È l’81esimo. Pjanic serve Ronaldo che la mette dentro di sinistro. Il settore ospiti esulta; tutta la parte bassa della Tribuna centrale esulta; un migliaio nella Tribuna Est, a tutti gli effetti ex distinti, esulta. È un boato forte e inaspettato che disorienta e indispettisce. Le due curve ammutoliscono. È il gelo. E non per lo svantaggio, che ci può stare visto che il Frosinone non esce dalla propria metà campo da 36’.
È quell’immagine inedita che mette fine al passato e che lascia senza fiato. Lo fa nella serata in cui la Nord festeggia i novant’anni di storia con una coreografia delicata e bellissima. Linee orizzontali di bandiere gialle, azzurre e bianche che sventolano leggere e quasi sembrano mantenere sospesi i due stemmi, quello attuale e quello della vecchia SC Frosinone, dolcemente sovrapposti nella parte centrale della curva.
Sono le linee di una storia, parlano di traguardi fino a qualche tempo fa inimmaginabili, per una terra in cui è cosa rara essere al centro della scena ed è un lusso sognare ad occhi aperti. Un privilegio essere lì. Essere di nuovo in serie A, ritrovarsi di fronte Cristiano Ronaldo e poterlo ammirare – perché è questo che si fa quando si ha di fronte il calciatore più forte del mondo – in uno stadio all’avanguardia, senza barriere e senza quella distanza fisica che spesso separa pubblico e protagonisti della gara.
Ma è un altro tipo di distanza quello che irrompe nella scena ridisegnando spazi consolidati dalla consuetudine e dalla fede calcistica. Nessuno condanna l’esultanza per un goal della propria squadra del cuore ma non se ciò arriva massiccia e accompagnata da sfottò direttamente da un settore – ex distinti – da sempre roccaforte del tifo giallo azzurro. Ma trasformato di fatto in un settore ospiti d’occorrenza per i tanti ciociari dalla fede “straniera”. Mutazione dovuta alla migrazione obbligata di tifosi del Frosinone, vecchi e nuovi, dalla Tribuna Est alle due curve, per fattori economici.
È forse questo il prezzo da pagare per essere diventare “grandi”?
E mentre il tifo ridefinisce la propria geografia in campo le linee rimangono immutate. Impossibile per Longo ridistribuire le linee o soltanto dubitare dell’efficacia del modulo adottato finora. Perché se è vero che nel corso delle cinque giornate la squadra ha dimostrato una crescita in termini di affiatamento, consapevolezza e voglia di fare – atteggiamento che ha permesso di tenere la Juve ferma sullo 0-0 per 81’ insieme alla prestazione egregia di Sportiello e del reparto difensivo – lo stesso non può dirsi della capacità offensiva della squadra.
Cinque partite e zero reti è un dato su cui riflettere. Così come non può passare inosservato il secondo tempo di Frosinone-Juventus con quei suoi 38 lunghissimi minuti durante i quali la formazione giallo azzurra non è mai riuscita ad uscire dalla propria metà campo.
L’impressione che si ha vedendolo giocare è quella di una squadra priva di un’idea di gioco in grado di permettere al reparto offensivo di fare il proprio dovere. E dopo aver constatato che i cambi nei singoli reparti non determinano cambiamenti in tal senso forse, assumersi la responsabilità delle proprie scelte, dovrebbe voler dire concedersi il beneficio del dubbio sul 3-5-2, unica variabile rimasta costante insieme all’assenza di reti.
Perché contraddire se stessi è dura. Ma a volte è l’unica strada per superare i propri limiti.