Valle del Sacco, basta con le chiacchiere

Dati reali e proposte concrete nel corso del convegno tenuto da industriali e geologi con i tecnici di mezza provincia. Diurni: «La Politica faccia attenzione a non cavalcare il populismo»

Non si sono di certo limitate ai saluti, anzi. In mattinata, nel corso del convegno tecnico “Sin Bacino del fiume Sacco – Novità sui procedimenti e prime risultanze” voluto da Geologi e Industriali, hanno voluto mettere un punto a quasi vent’anni di chiacchiere: parlando semplicemente di dati e criticità reali. Lo hanno fatto a scanso di allarmismi generalizzati, anche con l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa Lazio).

Wanda D’Ercole, direttrice del Ciclo dei rifiuti della Regione Lazio, ha reso noto di aver «firmato i contratti d’appalto dei nove interventi di bonifica previsti nel Sin della Valle del Sacco». Bonifiche che si attendevano in parte dal 2005, fino a Ferentino, e in parte dal 2010, fino a Ceprano. Ora, dopo gli iniziali interventi a Colleferro, si possono aprire i cantieri anche nella provincia di Frosinone.   

Ancor prima Miriam Diurni, presidente di Unindustria Frosinone, ha detto cortesemente alla Politica che «deve fare bene attenzione a non cavalcare il populismo, quel sentimento molto spesso antindustriale che si genera in questi casi, quando si cerca di fatto un capro espiatorio». Il responsabile dell’inquinamento? «È un colpevole che probabilmente oggi non c’è più e in passato era dovuto a un sistema intero che funzionava in base a regole e normative differenti».

Tempo, competenze, disponibilità

In prima fila Miriam Diurni (Unindustria Frosinone) e Simonetta Ceraudo (Ordine dei geologi del Lazio)

Simonetta Ceraudo, presidente dell’Ordine dei geologi del Lazio, ha aggiunto che «sono fondamentali tre fattori: il tempo, le competenze e la disponibilità». Da qui la ricetta: «Servono un iter procedurale semplice e veloce, professionisti e relativa formazione, nonché strumenti in ausilio alle figure professionali e ai tecnici degli enti coinvolti».

L’avvocatessa Giusy Migliorelli, esperta di diritto dell’ambiente nel Settore al ramo della Provincia di Frosinone, avrebbe poi messo bene in chiaro che «è di competenza provinciale l’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento». Ma, al contempo, ha invocato anche lei «una procedura più snella, con tempi più stringenti».

Ritiene indispensabile «un protocollo d’intesa tra Arpa e Provincia per la verifica contestuale dell’inquinamento, in modo da evitare al privato doppie spese per i controlli». Controlli importanti anche e soprattutto «perché le risorse sono poche e il personale non è adeguato».

Il convegno con i tecnici

Una fase del convegno promosso da Unindustria e Ordine dei geologi del Lazio

Il convegno si è svolto alla presenza di svariati geologi, per quella che era una giornata di formazione continua professionale, ma anche funzionari e dipendenti degli uffici tecnici di Comuni e altri enti pubblici. Nella sede frusinate di Unindustria ha presenziato anche qualche Politico.

Non sono passati inosservati il sindaco di Anagni Daniele Natalia ed Elisa Guerriero, immancabile assessora all’Ambiente di Ceprano. Era presente anche alla recente presentazione dei dati parziali dell’indagine epidemiologica Indaco: interviste sugli stili di vita, anche quelli man mano mortali, e prelievi di sangue per l’accertamento di sostanze inquinanti. (Leggi qui: Valle del Sacco, cosa dicono le analisi sulla salute). 

È tutto dire che il Testo unico in materia ambientale, l’insieme delle norme che tutelano l’ambiente e disciplinano il ciclo dei rifiuti, è stato introdotto e aggiornato dal 2006: da appena 17 anni, più giovane dell’emergenza ambientale, sociale ed economica scoppiata nella Valle del Sacco. Da quando ci si allarma anche per l’eccessiva ma naturale concentrazione di alcuni metalli nel suolo.

