Da Capri parte il peana dell’occidente. Aspettando il 25 aprile

I piagnistei ai quali ci si è ridotti. Il peana partito dal G7 di Capri con toni a tratti esilaranti. Le manganellate di Napoli e la 'delocalizzazione delle proteste'. Il caso Scurati. Che si unisce ai piagnistei di Salis e Canfora.

I greci usualmente intonavano canti propiziatori dedicati ad Apollo sperando nella fortuna in battaglia, li chiamavano peana. Il peana veniva intonato con funzione di propiziazione in occasione di sacrifici o di invocazione del dio per ottenerne la protezione o di ringraziamento per la vittoria conseguita. Veniva intonato dagli spartani quando muovevano all’attacco del nemico: il ritmo del canto aveva lo scopo di mantenere l’ordine della formazione e di infondere terrore nell’avversario, che sentiva il loro avvicinarsi dal canto che si faceva via via più forte.

Chi non ha visto il film “Trecento” e non si è esaltato al coraggio ed alla forza degli spartani. Che poi abbiano perso la battaglia soccombendo contro un nemico che numericamente li sovrastava ma non nel valore, è secondario.

Il termine è oggi usato per indicare un discorso o uno scritto di vittoria o di esaltazione. Viene spesso usato inoltre per indicare un discorso in cui non sono presenti critiche, ma solo lodi.

Il peana di Capri

E proprio per questo aspetto ciò che è uscito dalla riunione a Capri dei ministri degli esteri del G7 ma in generale tutti gli annunci di questi anni dall’inizio della guerra Ucraina, somiglia ai peana greci. L’assenza di critiche e la sola presenza di lodi.

E francamente come non comprenderli. Una cosa è essere assediati dai persiani stretti in una gola profonda e senza via d’uscita come gli spartani in trecento un altra è discuterne in uno dei cinque stelle lusso più famosi al mondo su un isola incantevole come Capri. Più che un grido di battaglia, dopo il buffet,  ti escono due tre prosit di felicità per le delizie degustate.

La stampa le descrive in questo modo avendo cura di definirlo ossequiosamente non un appuntamento di gala ma di lavoro.

Non una cerimonia di gala ma un pranzo di lavoro quello consumato oggi dai ministri degli esteri impegnati nel G7 in corso a Capri.

Ospiti della sala teatro dell’hotel Quisisana, i capi delegazione si sono serviti in maniera autonoma dai vassoi in porcellana allestiti per loro dallo storico chef executive dell’hotel a cinque stelle Stefano Mazzone, a capo di una squadra composta da 24 chef.

    Il menù del giorno ha contemplato una insalata caprese come antipasto, un primo piatto di penne al pomodoro e basilico, secondo a base di pezzogna al limone con scarole abbottonate. Per dolce una torta diplomatica.

Il tutto innaffiato da un vino bianco Vistamare Ca’Marcanda. A richiesta sono stati serviti a fine pranzo caffè e piccola pasticceria.

    Copione simile ieri sera per la cena che non ha avuto i crismi della cena di gala dal momento che i lavori non sono stati interrotti. Ai ministri del G7 sono stati serviti in mini vassoi un antipasto a base di carciofi scottati in padella, ravioli al pomodorino fresco, spigola panata alla griglia, insalata di stagione. Chiusura dolce con la ‘torta cardinale 1936’, una sorta di delizia al limone realizzata per la prima volta in occasione della visita di un alto prelato quasi 100 anni fa. Il tutto innaffiato da vino bianco (Greco di Tufo) e rosso (Brunello di Montalcino).”.

Capolavori dialettici

Un capolavoro di dialettica degno delle migliori veline degli anni ottanta. Meraviglioso. Come non notare il tocco democratico e popolare nel “i capi delegazione si sono serviti in maniera autonoma dai vassoi in porcellana”, quanta umiltà in una sola frase. Ed i ringraziamenti allo chef Mazzone “a capo di una squadra di 24 chef”, che per gli esperti di matematica essendo i ministri sette avevano tre chef a disposizione ognuno. Quanta modestia e che morigerata umiltà.

E che dire del pranzo “innaffiato” da un vino Vistamare non specificando se il vino se lo sono versato da soli o meno. Di certo prosegue “sono state serviti a fine pranzo caffè e piccola pasticceria.” Quindi sappiamo che il buffet se lo sono scodellato da soli ma il resto è stato gentilmente servito. Chi non ha immaginato Blinken e Kuleba intenti a spinare la pezzogna mentre discutevano dei carenti rifornimenti bellici.

