Sorride, stringe mani, rassicura, dispensa pacche sulle spalle in quantità industriale. Poi però sa anche alzare la voce e soprattutto sa piazzare i colpi vincenti quando il gioco si fa duro. Quando si devono vincere le partite. Bruno Astorre, senatore e segretario regionale del Partito Democratico, è il numero due di AreaDem, la potentissima e maggioritaria componente del Pd che fa capo al ministro Dario Franceschini.
Nel Lazio Bruno Astorre è il “signore delle componenti”. Con Nicola Zingaretti è schierato sin dalla prima ora. Tra poche ore nel Lazio ci potrebbe essere questo schema a tre punte: Daniele Leodori vicepresidente (lo è già), Marco Vincenzi presidente del consiglio regionale (lo è già), Marta Leonori capogruppo del Pd (zingarettiana ma con uno storico rapporto politico con Astorre). Minimo comun denominatore di questo schema è proprio lui, Bruno Astorre.
Il ritorno dei democristiani
Con le dimissioni di Mauro Buschini da presidente del consiglio regionale, l’area proveniente dai Ds si è ulteriormente indebolita. Ma in realtà la ritirata dell’ala sinistra della coalizione era avvenuta prima, vale a dire quando l’allora potentissimo vicepresidente della giunta regionale Massimiliano Smeriglio era stato eletto europarlamentare. Da indipendente, ma nelle file del Pd.
Il massimo esponente di quell’area in questo momento è l’assessore alla sanità Alessio D’Amato, impegnato però sul fronte del contrasto alla pandemia. E quindi con poco tempo a disposizione per potersi occupare anche di politica.
Il peso di Astorre su Roma
Se poi davvero Nicola Zingaretti dovesse essere candidato a sindaco di Roma, allora alla Regione ci sarebbe una ulteriore accelerazione. Nell’ambito della quale l’area centrista è prevalente. Il regista è lui, Bruno Astorre. E’ lui che a Roma bacchetta un giorno sì e l’altro pure Carlo Calenda. E’ lui che continua a chiudere le porte a Virginia Raggi. È lui che si ritrova seduto dalla parte vincente della scacchiera.
Contemporaneamente a livello nazionale Dario Franceschini è impegnato nel ridimensionamento senza alternative dell’agorà di Goffredo Bettini. Per far capire anche a Zingaretti che la candidatura a sindaco di Roma non passa più per il Cardinal Goffredo, ma per il segretario Enrico Letta e per lo stesso Franceschini. (Leggi qui L’endorsement scomodo di Bettini).
Dopo di che una volta candidato al Campidoglio, il gioco è fatto: se Zingaretti vince ha vinto il Pd, se perde la sconfitta è solo sua. A quel punto AreaDem darà le carte pure l’operazione “successione” alla Regione Lazio. E il mazzo (di carte) è già nella tasca di Bruno Astorre.