Nel Sin anche siti non inquinati

Gli altri relatori del convegno sul Sin “Bacino del fiume Sacco”

Sin dal 2005, per via della precauzionalmente ampia perimetrazione e riperimetrazione delle aree potenzialmente inquinate e ricadenti in 19 Comuni, si sono persi investimenti anche laddove non è poi risultato alcun inquinamento da Beta-esacloricloesano o altri veleni. Anche se il famigerato scarto dell’insetticida lindano, pur in maniera decrescente, continua ancora a scorrere nelle vene dei cittadini della Valle del Sacco.

Non c’è affatto una più alta incidenza tumorale rispetto alla media regionale, se si vuole parlare anche dello smog (come fatto con lo studio Indaco), ma c’è una forte connessione tra inquinamento atmosferico e morti causate da tumori maligni e malattie respiratorie.

È pur sempre grave, necessitante di massima attenzione e pronto intervento, ma ben diverso: non è vero che nella Valle del Sacco ci si ammala di più che nel resto della regione. Eppure si dice da quasi vent’anni. Come dice invece uno dei relatori del convegno tecnico, l’ingegnere ambientale Matteo Rossi, «chiamarla addirittura “Valle dei veleni” fa soltanto male a questa terra». (Leggi qui Il dilemma: valle inquinata ma non “Valle dei veleni”).

Interventi trasversali, in tutta la Valle

Una veduta della Valle del Sacco (Foto: Pietro Scerrato)

La Valle del Sacco continua a essere equiparata all’accertata “Terra dei fuochi” campana. Saranno le nuove analisi, le caratterizzazioni ambientali che si accompagneranno alle attese e ormai prossime bonifiche, a dire se è vero o no. Finora, però, l’iperbole dell’inquinamento e l’esasperazione del principio di precauzione hanno portato a pochi atti concreti ma a tante fughe di capitali. C’è chi la chiamerebbe, invece, “Valle dell’ipocondria”.

Wanda D’Ercole ha fatto intanto anche il punto sugli interventi trasversali e puntuali. Gli uni, come l’indagine epidemiologica, riguardano l’intera Valle del Sacco.

Nello specifico: caratterizzazione delle aree agricole ripariali, arrivata fino ad Anagni e Paliano; monitoraggio delle acque in fase avanzata, con i primi campionamenti in tutto il Sin; in settimana anche la delibera d’avvio dell’indagine sui valori di fondo; in arrivo anche la “Coorte dei nati”, il monitoraggio della salute di un campione di donne in gravidanza e venturi nascituri.       

Interventi puntuali, per definizione

L’ex discarica di Via Le Lame a Frosinone

Gli interventi puntuali, invece, non sono altro che le attesissime bonifiche dell’ex discarica Le Lame di Frosinone e di otto ex siti industriali: stabilimento Annunziata e Snia-Bpd (Bosco Faito) di Ceccano; polveriera di Anagni; cartiera di Ferentino; Ponti della Selva di Paliano; cartiera Vita Mayer, Europress e Industrie Olivieri di Ceprano.

Oltre dieci milioni per la bonifica dell’ex discarica di Frosinone. 3.8 milioni per l’ex Olivieri di Ceprano, dove si metteranno a terra anche 680mila euro per l’ex Vita Mayer e altri 646mila per l’ex Europress. A seguire tutti gli altri siti: ad Anagni 2.7 milioni per l’ex Polveriera; a Ferentino 2.2 milioni per l’ex Cartiera; a Ceccano 1.2 milioni per l’ex Snia-Bpd e 900mila per l’ex Annunziata; a Paliano 402mila euro per i Ponti della Selva.  Rientrano tra le opere finanziate con oltre 53 milioni di euro provenienti dal Ministero dell’Ambiente e dalla Regione Lazio.

