Se sui morti (italiani) ci si divide 70 anni dopo

Un dibattito che divide. Ancora a 70 anni dagli eventi. La questione degli italiani (di Latina) uccisi nelle foibe. Alla fine la mozione passa. Ma è l'unica a non registrare voto unanime

Andrea Apruzzese

Inter sidera versor

Un dibattito divisivo. Eppure sono passati oltre 70 anni dagli eventi e quasi 30 anni dall’appello alla pacificazione nazionale lanciato da Luciano Violante nel suo discorso di insediamento da presidente della Camera dei Deputati nel 1996. È quello sulla mozione che Cesare Bruni (capogruppo FdI) e Vincenzo Valletta (capogruppo della Lega) hanno presentato al Consiglio comunale di Latina in occasione del Giorno del ricordo (che cade il 10 febbraio, ma la mozione è giunta in ritardo in aula.

È una ricorrenza istituita a livello nazionale nel 2004 per ricordare la tragedia degli italiani infoibati alla fine della seconda guerra mondiale nei luoghi di confine tra Italia ed ex Jugoslavia. E il dramma dell’esodo giuliano-dalmata. Un esodo che Latina conosce e ricorda bene, in quanto gran parte di quegli esuli fu accolta proprio nel capoluogo pontino, entrando poi a far parte di questa comunità.

La mozione che divide

Una mozione, quella di Bruni, che chiede l’impegno del Consiglio e della giunta «a dedicare una via o altro luogo e comunque a ricordare in modo adeguato: Giuseppe Musco ed Angelo Adam». Chi erano?

Giuseppe Musco era nativo di Pola, milite della Milizia Difesa Territoriale, assassinato dai partigiani di Tito nel novembre 1944 nei pressi di Montona. Ai suoi congiunti, residenti a Latina, venne conferita la medaglia prevista dalla legge 92/2004.

Angelo Adam era un ebreo fiumano, irredentista e legionario con D’Annunzio. Antifascista e confinato durante il regime. Dopo l’8 settembre rientrò a Fiume, entrò nella Resistenza e fu arrestato dai tedeschi e deportato. Sopravvissuto al campo di Dachau tornò a Fiume, nel frattempo occupata dai partigiani comunisti titini. Autonomista, si oppose alle mire annessionistiche slave su Fiume, tentando di mettersi in contatto con il CLN di Trieste. Prelevato ed infoibato dai titini insieme alla moglie Ernesta Stefancich. Successivamente sparirà nel nulla anche la figlia Zulema di 17 anni.

La mozione chiede anche di «condannare ogni forma di negazionismo, giustificazionismo e riduzionismo, della violenta pulizia etnica, delle foibe e dell’esodo, attuata dai partigiani comunisti di Tito». E di promuovere iniziative culturali per il ricordo, a posizionare nuovamente la cartellonistica che si trovava nei viali del Parco Falcone e Borsellino. Indicavano le strade Istria, Zara, Fiume, Pola, Dalmazia. IUnfine la mozione chiede di concedere la cittadinanza onoraria all’Associazione nazionale Venezia-Giulia e Dalmazia.

Troppo distanti

Leonardo Majocchi

Un atto che non ha trovato però approvazione unanime nell’Aula. Eppure la seduta era dedicata esclusivamente alle mozioni e tutte le altre erano passate con il voto corale. Troppo divisivi, ancora, questi temi, come sottolineato in alcuni interventi. L’opposizione presenta emendamenti, «perché il rischio è di costruire una narrazione di una sola parte degli eventi accaduti», come ha detto Dario Bellini (Lbc), parlando di «azioni avvenute in reazione ad altre azioni» e di come «in nessuna parte della legge 92/2004 si parla di pulizia etnica, né si parla di “partigiani” comunisti. Questo è a nostro avviso divisivo nello sforzo che si deve fare, di continuare a lavorare per rimanere equidistanti».

«La storia non va piegata alle narrazioni di una parte e questa è la storia della contrapposizione di due tipi di nazionalismo», ha aggiunto Leonardo Majocchi (Pd). Che ricostruisce, data per data tra il 1943 e il 1945, le vicende di quegli anni: «La storia è storia, non di parte. Le pagine buie della nostra storia sembrano oggi volersi riproporre e per noi è un ulteriore monito per come affrontiamo questi temi. La memoria del passato non solo deve essere tenuta viva, ma ance produrre anticorpi contro odio, razzismo, nazionalismo. Non faremo morti di serie A e di serie B». 

A tutti, Bruni ha risposto che «è sbagliato mettere su una sorta di bilancia il Giorno del ricordo e la Giornata della memoria. Ritorniamo ai morti senza ricordare coloro che li assassinarono? Come se nella mozione sulla Giornata della memoria si togliesse il termine “nazifascista”. Fare i conti con il passato non è senza dolore; anzi, è doloroso. Non è facile ammettere che propri padri e nonni politici, accecati dall’odio ideologico, commisero crimini indicibili. Eppure bisogna farlo». 

Alla fine, la mozione è stata approvata a maggioranza, 19 a favore e 6 astenuti delle opposizioni.