La nostra chiesa come non l’abbiamo mai vista

Pensiamo che siano degli edifici. Sacri per alcuni, dove andare a battersi il petto secondo gli scettici. Le chiese invece hanno un significato nascosto molto preciso. Che ci indica molte cose. E ci spiegano come si vince la corsa della vita

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù Eb 12, 1-2

Queste frasi hanno determinato l’architettura occidentale, la letteratura, la filosofia. Partiamo da una cattedrale gotica, uno di quegli edifici che erano iniziati da una generazione e completati dagli uomini di due generazioni più tardi. Magnifici, imponenti, veri palazzi di Dio, più di un secolo per costruirli.

Ma erano ben di più, erano il paradigma della vita cristiana, proprio secondo  ciò che ci dice l’autore della lettera agli Ebrei.

La chiesa come non l’abbiamo mai vista

Notre Dame di Strasburgo (Foto © AG IchnusaPapers)

Per entrare in chiesa c’è una porta, di solito rivolta verso occidente, dove il sole tramonta, il luogo della morte. Possiamo aprirla o lasciarla chiusa, possiamo cogliere l’occasione o rinviare ad un futuro che non conosciamo, comunque dobbiamo prendere una decisione.

Entriamo, varchiamo la soglia e vediamo subito davanti a noi, verso oriente, dove sorge il sole, il luogo della vita,  l’obiettivo, lo scopo della nostra vita: quel Gesù che ci ha salvati. che ci ha dato la possibilità di capire come orientare la nostra vita, quali passi giusti fare. 

Ecco, quella navata sembra una strada lunga ma diritta, in cui il viaggiatore, il viandante, il pellegrino, l’uomo vede la meta da raggiungere. È come un atleta impegnato in una gara, non bastano le forze per percorrere quella strada, ci vogliono anche le virtù, quelle qualità che ti rendono davvero uomo. Come la perseveranza che ci porta a non abbandonare la corsa quando le forze sembrano venir meno o quando il tifo avversario ci insulta o sminuisce il nostro impegno.

I campioni che ce l’hanno fatta

San Lorenzo dei Battuti (Foto © dall’Associazione Culturale MAI di Vittorio Veneto)

E accanto a noi c’è una moltitudine di persone, tutte quelle che ci hanno preceduto in questo cammino e che nelle chiese sono raffigurati sulle pareti, quelli che chiamiamo i santi. Loro ce l’hanno fatta, sono riusciti a completare la corsa, hanno perseverato, non hanno mollato di fronte alle difficoltà che a volte significavano minaccia per la loro  vita stessa… Sono l’esempio per la nostra vita. 

Quelle aureole, che ora li accompagnano nelle raffigurazioni sacre, le hanno  aggiunte i pittori che spesso tradiscono le personalità dei santi, dipingendoli troppo serafici, tranquilli. E invece, durante la loro vita, erano persone come noi, piene di difetti, di paure, terrorizzati magari da uno dei tanti violenti che costellano tutte le epoche. Eppure ce l’hanno fatta, hanno perseverato nella corsa, hanno superato le difficoltà dell’esistenza, che, nelle cattedrali gotiche, erano rappresentate dai labirinti incisi sui pavimenti di pietra.

È quella che Dante chiama la diritta via, che spesso si perde perché ci si ritrova, senza neppure saperlo, in una selva oscura. Ma per fare questo cammino, c’è bisogno di deporre tutto quello che ci è di peso, tutti i difetti, le sciocchezze che facciamo, la rabbia, l’ira, la superbia, la volontà di possesso, l’avidità, la tentazione di non impegnarsi per il bene comune.

Soltanto allora potremo correre la nostra corsa.

Leggi qui le meditazioni di Pietro Alviti.