Ricordando Mimma – La fatica del tumore (di M. Panaccione)

La scoperta del tumore, la vita che cambia, anche nelle piccole cose. Che però devono andare avanti. Anche se ora tutto è come in una discesa di rafting

L’altro giorno ha smesso di scrivere Mimma Panaccione. Ha lasciato, a chi è rimasto, tantissime pagine. Affilate e taglienti, come se non fosse impegnata in ogni minuto della sua esistenza a confrontarsi con un tumore. Attuali e fresche, come se le avesse appena scritte. Sono le pagine che ci rendono viva Mimma. Per questo, per farla conoscere a chi non ha avuto la straordinaria fortuna di incontrarla, abbiamo deciso di riproporvele a puntate.

 

di Mimma PANACCIONE

Ed eccomi anch’io su questo blog. Mi chiamo Mimma, ho 38 anni e mi porto dietro questo compagno di viaggio scomodo da tre, con le sue sorelline al polmone. Premessa: sono molto contenta di questa occasione, sopratutto perché penso che vi sia una grande emergenza di informazione sul cancro. È un argomento scomodo, di quelli che eviti se non sei malato (portasse sfiga!), e a volte anche se lo sei.

Invece no, sarebbe meglio che la gente si facesse un’idea di cos’è quello che io chiamo il “pacchetto cancro” in ogni caso. Perché, semmai dovessi trovarti di fronte a una diagnosi di tumore, bisogna sapere che la prima cosa che perdi è la lucidità. E mentre sei lì in stato comatoso, senza ricordarti neanche come ti chiami, devi prendere le decisioni più importanti della tua vita.

Non è che hai il tempo di dire: “Aspetta. Ora capisco; verifico i centri oncologici migliori; scelgo dove andare a curarmi; faccio un paio di figli e poi negli anni mi preparo psicologicamente”. No: la bomba è appena scoppiata nella tua testa, nel tuo cuore e nelle tue mani e devi decidere in fretta cose di cui non sai assolutamente niente. Così ti ritrovi a 35 anni in menopausa chimica (che è molto più feroce di quella naturale) con la consapevolezza che non sarai mai chiamata “mamma”. Nel mio caso una tragedia: se qualche anno fa mi avessero detto che avrei camminato a testa in giù per il resto della mia vita ci avrei creduto di più che se mi avessero detto che non avrei avuto figli. Ma ora è così.

Il cancro poi non si presenta mai da solo, ma full optional. Cosa vuol dire? Questo. Punto uno: il padrone del mio corpo è lui, il bastardo, e decide tutto. Decide persino come devo dormire e che scarpe posso indossare. “Scarpe” lo scrivo tra virgolette perché ormai vado in giro con delle ciabattone tipo hug (per i fashion victim così trendy, per me tipa da tacco… orribili ciabattone!). Infatti la chemio mi ha fatto venire un’infezione delle cuticole dolorosissima che in alcuni momenti mi ha impedito anche di camminare. Comunque, bellezza e femminilità non abitano più qui da tanto tempo. Figuratevi che posso depilare l’ascella operata solo col rasoio elettrico… anche in quello mi deve mortificare!

Punto due: vogliamo poi parlare della menopausa chimica a 35 anni? Vampate, almeno nel mio caso, come fiamme che arrivano dritte dall’inferno e ti consumano in un attimo. E poi l’inaspettata scoperta della secchezza vaginale. Sintomo e disagio decisamente sottostimato, soprattutto dai medici: non c’è cremina o gel che diano reale sollievo (magari di questo vi parlo meglio un’altra volta, ché l’argomento purtroppo merita il suo spazio. Visto che in pratica torni una bambina, priva di impulsi sessuali, anche se hai pur sempre la responsabilità di un rapporto di coppia). E i chili in più grazie alla ritenzione idrica? Che ti restano sul groppone anche dopo? Decisamente è meglio che ne riparliamo…

Un attimo di respiro però: non per tutte le donne è così. Diciamo che io sono la tester perfetta per molte delle possibili complicazioni: la campionessa della lotteria della sfiga per intenderci. Anche per la recidiva sono un caso esemplare: il bastardo è tornato nel seno finto dopo la mastectomia… Sì quello privo di tessuto mammario! (Già, rientro in quel 5% delle probabilità di cui parlano i medici intervistati sulla scelta di Angelina Jolie). Altra lotteria vinta no? Anche con gli effetti collaterali di chemio e interventi sono sempre andata forte. Avete mai visto un bugiardino di uno di questi farmaci? Praticamente è una Treccani e io ne ho collezionati parecchi.

Ma se sono qui non è per spaventarvi. È per cercare di esservi utile in modi che neanche io posso immaginare. Lo faccio mettendoci la faccia ma soprattutto il cuore. Perché va fatto. Perché è giusto per tutte noi. Perché ho imparato tutto sulla mia pelle, ma sarebbe stato più facile e più proficuo farlo con una consapevolezza diversa. Ed è quella che mi ha donato l’esperienza del dolore ma soprattutto l’incontro con altre guerriere. Con le loro storie da cui c’è sempre da imparare; con i loro sguardi che sono carichi di verità; con i loro volti che hanno la bellezza scolpita dalla sofferenza che è negata agli occhi di chi non sa vivere.

Non vi snocciolerò ricette e consigli perché soprattutto quelli non richiesti sono inutili e pretenziosi. Ma vi offro per quel che vale la mia esperienza. E lo faccio senza avere un lieto fine alle spalle ma mentre cerco ancora di guadagnarmelo. Mentre frequento un corso di cucina, mentre mi trasferisco a più di 800 km da casa, mentre pago le bollette, mentre faccio la fila alla posta, mentre vado alla mostra di Renoir, mentre sono al cinema con gli amici… Mentre attendo l’esito dell’ultima tac. Sempre con una pistola puntata alle tempie. Sempre a giocare a roulette russa con la morte. Ma se ci pensate un attimo chi è che non lo fa tutti i giorni? Rubo tempo al tempo per vivere meglio e di più. Ma per onorare la vita bisogna per prima cosa amarla. Comunque. Forse è come una discesa in rafting: farla da soli atterrisce, ma insieme ci si incoraggia l’un l’altro; il percorso è tortuoso, pauroso, irto, pieno di incognite e pericoli… ma magari poi ci si ritrova tutte insieme alla meta, bagnate, senza remi, cambiate, diverse, nuove.

(3 febbraio 2014)

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