Pd e Marini, il coraggio della verità

Francesco Scalia è l’unico che ha avuto il coraggio di dire le cose come stanno: «Michele Marini, quattro anni fa, è stata massacrato politicamente e umanamente. Fino a sei mesi prima era il sicuro vincitore delle elezioni comunali di Frosinone, poi è stato lasciato solo. Si è trattato di una follia politica ed amministrativa del…

Francesco Scalia è l’unico che ha avuto il coraggio di dire le cose come stanno: «Michele Marini, quattro anni fa, è stata massacrato politicamente e umanamente. Fino a sei mesi prima era il sicuro vincitore delle elezioni comunali di Frosinone, poi è stato lasciato solo. Si è trattato di una follia politica ed amministrativa del centrosinistra». La strada è questa se davvero il Partito Democratico vuole provare a vincere le elezioni comunali, riprendendo un rapporto di verità, prima che politico, con Michele Marini. L’ex sindaco da mesi chiede questo.

Ma cosa successe quattro anni fa? Successe che molti assessori della sua giunta (diversi dei quali “miracolati” da Marini) lo lasciarono a pochi giorni dall’inizio della campagna elettorale dopo aver condiviso un intero mandato. Senza preavviso. Successe che il Partito Socialista di Gian Franco Schietroma, che in quella giunta aveva assessori e per lungo tempo aveva indicato, prima di provare a sfiduciarlo, pure il presidente del consiglio comunale (Norberto Venturi), piantò in asso Michele Marini. Successe che una parte del Pd cittadino, del quale Fabrizio Cristofari era segretario, prese le distanze dal proprio sindaco.

Tutti andarono a sostenere la candidatura di Domenico Marzi.

Successe pure dell’altro però. Per esempio che Francesco Scalia, Francesco De Angelis e Lucio Migliorelli andarono a chiedere a Fabrizio Cristofari di candidarsi a sindaco. Quest’ultimo rifiutò per non fare un ulteriore sgarbo a Marini. Però De Angelis e Scalia rimasero per cinque ore nell’ufficio di Memmo Marzi per cercare di far candidare soltanto lui, anche con il sostegno del Pd. L’operazione non si concretizzò, ma l’effetto politico fu quello di una ulteriore delegittimazione politica di quello che era il sindaco in carica.

Ma perché successe tutto questo? Perché in quel periodo emersero delle inchieste giudiziarie, come quella sulla Monti Lepini, nelle quali era chiamato in causa anche Michele Marini. Se in Italia, negli ultimi 25 anni, chi è stato coinvolto in un’inchiesta giudiziaria non avesse dovuto fare politica, sarebbero rimasti vuoti enormi settori della Camera e del Senato, molte Regioni sarebbero state chiuse per spopolamento della fauna politica. Stessa cosa per svariate Province e per numerosi Comuni.

Ci sarebbe anche il principio di non colpevolezza fino a prova contraria e fino al terzo grado di giudizio. Ancora (dopo quattro anni) non siamo neppure al primo…

Fatto sta che iniziò la grande fuga da Michele Marini. Come si sarà sentito in quei giorni il sindaco? Come può sentirsi ora che vede gli stessi protagonisti di allora pronti a concorrere mentre a lui viene sostanzialmente chiesto di fare il superiore, cioè il fesso? Si è sentito e si sente tradito, come Giulio Cesare pugnalato da Bruto e Cassio.

Il Partito Democratico ha l’obbligo della verità storica e politica. I leader, di ieri, di oggi e di domani, devono dire pubblicamente come sono andate le cose e scusarsi politicamente con Michele Marini. Altrimenti l’ex sindaco alla fine se ne andrà, come è giusto che sia. Perché rimanere in un Partito che non lo ha sostenuto e che non trova il coraggio di chiedergli scusa a quattro anni di distanza?

C’è però un altro errore che il Pd deve evitare. Dire contemporaneamente a Fabrizio Cristofari e Norberto Venturi, che tutti sosterranno loro. Perché poi, ad urne chiuse, lo sconfitto scatenerà l’inferno. Le primarie vanno fatte liberamente e apertamente, in piena trasparenza.

Altrimenti Nicola Ottaviani ha già vinto.

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