Porte aperte e colpi sotto la cinta tra i due candidati alla Provincia

Ritorna la trasmissione tv di approfondimento A Porte Aperte. Esordio con i due candidati alla presidenza della Provincia. Fair play ma anche sciabola e fioretto. E pure qualche colpo sotto alla cintura. Non sarà una passeggiata in montagna.

Non è una sfida per deboli di cuore. Non è una passeggiata su monte Cacume. La sfida per conquistare la presidenza della provincia di Frosinone con le elezioni del 31 ottobre prossimo è vera. Mostrano le zanne e mordono, i due candidati Antonio Pompeo (sindaco di Ferentino, dirigente Pd, presidente uscente) e Tommaso Ciccone (sindaco di Pofi, dirigente di Forza Italia, candidato unitario del centrodestra.

Lo fanno in diretta tv, nello studio di A Porte Aperte su Teleuniverso. Sono stati loro ad inaugurare il nono anno di trasmissione. Ed a dimostrare che anche se è una votazione di secondo livello (dove votano solo sindaci e consiglieri ma non i cittadini) resta sempre una sfida elettorale.

Un confronto dove gli affondi, i fendenti, i colpi sotto la cintura, non sono mancati. Fino alla sigla finale.

 

Riforma delle Province: una sciocchezza

Si apre con una provocazione (e come ti sbagli: mica è cambiato il conduttore della trasmissione, la cifra è quella).

L’introduzione del direttore Alessio Porcu:  L’Unione delle Province Italiane piange dicendo che ormai si riesce solo a pagare gli stipendi, la riforma Delrio rimasta a metà ha trasformato le province in un Frankenstein senza soldi né competenze. La provocazione: Vi candidate perché siete malati di masochismo o per stare al capezzale del moribondo?

Questo ente ha ancora senso – ha detto Antonio Pompeole criticità ci sono. Posso dirlo perché ho vissuto in modo non facile la trasformazione: sono stato il primo a mettere piede in Provincia dopo la Delrio, ho dovuto reinventare tutto, finanche un ruolo. Ogni giorno mi portavano via un pezzo: un giorno una delega, l’altro giorno una competenza, tutti i giorni tagliavano le risorse. Ho fatto un pò il progettista e un po’ il muratore di questo ente. Abbiamo fatto tanto ma non tutto questo è palese. Ora vogliamo che l’ente sia una vera e propria Casa dei Comuni”.

Tommaso Ciccone si butta subito nella porta lasciata aperta. “Mi fa piacere che il presidente lo abbia capito: ma ha avuto quattro anni per rendere la Provincia una vera casa dei Comuni, ha avuto tutto il tempo per farlo e invece non ha fatto granché per dare un ruolo ed una dignità a questo ente. La riforma? Inutile piangere: se le province sono state riformate riducendole così c’è un nome preciso. E il nome è Delrio, il nome è Renzi, il nome è Partito Democratico. La legge Delrio è stato il solito guazzabuglio all’italiana anche perchè i costi di gestione recuperati per lo stato sono ridicoli”.

Ciccone non è un candidato con cui fare quattro palleggi in allenamento: si è candidato con l’intenzione di giocarsi la partita. Fino in fondo. E per questo che cerca subito di azzannare. “Il presidente in questi anni doveva avere la funzione di coordinamento per attività territoriale dei Sindaci. Su sanità, Acea, rifiuti, infrastrutture non abbiamo mai sentito una presa di posizione chiara da parte di Pompeo“.

 

Sangue e arena

Nemmeno Antonio Pompeo è un candidato da salotto. La rissa politica, non l’ammetterà mai… ma gli piace. C’è questo sotto all’immagine con l’abito che sembra pennellato addosso dal sarto tagliando l’ultimo filo mentre si entra in studio, la cravatta cucita da Marinella (che è anche l’unico al quale le affida per lavarle e tenerle a modello una volta l’anno), il calzino e la cinta in tinta.

Non è venuto a prendere schiaffi. Ne tira subito un paio. E dice che la Provincia lasciatagli nel il giorno del suo insediamento “era un ente che non si occupava di nulla, era mero elargitore di qualche piccola prebenda per le sagre paesane. Che hanno pure la loro importanza: ma il compito è un altro. Tutto era stato lasciato in mano al personale, non c’era più un indirizzo politico, che desse a loro una direzione da seguire e la tranquillità di poterlo fare”.

Rivendica i meriti. Se oggi si può parlare di Area di Crisi Complessa per il nord della provincia, di accesso al credito, del nuovo Accordo di Programma, se sono state recuperate le somme della legge 46 del 2002, se sono stati recuperati 18 milioni euro della raccolta differenziata “è perché c’è stato qualcuno che ha agito con raziocinio”, sentenzia Antonio Pompeo.

 

I sindaci al centro

Al centro della mia azione politica e amministrativa i sindaci ci sono da sempre – dice il Sindaco di Ferentino Antonio Pompeo rispondendo alle accuse di Ciccone – Ciò è testimoniato dai cinquanta primi cittadini che hanno posto nero su bianco la loro firma su un documento che sostiene la mia candidatura”.

Il candidato del centrodestra incassa il colpo. Le cinquanta firme a sostegno della rielezione sono un uppercut in pieno mento. Ma Tommaso Ciccone non cade, nemmeno indietreggia. Sapeva che sarebbe stato colpito proprio lì. Lui di firme ne ha portate solo ventidue.

