Fischi e Fiaschi, della settimana III – 2021

Fischi e Fiaschi. I protagonisti della settimana 3 dell’anno 2021. Per capire meglio cosa ci attende nelle prossime ore

Fischi

JOHN ELKANN –CARLOS TAVARES

Per uno che ha avuto come nonno l’Avvocato è difficile davvero non stupire. Non ha (ancora) il carisma di Gianni Agnelli, ma le capacità, la visione sì. Fca era decotta qualche anno fa, lui è cresciuto vicino ad uno dei più grandi geni del mondo nel campo dell’amministrazione delegata: Sergio Marchionne. Lo ha voluto, lo ha studiato, gli ha voluto bene. E alla fine ha appreso tanto. Tutto.

In dodici mesi John Elkann ha firmato due operazioni da paura. L’ultima è Stellantis, ma la prima è stata l’acquisizione del gruppo che edita La Repubblica, l’Espresso e una marea di potentissimi giornali locali. È anche il nuovo re dell’editoria e il Governo giallorosso guidato da Conte se ne sta accorgendo.

Carlo Tavares, ceo di Stellantis, ha fatto quello che non si vedeva da tempo in questo Paese. E’ andato a visitare le fabbriche, per confrontarsi con i sindacati e per vedere gli operai. Ha già impresso una svolta notevole. Ma è soltanto il primo passo. (Leggi qui Tavares ed Elkann 7 ore a Cassino: la sfida è Grecale).

Come Messi e Ronaldo nella stessa squadra.

MATTEO SALVINI-GIORGIA MELONI

 Nella crisi di Governo hanno individuato la strategia giusta e anche “moderata”. Il ragionamento che il Capitano della Lega Matteo Salvini e la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni hanno fatto al Capo dello Stato Sergio Mattarella è stato giuridicamente ineccepibile.

Il ragionamento è questo. Nel 2018 il presidente della Repubblica non diede l’incarico a Salvini come premier perché il centrodestra (vincitore delle elezioni) non aveva i numeri in aula. Ne servivano almeno 50 al Senato. Nonostante le rassicurazioni che sarebbero stati trovati, Mattarella rispose che non si poteva giocare d’azzardo con le istituzioni repubblicane. Giusto.

Giorgia Meloni con Matteo Salvini. (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Ma ora questo ragionamento vale anche per Giuseppe Conte. Prima trova i numeri, poi semmai cerca di ottenere una maggioranza in aula.

In più ci sono stati gli interventi parlamentari. Alla Camera Giorgia Meloni ha definito Conte Barbapapà per la sua capacità di trasformarsi in tutto e il contrario di tutto pur di restare a Palazzo Chigi. Matteo Salvini ha sviluppato un ragionamento proiettato all’alternativa di governo. I leader della Destra hanno capito che per guidare un Paese come l’Italia occorre il trattino: centro-destra. (Leggi qui Top e Flop, i protagonisti del giorno: 20 gennaio 2021).

Sovranisti moderati.

FRANCESCO DE ANGELIS

È l’ultimo vero fuoriclasse della politica rimasto in provincia di Frosinone. Il presidente del Consorzio Asi ha annunciato a Roma la costituzione del Consorzio industriale regionale unico tra marzo e aprile. Parliamo di un  colosso che vale almeno due se non tre assessorati regionale (attività produttive-industria e logistica) e probabilmente un ministero pesante. (Leggi qui De Angelis ha finito: «Il Consorzio nasce a marzo»).

Francesco De Angelis ai lavori della Camera di Commercio di Roma

Francesco De Angelis ha spiegato di aver completato il lavoro e che adesso consegnerà tutto al presidente Nicola Zingaretti.

Il Coronavirus ha rallentato un processo che probabilmente si sarebbe concluso nell’estate 2020, ma non fa niente. Il Consorzio industriale unico sarà il più grande ente di questo tipo in Italia. Avrà competenze dirette sugli insediamenti nelle aree industriali, sulla gestione dei servizi per le imprese (acqua, rifiuti e tutto il resto), sulla logistica, sulla digitalizzazione. Dirà la sua sulle infrastrutture, perfino viarie. Partirà con un patrimonio da far girare la testa.

Francesco De Angelis, da commissario, ha fatto quello che sa fare meglio: raggiungere gli equilibri per garantire la tenuta negli anni dell’intera impalcatura, scegliere la squadra migliore di tecnici, dare loro fiducia e dettare la linea. Ha funzionato alla perfezione.

