La standing ovation per Zingaretti e la via del badile per il Pd

La standing ovation per il Governatore del Lazio. La rivelazione: "Non voleva essere una picconata al Pd ma un badile per aiurarlo a crescere”. La viua del dialogo con i 5 Stelle "è inevitabile". Ed il centrodestra: "vi spiego perché non esiste”

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Chissà se ha assaporato il sottile gusto della rivincita. Quello che deve avere sentito Cincinnato mentre arava i suoi campi alla periferia di Roma e lo chiamarono per chiedergli di tornare alla testa dell’esercito per affrontare gli Equi. Chissà se ha riconosciuto il profumo di casa. Come Ulisse dopo avere scoccato la freccia tre le dieci teste d’ascia messe in fila ed avere spiegato ai Proci che per essere Re bisogna anche sapere quando si esce di scena. E quando si rientra. Nicola Zingaretti l’altro giorno è stato a Bologna alla festa dell’Unità: la sua festa. Ed è stato accolto da un’ovazione, una standing ovation.

Come se non fosse mai andato via, come se fosse ancora lui il Segretario: quello che ha scollato dalle case un milione di elettori più della migliore previsione e li ha portati a votare per lui alle Primarie. Ed è andato via dicendo di provare vergogna per un Pd capace solo di parlare delle poltrone.

Alla Festa dell’Unità la gara è a farsi la foto con lui, dargli una pacca, dirgli ‘continua così‘: in piedi, battendo le mani, come a risarcirlo di quel doloroso “mi vergogno” pronunciato quando ha mollato il timone.

Carta Bianca, risposte chiare

C’è Bianca Berlinguer ad intervistarlo. Lei come quelli che hanno appena accolto l’ex Segretario con la standing ovation si pone la stessa domanda. E gliela pone: “perché?”.

Il Governatore del Lazio, l’uomo che tutti scommettevano avrebbe fatto il sindaco di Roma asfaltando gli avversari sulla via delle urne, conferma quello che aveva detto tre mesi fa ad Alessioporcu.it.

All’epoca rivelò «L’ho fatta per difendere un’idea di politica, in un momento nel quale pensavo fosse giusto denunciare. Ho compiuto un atto con il quale spingere il Partito a fare un salto di qualità. Eravamo arrivati ad un momento per cui c’era polemica su tutto, non si poteva più parlare di niente. Non potevamo avere da una parte il sostegno al Governo e dall’altra una polemica perenne. E quindi ho detto basta, ho pagato un prezzo e sono felice di averlo pagato. Se questo è servito? Mi auguro che questo serva ad avere una comunità più forte e coesa».

A Bologna conferma tutto. Spiega: “Ho detto la verità per evitare il grande rischio di far coincidere l’avvio dell’esecutivo Draghi con una guerriglia permanente e continua all’interno del Pd“. Avrebbe danneggiato Il, avrebbe danneggiato Draghi, avrebbe indebolito il Governo.

Pala e non piccone

Fa un’aggiunta. Che è una chiave per leggere in modo diverso quelle parole. «Se qualcuno ha pensato che la mia denuncia fosse un piccone contro il Pd ha sbagliato». Allora cosa era? A giudicare dalla portata non era un piccone ma un buldozzer. Invece sbagliavamo tutti: per Nicola Zingaretti invece “era una pala per far ripartire il Pd, che oggi è la forza più leale a sostegno di Draghi. Può tornare a essere primo Partito e vincere le elezioni in tutte le grandi città».

Andare via, dire quelle parole «è stato doloroso, ve lo assicuro». Ne è valsa la pena? «Sono contento di essere un po’ più libero di dire alcune cose palesi». Ad esempio quali? È uno che continua a sostenere la necessità di un dialogo con il Movimento 5 Stelle. Perché il M5S non è solo quello della sindaca Virginia Raggi ma anche delle due assessore che lui ha in Giunta nella Regione Lazio: Roberta Lombardi e Valentina Corrado.

Sostiene che quel dialogo è inevitabile. «Perché in sistema maggioritario, se si vuole avanzare una proposta competitiva e vincente, bisogna costruire un’alleanza larga e plurale. Esattamente quella che Enrico sta portando avanti a testa alta, con l’unica differenza rispetto a me che lui ora lo può fare».

È convonto che ci sia una solo strada: «allargare i confini del Pd».

Il cucchiaio non esiste

Nicola Zingaretti alla Festa nazionale dell’unità a Modena nel 2020

Come il piccolo ‘eletto’ nella stanza dell’Oracolo in Matrix Reloaded, anche Nicola Zingaretti rivela che ‘il cucchiaio non esiste‘ cioè ‘non devi cercare di piegare il cucchiaio ma la realtà che gli sta intorno’. Allo stesso modo il leader del Partito Democratico spiega dal palco di Bologna che il centrodestra non esiste.

Perché? «Rispetto al governo Draghi c’è Fratelli d’Italia che dice no, la Lega ni e Forza Italia sì. Salvini è un buffone che sente l’esigenza di organizzare 40 conferenze stampa in un giorno per imporre il suo punto di vista e purtroppo la Meloni sta riciclando il peggiore neofascismo italiano che non può essere il futuro».

Ma se Mario Draghi lasciasse sfitto l’ufficio di Palazzo Chigi per accomodarsi al Quirinale? Per Nicola Zingaretti la via maestra è il voto. Ricorda che lui voleva andare alle urne già quando era caduto il Conte 1 «ma poi tutto il mondo mi ha spiegato che si doveva fare. Siamo stati noi a salvare l’Italia nel dramma della pandemia, pensate cosa sarebbe accaduto se al governo se ci fosse stato Salvini».

Quindi, in caso di traslochi al Quirinale? «no a governicchi per tirare a campare». Giulio Andrrerotti gli avrebbe risposto “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Nicola Zingaretti è un’altra cosa: solo a lui, tra gli ex Segretari, hanno riservato la standing ovation alla Festa dell’Unità.