«La mia raccolta delle firme non doveva servire per contare quanti sindaci mi avrebbero votato. Invece mi serviva per pesare la mia candidatura soltanto all’interno del mio schieramento: comprendere se nel centrodestra potessi essere un nome di convergenza in grado di raccogliere il consenso di tutti. Non doveva essere un’ostentazione muscolare da contrapporre a Pompeo. Sono due cose diverse e non paragonabili».

 

Il Nicola assente

Il direttore Alessio Porcu mette il sale sulla ferita. Fulmineo, una sola frase, dritto al cuore. «Sotto al documento interno però mancava la firma di Nicola Ottaviani, sindaco del capoluogo, il più autorevole nel gruppo».

Secondo uppercut ma Tommaso Ciccone è uno che sul ring ci sa stare benissimo. Nemmeno questa volta cade. Ma un po’ barcolla. «La firma non serviva, mi aveva manifestato il sostegno pubblicamente, è venuto ad aprire l’incontro in cui è stata ufficializzata la mia candidatura, si sta impegnando per la mia elezione».

La realtà dei fatto dice che Ottaviani è stato costretto ad uscire allo scoperto dalla dirompente intervista di Mario Abbruzzese su Alessioporcu.it in cui si metteva a nudo il ruolo giocato fino a quel momento dal sindaco di Frosinone. E dagli alleati. (Leggi qui «Siamo pronti a ritirare la candidatura di Ciccone alle Provinciali» e la reazione Guerra in Forza Italia: «Qualcuno vuole mettere scheletri nell’armadio degli altri ma ha sbagliato i conti»)

 

Fine del primo round, lancio dei consigli per gli acquisti.

In sostanza Ciccone incolpa Pompeo di non aver coinvolto abbastanza i sindaci. Lui sostiene di averlo fatto ed il suo lavoro è stato premiato da molti primi cittadini. La contro replica di Ciccone è che però non è stato fatto abbastanza per le esigenze territoriali. Pompeo ribatte con l’elenco delle cose realizzate mettendo in prima fila Area di Crisi, riperimetrazione del Sin Valle del Sacco.

 

Il convitato M5S

La seconda parte della trasmissione si apre con la fatidica domanda: chi sosterranno i Cinque Stelle? Staranno con Ciccone, rispettando su scala locale il patto nazionale di governo? O manderanno un segnale diverso? Oppure ancora se ne staranno a casa.

Il direttore lancia un altro po’ di vetriolo. Lo fa ricordando la prima ed unica assemblea provinciale degli eletti M5S, convocata per affrontare l’argomento e conclusa con un nulla di fatto. (leggi qui Niente streaming, assenti di lusso e zero decisioni alla prima Assemblea Provinciale M5S)

Pompeo non si lascia andare a risposte azzardate e dice: “Direttore, solo lei può saperlo…”. Gli fa eco Ciccone “…che è così abile nell’indagare all’interno dell’incubo umano”.

Ma un secondo dopo, Tommaso Ciccone è protagonista di una vera e propria apertura verso il movimento. “Non ci chiudiamo a nessun rapporto di collaborazione con il M5S. – dice il Sindaco di Pofi – Il progetto aperto a tutti. D’altra parte loro hanno idealità che si sposano bene con il mio concetto di gestione amministrativa”. Una vera e propria proposta di matrimonio politico.

Subito dopo Pompeo spara i suoi desiderata“Vogliamo rendere più forte la casa dei comuni, rendere più centrale l’assemblea dei Sindaci, continuare a puntare sull’ambiente, sulla raccolta differenziata, sul piano regionale dei rifiuti e sulla sicurezza delle scuole. Come anche sulla qualità dell’aria, sulla bonifica della valle del sacco. Ma anche creare nuova occupazione e sviluppo nel campo dell’edilizia, vocazione negli anni passati concentrata soprattutto nell’area nord della provincia con il piano di rigenerazione urbana”.

 

Sulla sanità scoppia la baruffa

Ma Ciccone non si arrende: “hai avuto quattro anni per mettere al centro i sindaci nei processi politico-amministrativi dell’ente e non l’hai fatto. Io credo che un buon presidente debba andare anche oltre le proprie competenze“.

Per esempio – continua il candidato del centrodestra – penserei a mettere a sistema il patrimonio culturale e museale della provincia e dire la mia anche sulla sanità disastrata che abbiamo sul territorio“.

Dice apertamente al presidente Pompeo di chiamare il sindaco di Anagni per vedere quale sarà il destino della struttura che prima dei tagli era un presidio ospedaliero molto importante per il territorio.

 

La risposta del Sindaco di Ferentino è sibillina e dritta al cuore: “Parli tanto di sanità ma dimentichi qualcosa. Parliamo di cosa successe, invece, qualche anno fa quando c’era qualche presidente del consiglio regionale di questo territorio e il governatore si chiamava Polverini e sono stati chiusi gli ospedali della nostra provincia”.

Eh ma allora sei scorretto“, tuona Ciccone. Per i minuti successivi i due candidati si parlano uno sopra l’altro tanto da coprire anche la voce del conduttore. Che chiama il break chiedendo in regia di mandare i messaggi arrivati fino a quel momento. Contengono complimenti per entrambi. Ed un avviso sibillino: “Voteranno per Luigi Vacana“, il presidente d’Aula.

I Cinque Stelle? O i sindaci non allineati? In entrambi i casi sarebbe una notizia.

Sigla finale.

 

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