Il cavaliere dell’industria sul cavallo della politica.

FIASCHI

GIUSEPPE CONTE – MATTEO RENZI

Il presidente del consiglio sembra un bambino viziato al quale hanno appena bucato il pallone preferito che lo legittimava a giocare al calcio pur non avendo fatto la “gavetta”. Si rifiuta di prendere atto che non ha la maggioranza, che deve affidarsi a senatori folgorati sulla via per Palazzo Madama in cambio di qualche promessa di terzo livello. Quando va bene.

Foto: Sara Minelli / Imagoeconomica

Sarebbe stato meglio se avesse rassegnato subito le dimissioni da Presidente del Consiglio, mossa che non potrà comunque evitare. In più nei suoi interventi fiume alla Camera e al Senato ha detto nulla di concreto, di rilevante, di politico. Sembrava l’incarnazione di tutti i sofisti messi insieme e moltiplicati per cento.

Matteo Renzi ha ancora una volta “distrutto” un assetto e degli equilibri, ma stavolta non è riuscito a gestire la vittoria parlamentare semplicemente perché non ha le truppe che aveva da segretario del Partito Democratico. Rischia di diventare irrilevante. O peggio: di sparire dalla scena nel caso di elezioni politiche anticipate.

Conte non è stato eletto a nulla da nessuno. Renzi è in Parlamento perché eletto nel Pd.

Non all’altezza dei ruoli.

TAJANI-MASTELLA

Forza Italia ha perso tre parlamentari, che hanno votato la fiducia a Giuseppe Conte. Ma le tre situazioni sono molto diverse. Renata Polverini, ex presidente della Regione Lazio, da tempo manifestava malumori. Soltanto che, come nella prassi del Partito, nessuno le ha mai dato risposte. Silvio Berlusconi è il fondatore e padre nobile, quello operativo ora è Antonio Tajani. Che, per sua stessa ammissione, non era stato avvertito dalla Polverini dell’imminente sorpresa. (Leggi qui Perché il “ribaltone” della Polverini inguaia Tajani).

Antonio Tajani e Renata Polverini

Al Senato è andato via Adriano Causin: pure questo passo doveva essere previsto. Per Mariarosaria Rossi il discorso è diverso: tra gli addetti ai lavori in Parlamento nessuno crede sul serio che Silvio Berlusconi non sapesse nulla. Per quanto caduta in disgrazia, Mariarosaria Rossi ha condiviso gli anni più importanti del berlusconismo, anche quelli dell’arretramento politico. Possibile che l’ex zarina non ha avverito Re Silvio? In ogni caso Antonio Tajani non è riuscito a gestire neppure questa situazione. (Leggi qui Quel filo “azzurro” che lega gli strappi alla Ciociaria).

Quanto a Clemente Mastella, si era accreditato come il regista dell’operazione dei costruttori. Ma quell’operazione si è fermata a quota 156. Non ha blindato Conte, ha rimesso in gioco Renzi. Da un democristiano (mai ex) come lui ci si aspettava il successo pieno.

Caduti dal pero. E ribaltati.

BEPPE GRILLO

È lui il vero e grande sconfitto di tutta questa fase politica. Il Movimento Cinque Stelle è diventato il Partito del sistema, della difesa dello status quo, del rifiuto assoluto di tornare alle elezioni. Non ci sono più tracce dello streaming, della ribellione al sistema, della distinzione con i partiti della prima e della seconda repubblica.

Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. (Foto: Raffaele Verderese / Imagoeconomica)

Per restare al Governo i Cinque Stelle hanno accettato il soccorso di Clemente Mastella, Riccardo Nencini, Lillo Ciampolillo, Mariarosaria Rossi. Più altri parlamentari in ordine sparso. Sarebbero pronti a costruire una statua d’oro tempestata di diamanti a Bruno Tabacci. Tutte persone degne, ma che fanno parte di altre culture politiche.

Vito Crimi ha assunto atteggiamenti da democristiano doroteo, Luigi Di Maio fa come quegli studenti che si allungano sul banco per non farsi notare dai professori, Alessandro Di Battista fa il  rivoluzionario a parole e l’ortodosso della dottrina situazionista nei fatti. Ma la responsabilità politica di questa trasformazione dei Cinque Stelle è di Beppe Grillo, il fondatore.

Non voleva cambiare il potere, voleva cambiare solo i protagonisti del potere.

Polvere di Cinque Stelle.

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