Il congresso regionale, poi quello nazionale, quindi quelli provinciali e magari pure comunali. Mentre nel frattempo il dibattito politico nel Paese sale di tono e si avvicinano le elezioni europee e pure quelle comunali di primavera.
Il rischio del Pd è quello di continuare a non essere sintonizzato non soltanto sulla lunghezza d’onda dei cittadini, ma anche sull’attualità politica.
Nel frattempo Marco Minniti continua a non annunciare ufficialmente la sua candidatura alla segreteria nazionale del partito. E Nicola Zingaretti fa fatica a misurarsi davvero con un antagonista.
Ma se poi Matteo Renzi decide di dare vita davvero ad un altro Partito, che succede? Già, che succederebbe? Lo seguirebbero in diversi, anche e soprattutto nel Pd.
I renziani non sono scomparsi, semplicemente stanno cercando di capire come andrà a finire. In Ciociaria ce n’erano tanti nella corrente di Francesco Scalia: Antonio Pompeo, Nazzareno Pilozzi, Domenico Alfieri, solo per fare dei nomi. Alcuni si sono riposizionati. Non tutti però. Il primo appuntamento è quello delle regionali.
Si voterà il 1 dicembre, con le primarie aperte. Se nessuno raggiungerà il 50% più uno dei voti, la palla passerà ai delegati dell’assemblea. Stesso scenario per il congresso nazionale. Meccanismi bizantini ed elefantiaci, che allontanano la gente normale.
Il grande rischio del Pd è proprio questo: continuare ad essere percepito come distante dal Paese reale. In Ciociaria Francesco De Angelis e Mauro Buschini si stanno preparando all’ennesimo successo alle regionali. Però, se poi Matteo Renzi fa un altro partito, che succede?
L’incognita è enorme. Anche dalle parti nostre.