“Torneremo sul mercato. Ci faremo male, ma torneremo”: parole di Francesco Borgomeo affidate ai microfoni di Uno Mattina su Rai Uno. Il presidente di Unindustria Cassino è stato il primo a fermare gli impianti dei suoi stabilimenti lo scorso dicembre: a poche settimane di distanza l’intero comparto delle Ceramiche in Italia ha iniziato a spegnere i forni. Troppo alti i costi dell’energia: negli ultimi tre mesi del 2021 hanno bruciato i guadagni fatti nei primi nove mesi dell’anno.
È stato anche il primo a ripartire: a fine gennaio dopo avere rinegoziato tutti i prezzi. Poi il nuovo stop: la guerra in Ucraina ha dato il colpo di grazia al mercato dell’energia.
“Io il primo a fermarmi”
Francesco Borgomeo da qualche giorno ha spento di nuovo i forni della sua capofila industriale sul territorio, la Saxa Gres di Anagni. La fabbrica nata dalle ceneri dell’ex Marazzi e grazie alle ceneri, quelle di scarto dei termovalorizzatori, punta a realizzare rivestimenti in grès figli al 100% di un processo di economia circolare.
Il primo stop c’era stato a gennaio, ora la nuova serrata. “Purtroppo questa tempesta sull’energia ci ha obbligato a fermarci di nuovo, – ha detto il presidente Borgomeo – io ero stato il primo a fermarmi a fine dicembre, quando ho capito che stavano avvenendo fenomeni speculativi. Ho parlato con i miei clienti, abbiamo rinegoziato i prezzi ed hanno tutti accettato i rialzi, purtroppo molto importanti”.
La produzione a febbraio era ripresa, gli ordinativi non mancano, anzi. Quello che manca è il gas con cui alimentare i forni. Il presidente di Unindustria Cassino in qualche modo lo aveva previsto: il suo progetto contemplava la realizzazione di un biodigestore al servizio dello stabilimento, in modo da produrre il gas attraverso lo smaltimento degli avanzi di cucina dell’intera area. A distanza di anni non sono ancora arrivate le risposte che per legge dovevano essere sul tavolo in 180 giorni.
Il prezzo moltiplicato per dieci? Non lo reggiamo
“In questa fase – ha spiegato l’imprenditore – non abbiamo possibilità di programmare il futuro, non sappiamo assolutamente cosa accadrà domani”. Ecco perché ci si ferma di nuovo.
I forni di Saxa, in situazioni normali, hanno un costo d’esercizio pari a circa 25mila euro al giorno. A partire dalla seconda metà dell’anno scorso lo scenario è completamente mutato. Qualcuno ha iniziato a giocare con i rubinetti del gas e prima ancora a speculare sui prezzi. A dicembre il costo era salito a 100mila euro al giorno.
“Noi – ha spiegato Borgomeo – abbiamo tenuto questi forni accesi con un costo fino a quattro, cinque volte quello ordinario, a dieci non ce la facciamo, nessuno può farcela”. Ed ecco che arrivano le conseguenze: cassa integrazione, 80% degli operai a casa e solo qualche manutentore che si aggira tra i capannoni, affinché i macchinari mantengano l’efficienza, in vista della ripartenza. Perché si ripartirà, i forni verranno riaccesi ed i lavoratori torneranno sulle linee di produzione.
Sì, ma a che prezzo?
Consapevolezza e fiducia
Alla domanda precisa della giornalista, su come vede il futuro Francesco Borgomeo e cosa farà Saxa Gres, l’imprenditore non ha avuto alcun dubbio: “Riapriremo, ci faremo male purtroppo, perché perdere mercato, perdere clienti è una cosa difficile. Però sono assolutamente fiducioso e torneremo sul mercato come prima”.
Un ritorno che però si tradurrà in un cambio del campo di gioco in cui si disputa la partita. La speranza è ora nelle azioni del Governo che però non potranno cambiare troppo sensibilmente il quadro della situazione.
L’intervento, come richiesto da più parti deve essere strutturale e non fermarsi ad una mancia per abbassare la bolletta, ma fornire la possibilità a chi può di mettere risorse per provare a crearla da sé quell’energia. Come Saxa Gres aveva previsto.