«Stabiliamo lo stato dell’arte servendoci dei tecnici competenti che si stanno occupando della questione a tutti i livelli – ha dichiarato Miriam Diurni, presidente di Unindustria Frosinone, a margine dell’incontro d’approfondimento -. Il convegno è organizzato dall’Ordine dei geologi in collaborazione con tutti gli altri professionisti: avvocati, ingegneri, tecnici di Arpa, Regione Lazio e Provincia di Frosinone. Ovvero tutti quegli enti che per competenza devono occuparsi del problema Sin al di là di chiacchiere e opinioni che ogni giorno si danno sull’argomento».

La responsabilità dell’inquinamento

Miriam Diurni, presidente di Unindustria Frosinone

Diurni ha parlato anche della perdita di investimenti: «Se ne esce individuando e seguendo le giuste procedure, facendo riferimento alla normativa, in qualche modo semplificandola. Ad oggi non sappiamo neanche come uscirne. Di casi di bonifica ce ne sono molto pochi, perché spetta a chi ha contaminato il sito». Ovvero il responsabile dell’inquinamento del sito, che non è detto che sia ovviamente il proprietario odierno. E non è così semplice rapportarsi, come accade spesso, con il curatore di una società fallita su quel sito.   

«Le aziende che possono aver contaminato un sito, non esistono più – così ancora Diurni -. In realtà quello che emerge molto spesso dalle nostre indagini, le analisi di rischio che facciamo quando vogliamo fare un investimento, è una situazione che forse non è così grave su molte aree perimetrate rispetto a quella che si poteva ipotizzare all’inizio. È proprio per questo che dobbiamo assolutamente far affidamento ai tecnici competenti per chiarire, fare indagini puntuali e capire a che punto siamo con l’inquinamento della Valle del Sacco».

Da qui, all’attenzione anche e soprattutto della Politica, un appello finale per conto dell’universo provinciale degli industriali: «È molto importante non andare alla ricerca di capri espiatori a tutti i costi, perché dietro si nasconde poi la volontà e anche forse la resa di un territorio e in questo caso della politica davanti a un problema che sembra troppo grande da risolvere».  

Il rischio disinformazione

Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica

Il vero problema è che si sta facendo passare la Valle del Sacco per una specie di girone infernale. Mentre i numeri stanno dicendo ben altro. Nasce da quei la necessità del confronto avvenuto oggi. “Sul tema Sin Bacino del fiume Sacco si sono susseguite informazioni che spesso si sono dimostrate pure opinioni passate per fatti, con alto rischio di disinformazione“: ha detto la presidente di Unindustria Frosinone, Miriam Diurni. 

La realtà è che il bacino della Valle del Sacco ha un alto livello di inquinamento, dovuto agli scarichi industriali del distretto bellico e ferroviario a monte; la situazione divenne evidente nel 2005 quando uno scarico incontrollato uccise una ventina di mucche che si erano appena abbeverate. Da allora è stato riconosciuto Sin, cioè Sito di Interesse Nazionale per i livelli di inquinamento.

   Ma i controlli eseguiti in questi anni hanno ridimensionato il problema. Da qui la decisione di organizzare la giornata di lavori odierna. Durante la quale è stato fatto il punto sul sito che dalla sua ultima perimetrazione del 2016 comprende aree del fiume, agricole, in parte anche residenziali ma soprattutto gran parte delle aree industriali di 19 comuni nelle provincie di Frosinone e Roma, su un territorio di circa 7200 ettari.

   Con frequenza assistiamo ad una informazione sul tema in cui si fa confusione – continua la Diurni  –  interpretando i pochi dati in modo parziale e selettivo. In questo modo si è generato un ingiustificato allarmismo nell’opinione pubblica, senza identificare e circoscrivere il problema. Allo stesso tempo si sono limitate fortemente le attività dei privati e delle aziende industriali ed agricole collocate all’interno del perimetro del Sin e dunque le loro possibilità di investimento, generando un danno economico all’intera comunità.

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