Spesso non riusciamo a capire la ragione delle cose che ci troviamo davanti. Ci appaiono senza senso, carrozzoni che girano in tondo senza mai arrivare da qualche parte.
Il fastidio diventa insopportabile nel momento in cui pensiamo a quanto costano quelli che stanno seduti in cassetta e tirano le redini, quelli che stanno a bordo nella carrozza e si fanno portare a spasso. Il tutto a spese nostre.
Una sensazione che chiunque di noi ha provato almeno una volta quando ha pensato all’Unione Europea. A cosa serve? Quale vantaggio ci porta? La capiamo ancora meno nel momento in cui non ci fa fare tutti i debiti che vogliamo, ci impone le sue leggi che ci costringono a fare cose che non intendiamo fare.
Oggi ricorrono i settant’anni da quando abbiamo l’Unione Europea. Sono stati celebrati nell’Aula di Strasburgo.
Una ragione per la sua esistenza forse ce la fornisce il primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel. Che ha ricordato la figura di Simone Veil, «superstite dei campi di concentramento nazisti», che fu la prima presidente del Parlamento.
E poi ha osservato come «io oggi, omosessuale, liberale, ebreo, sono un capo di governo europeo, ma 80 anni fa io non avrei potuto vivere».
Si, ci teniamo l’Unione Europea e ce la teniamo ben stretta. Per modificarla facciamo sempre in tempo con il nostro voto. Non averla, ci ricordano quelle parole, sarebbe un dramma.