Lo stesso la cena che si specifica non ha avuto i crismi di gala perché i lavori non sono stati interrotti. Cioè i poveri ministri mangiavano mentre parlavano si immagina dalla costruzione della frase. Fino alla torta finale “Cardinale del 1936” (poi si lamentano che ammiccano al fascismo ndr) in onore di un alto prelato e ovviamente innaffiato stavolta di bianco e di rosso Greco di tufo e ovviamente Brunello di Montalcino che come tutti sanno è tipico campano oltre che molto economico.

La pancia piena concilia la pace

Adesso ditemi voi se dopo una mangiata del genere in uno dei posti più belli del mondo vi viene voglia di fare la guerra. Altro che peana ti esce qualche miagolio tra un innaffiata di vino ed un dolcetto. Infatti le immagini dell’evento, delle interviste e delle conferenze ufficiali erano tutti sorrisi e volti distesi. Atteggiamento che non corrispondeva con la gravità dei temi discussi e soprattutto della situazione bellica ucraina attuale.

Tajani era il più sorridente di tutti in qualità di padrone di casa. Dispensava pacche sulle spalle a tutti e giustamente ha gioito al termine della kermesse ben riuscita. Lo hanno ringraziato tutti per aver evitato di svolgere questo appuntamento sotto le bombe in ucraina come la giornata inaugurale della presidenza italiana dove la Meloni troneggiava tra le Von der Leyen e Zelensky a Kiev. Lì avranno mangiato qualche insalata di vegetali col caschetto in testa. D’altronde chi non preferiva un weekend primaverile a Capri. 

Il Quisisana poi è magnifico. Ho avuto la fortuna, meritata, di alloggiarvi alcune volte. E lascia in ognuno un ricordo piacevole. Solo un dubbio mi è rimasto. Se si fossero assicurati che la piscina fosse piena visto che ancora non siamo in alta stagione. Ricorderanno i molti appassionati del genere quando Fantozzi, in fuga romantica, per risparmiare portò a Capri fuori stagione la signorina Silvani. Ancora di più nelle menti ludiche degli italiani è rimasto il famoso tuffo nella piscina ancora vuota. Con atterraggio fantozziano e crepe nel pavimento. “Venghi signorina non abbi paura che si tocca” fu l’ultima frase di Fantozzi mentre nuotava agilmente nella crepa di cemento.

Gli incidenti? A Napoli

La protesta di Napoli pro Palestina

Ecco quella era proprio la piscina del Quisisana. Ma per fortuna le cronache di questi giorni non hanno raccontato nessun incidente del genere. Incidenti invece ci sono stati non a Capri ma a Napoli dove sono andate in scena le proteste legate soprattutto alla situazione palestinese. Un altro colpo di genio la difficoltà nel poter raggiungere l’isola in questi giorni ha permesso lo svolgimento sereno e beato dell’ incontro senza disturbatori e proteste. Un vantaggio dei posti esclusivi. Il popolo non è ammesso. Modello Davos. Potremmo chiamarla con costrutto la “delocalizzazione delle proteste”. Fatele ma lontano da noi.

E dunque si spiega con una semplice analisi sociologica perché le dichiarazioni finali seppur improntate al sostegno incondizionato dell’ Ucraina e di Israele più che peana bellicosi sono sembrati il discorso del testimone di nozze allegrotto alla fine di un matrimonio.

Chissà se tra una guerra ed un’altra si sia a Capri trattato anche dell’argomento antifascismo che invece sembra il più gettonato in questi giorni nella penisola. È sembrato infatti più un peana l’urlo di protesta di Antonio Scurati, a cui hanno annullato un monologo in Rai, che quello dei potenti del mondo. Che poi peana non propriamente, somigliava più ad un pianto greco, il solito di quando si urla alla censura fascista.

Il caso Scurati

Antonio Scurati (Foto: Ermes Beltrami © Imagoeconomica)

È così che Scurati che si è visto eliminare il suo intervento nella trasmissione “Che sarà” in Rai ha urlato alla censura preventiva accusando la Meloni e questo governo oscurantista. Con colpo di teatro però, in barba alla censura fascista, la conduttrice Serena Bortone con atto libertario e partigiano ha annunciato che il testo le era stato comunque fornito gratuitamente dallo scrittore (eh si perché lo pagavano pure) e lo ha letto in un momento colmo di pathos ed emozione con un piglio quasi eroico.

