che rimandano all’ecumenicità dei protocolli del cordoglio. Roba basica, semplice e che non ha bisogno di analisi dotte. Il secondo è che la morte del leader di Forza Italia è solo la punta dell’iceberg. E il fenomeno dell’isolazionismo etico dei Cinquestelle di Conte prima o poi farà danni anche a loro stessi. Ed in punto di politica, non di etica, il che fa molto più male. A La Presse Conte aveva detto: “Oggi è il giorno del silenzio. Ciò che dovevo fare l’ho fatto. Non ho altro da dire domani in un post spiegherò le mie ragioni“.

Questo il 13 giugno. Fino al 15 giugno sul suo account Facebook non c’è ancora nulla ma di certo. Qualcosa apparirà nella ore successive: come sempre la toppa è peggiore del buco. Perché Conte nella sostanza sostiene che non è andato al funerale per rispetto del dolore dei familiari di Berlusconi: “ Il rispetto per la morte e per il dolore che provano familiari e persone che hanno amato Silvio Berlusconi sono sacri”.

Se non andare ad un funerale è una forma di rispetto, andarci allora è una forma di scostumatezza. Strano concetto dei funerali: soli, davanti alla bara del proprio caro, nessuno che dia un abbraccio o una carezza oppure un solo sguardo per consolare. Andare ai funerali è da scostumati.

Il dato è un altro

Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica

E comunque il problema non è questo, non è lo spiegone. Il dato è un altro: quando un leader politico non disdegna di scendere in masseria da Bruno Vespa a bocciare il campo largo con il Pd e poi non va ad un funerale di Stato che 24 ore dopo gli si è parato davanti come dovere protocollare e di garbo empatico non sta declinando una contraddizione in termini ed azioni, ma sta seguendo una linea precisa. È quella della torre d’avorio dall’alto della quale il Movimento Cinquestelle a guida Conte vuole essere ad ogni costo “mondo” da contaminazioni, politiche, etiche e comportamentali.

E vuole farlo per tenere inalterato il grip su un elettorato sui cui umori fanno leva soprattutto disagio sociale ed orfanaggio del Reddito di Cittadinanza: faccende che Conte un po’ avversa e un po’ benedice in cuor suo, visto che gli mettono le mani in un serbatoio grosso per le Europee 2024.

Nell’inseguire questa utopia di coerenza però Conte sta gettando i presupposti per perdere esattamente ciò che sta tenacemente cercando di conservare: non solo la leadership del MoVimento ma quella più ampia dell’opposizione “dura e pura”, quella che non vuole le armi a Kiev, che vuole intercettare il malumore del post proletariato e che di questi temi vuole il monopolio assoluto.

Perché? Perché in Italia ogni fenomeno è transitorio e tende a perdere la sua polarizzazione originaria. E la base di cui Conte vuole essere uomo-bouquet ha radici in quello stesso populismo da cui attinge Giorgia Meloni, che però governa, legifera ed ha perciò un’armeria sette volte più grossa. Poi perché sulle armi a Kiev Conte rischia di perdere il premierato etico, visto che il tema ormai è un bastione eroso anche da altri movimenti di pensiero. Tutto questo senza contare un distinguo non da poco: aver disertato il funerale di Silvio Berlusconi non è stato solo uno sgarbo istituzionale, ma un mezzo autogol in purezza di politica.

Il grande potenziale di Berlusconi

Il funerale di Silvio Berlusconi (Foto via Imagoeconomica)

Forza Italia è a tutt’oggi il solo Partito del destra-centro che ancora può definirsi moderato in pedigree. Una formazione che sull’atlantismo spinto ed ortodosso ha sollevato remore. Ed è il Partito il cui leader non aveva risparmiato strali pubblici alla linea mastina contro Vladimir Putin. Senza contare poi che il leader che non ha ricevuto il saluto in Duomo di Conte non ha mai fatto mistero della sua amicizia con l’autarca russo e soprattutto della sua condanna alla Nato “sfacciata” di Jens Stoltenberg.

Ma c’è di più ed è condensato in una serie di pillole non recentissime, ma neanche troppo arcaiche. Eccone un paio: “I soldi finiti ai furbi sono poca cosa rispetto alle situazioni di povertà che ha finalmente contrastato“. E ancora: “Vogliamo aumentare il reddito di cittadinanza per i più poveri“. Chi le diceva quelle cose là? Esatto, Silvio Berlusconi, che – satrapone come sempre – le avrà pure usate come esca furba prima del voto del 25 settembre 2022. Ma che non aveva mai fatto mistero di una “tensione” interna nell’affrontare il delicato tema. Una pulsione magari sufficiente a far capire a Giuseppe Conte che andare al funerale del Cav non solo sarebbe stato un atto dovuto per forma assoluta, ma anche doveroso per trama politica. Ma lui no, Giuseppe Conte non ha letto Giovannino Guareschi.

Il funerale della maestra

Non può sapere perciò come andò quando il sindaco Giuseppe Peppone Bottazzi fu chiamato a scegliere se al funerale della vecchia maestra si potesse esporre o meno la bandiera del Re. Lui che era comunista. Ma a chiederlo in punto di morte al sindaco Peppone fu proprio la sua maestra: chiedeva di essere sepolta con la sua bandiera. 

L’omone non riesce a dire no alla minuta maestra che venerava per via del fatto che gli aveva donato il saper leggere, scrivere e fare di conto. Ma la bandiera della maestra era quella del Re. Peppone sottopone la richiesta al consiglio comunale, tutti votano contro: mai la bandiera della reazione.

Peppone tira le somme: la democrazia ha deciso mai quella bandiera per le nostre strade. Poi si ferma, si gonfia e dice solenne: ma qui comandano i comunisti e i comunisti dicono che ciascuno deve portare la sua bandiera.

Perché con i morti si fa così, anche quando magari il rispetto non è cardine assoluto: si mettono a cuccia le idee degli uomini e si scioglie l’umanità. Giusto il tempo di far capire che abita ancora nel mondo e che il fatto che ci abiti è una maledetta fortuna.