L’illusione del tempo: del quale non siamo padroni

Siamo convinti di avere a disposizione un tempo infinito. E invece non siamo padroni del tempo:  siamo semplici amministratori di un bene che non sappiamo quando finirà

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Il tempo si è fatto breve. Quelli che usano i beni del mondo, li usino come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo (1Cor 7,31

C’è un modo di dire, in una pubblicità che va in onda di queste settimane, che mi ha fatto riflettere: il tempo – dice – è l’unica risorsa di cui disponiamo pienamente. Nel senso, se ho capito bene, che possiamo decidere di accelerare, di rallentare i ritmi della nostra esistenza. In realtà, la frase mi pare non vera: nessuno di noi sa quanto tempo ha a disposizione.

Quando Paolo di Tarso scrive quelle frasi ai cristiani di Corinto è convinto di non averne, pur essendo giovane. I cristiani di quei decenni del I secolo pensavano ad un’imminente fine del mondo. Il tempo si è fatto breve, scrive, senza mezze parole. Non vi illudete di essere eterni, di aver tempo, di poter procrastinare ogni cosa ad un momento successivo. Anzi, badate bene, perché il tempo potrebbe finire per ciascuno di noi da un momento all’altro.

È il significato della preghiera tradizionale cattolica nelle litanie dei Santi: liberaci dalla morte improvvisa. E anche Cechov, nel racconto La steppa, fa dire ad un anziano conduttore di carri, che si spostano lentamente nella sconfinata pianura: “La morte non è nulla, è una buona cosa, purché, certo, non si muoia senza confessione. Non c’è peggior male che la morte improvvisa. La morte improvvisa è gioia del diavolo”. 

Non siamo padroni del tempo

Al di là della fine dei tempi, il pensiero di Paolo è evidentemente  corretto. Ce lo insegna l’esperienza:  non siamo padroni del tempo,  siamo semplici amministratori di un bene che non sappiamo quando finirà, che scorta ne abbiamo, se potremo fare rifornimento.

Messa così,  il tempo diventa il dono più prezioso della nostra esistenza: non sappiamo quanto ce ne sia stato donato. Siamo consapevoli che potrebbe finire da un momento all’altro. Da qui l’intuizione paolina sull’uso del tempo: abbiamo a che fare con tanti beni nella nostra vita, le cose che possediamo, gli studi che abbiamo fatto, gli affetti che ce la rendono bella, ma non possiamo fondare la nostra vita su tutte queste cose, pur importantissime.

C’è qualcosa “altro” che deve essere il fondamento del vivere, qualcosa che non sia come il tempo, che nonostante la nostra resistenza, fugge. Ho apprezzato, in una delle mie ultime letture, l’idea illusoria dell’orizzonte. Se ci pensiamo bene, vediamo ben poco del nostro mondo: arriviamo fino all’ orizzonte, appunto. Ma, quello che c’è oltre l’orizzonte è ben di più di quello che c’è al di qua.

Ecco la nostra vita: pensiamo sia tutto ma è soltanto una figura che passa, una figura che può illuderci, che può farci credere importanti cose che tali non sono e trascurare, di conseguenza, quelle realmente importanti, quelle virtù, atteggiamenti di vita che ci rendono uomini, che ci consentono di arrivare al fondamento di tutto, Dio.