Non ci credete, scherzo: era un testo di una banalità unica su argomenti triti e ritriti con il ritmo di un pistolotto degno dei raduni dei nostalgici. Ed è proprio per questo che si è sbagliato a mio avviso ad impedire di tenerlo. Sarebbe passato per quello che era: uno scritto velleitario e noioso e non avrebbe innescato nessuna polemica. Più intelligente di tutti è stata la premier Giorgia Meloni: ha tolto ogni argomento di discussione pubblicando sui suoi social il testo di Scurati.

D’altronde, mio giudizio personale, velleitario e noioso come tutta la produzione di Scurati che è diventato famoso solo ed esclusivamente perché parla in maniera monotematica di Mussolini. Purtroppo ne ho anche acquistato diversi volumi rimpiangendone la spesa, tranne per le bellissime copertine con quella M mussoliniana che troneggiava nera su sfondo bianco.

Lasciateli parlare

Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica

Non so se vi è capitato di ascoltarlo in qualche trasmissione televisiva. Ha sempre quell’atteggiamento supersimpatico come il megadirettore di fantozziana memoria. Si quello con la poltrona di pelle umana. Guarda tutti dall’alto in basso con quella nobile pappagorgia da espressione disgustata che da molto stile snob prima di sciorinare frasi fatte e comuni banalità degne di uno studente ripetente di liceo.

Penso che certi personaggi vadano fatti parlare. Lascia che ti annoino liberamente che diffondano le loro amenità e poi giudicherà la gente. La censura o presunta tale è sempre un danno. Quando il Governo lo capirà è sempre troppo tardi. A maggior ragione a ridosso del 25 aprile che da sempre è il momento di massimo ritorno antifascista e che quest’anno si presenta come un occasione unica per la sinistra di sfogarsi dopo la sconfitta elettorale che ha visto un esponente di destra al governo.

Dopo la crescita esponenziale delle proteste studentesche e non, in particolare legate ai conflitti in corso ed alle sempre più frequenti reazioni delle forze dell’ordine che hanno innescato molte polemiche si teme una escalation proprio per il 25 aprile sia per il clima arroventato che per la simbolica occasione.

Non ci sono più i cortei di una volta

Luciano Canfora in tribunale (Foto: Saverio De Giglio © Imagoeconomica)

Anche se gli scontri moderni, per fortuna, non hanno nulla a che fare con le proteste degli anni Settanta ad esempio dove si trattava di vera guerriglia urbana. Sono piuttosto inconcludenti. Prima ognuno dava il bollettino dei feriti. Ed orgogliosamente rivendicava le azioni svolte. Anche se ovviamente la violenza è sempre sbagliata. Oggi si buttano dei bambini in età scolare in faccia alla “celere” bella schierata: dopo un po’ di insulti manganellano la prima fila ed invece della rivendicazione politica parte il pianto greco. Interviste interminabili sui social piagnucolanti da parte degli aggrediti che poi spesso si vede dalle immagini che prima di essere aggrediti sono stati aggressori.

Insomma tutto molto moderno, tutto un piagnisteo come ti giri ti giri. Piange il padre della Salis e piange talmente tanto che dal carcere la sinistra la candida alle europee. Piange da anni Saviano dal suo dorato attico newyorchese. Piange Scurati. Piange pure quella simpatica cariatide di Luciano Canfora sotto processo per aver dato della nazista alla Meloni. Ci fanno rimpiangere (lo scrivo con amara ironia) quei bei cortei delle tute blu con bulloni e la chiave inglese che protestavano per motivi molto più seri: per il lavoro per i diritti. Erano molto più dignitosi di questo provocare continuo e poi frignare alla risposta.

Consigli di lettura

Così come i dibattiti ed i libri di una volta erano più densi di significato. Vi lascio con un consiglio per gli acquisti. Non comprate il soporifero Scurati semmai rileggete “Fascismo e democrazia” di Orwell un libro fatto di cinque illuminanti racconti scritti nel cuore dell’avvento dei nazionalismi. Lo troverete più moderno di quanto possiate immaginare. Scoprirete senza grande sorpresa che sono più moderni attuali e avvincenti dei testi prodotti in questo periodo di debolezza intellettuale.

Perché come sosteneva il geniale autore britannico: “nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario”. E la verità aggiungo io è certamente più intrigante e meno noiosa dei rigidi e pomposi monologhi di Scurati.

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