Enrico Letta e il tiro al piccione di chi sbaglia sempre la mira

Non è Enrico Letta ad essere sbagliato come Segretario del Pd. Tutti i leader del Pd saranno sempre e scientificamente inadeguati. Perché il Pd si ostina a dare le colpe dei suoi guai ai condottieri per non ammettere che con una “colpa” primordiale il Pd ci è nato.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Quella dell’onore delle armi che David Niven nei panni del colonnello inglese vincitore concesse ad Alberto Sordi nei panni cinematografici del capitano italiano sconfitto ne “I due nemici” resta una delle scene più belle ed assurde del cinema italiano.

Belle perché in essa ci sta tutta la mistica della guerra come cosa cretina che non asseconda l’indole umana a cercare empatia con tutti. Assurda perché Alberto Sordi – capitano Blasi non aveva perso lui, aveva perso l’Italia che Alberto Sordi in quel momento rappresentava con lo sguardo allocco di tutti i grulli che avevano creduto agli Immancabili Destini.

David Niven e Alberto Sordi nel film I Due nemici, di Comencini (1961)

Perciò in quel momento il capoccione dell’ufficiale divenne il totem incolpevole di una sconfitta che aveva radici molto più profonde e che sarebbe sopravvissuta allo sconfitto. Come con Enrico Letta, che a breve saprà chi dovrà succedergli alla guida di un Pd che si ostina a dare le colpe dei suoi guai ai condottieri per non ammettere che con una “colpa” primordiale il Pd ci è nato. Oddio, proprio colpa colpa non era: è stato il Partito più moderno di tutti, il primo a mollare gli ormeggi dall’ideologia per navigare nelle acque perigliose del traccheggiamento furbo della socialdemocrazia moderna.

Nulla di nuovo sul fronte Dem

Un dato, poi mitragliate pure: Elly Schlein e Stefano Bonaccini, quelli in pole dei quattro che se la giocavano per il Nazareno, hanno detto nulla di nulla di diverso da quello che nel corso della sua segreteria ha detto Letta, o che disse un Bersani illo tempore, nulla. (Leggi qui: Primarie, Bonaccini di misura: decisiva Frosinone).

In Italia l’oblio è sport nazionale più del calcio e con i soli allenatori dei social a disegnarne saccenti i tratti. La dialettica del Partito Democratico è ancorata ad un loop che sta a metà fra borghesia e “popolino” dai tempi del Lingotto perché è la sua natura ibrida ad imporglielo. Volevate un Partito moderno che seppellisse la falce e riponesse il martello? Invece di prendervela coi capi prendetevela coi tempi che fanno la lepre e con voi che non siete abbastanza levrieri, cocchi.

Il tempo del riflusso

Stefano Bonaccini ed Elly Schlein (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

E invece poi arriva il maledetto riflusso, il ritorno obbligato alla purezza primeva. E diventa scusa perfetta per dire che no, qualcuno ha toppato.

Non puoi blandire troppo il proletariato perché non c’è più e perché poi la fetta Dc ti snobba e non puoi virare troppo verso la stessa perché poi ti dicono che ti sei fatto gazzosa nel vino schietto, ti sei scordato il popolo sovrano, affamato e in attesa di una guida. Perciò a seconda di come va la vita nel Paese devi basculare verso l’una o l’altra parte.

Ma a volte la vita del Paese esce dalla modalità “Ascoli Piceno” e incappa nei marosi della geopolitica grossa assai o degli eventi planetari. Lì la rotta diventa un guaio di procella perché devi dar conto a cose più grandi di te e di chi rappresenti.

I candidati alla Segreteria in questi mesi hanno semplicemente declinato questa endiade con le diverse sfumature. Che provengono dalla loro sensibilità personale. Hanno declinato senza mai scarrocciare davvero dal mantra perché quello è e quello sarà. Ognuno di essi, chiunque vincesse, non potrà evitare di fare i conti con un Partito che è un’Idra e che Idra rimarrà.

I moventi contro Letta

Enrico Letta (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Perciò tutti gli strali verso un segretario uscente che tutto sommato è riuscito a tenere botta il 25 settembre scorso di fronte alla slavina destrorsa, hanno il tono dei moventi con cui si decolla un capro espiatorio. E non dei motivi per cui si caccia un leader inadeguato. Sono strali ex post: solo perché è nipote del vescovo del Cav, docente nella Francia con la puzza sotto il naso, sperso in una dialettica cerchiobottista un po’ sua e un po’ del mondo.

Tutti i leader del Pd saranno sempre e scientificamente inadeguati, perché la perfetta rispondenza fra le esigenze della base e la rotta del vertice politico non sono più faccenda geometrica ed eziologica dei Partiti moderni, neanche di quelli ad anima univoca, figurarsi quelli di tessuto composito. Quelli che votano in Italia sono per parte robusta pochi, storditi da social ed ignoranza, matti come la maionese e mobili come le sabbie della Guyana. Perciò il loro giudizio non dà la cifra della sconfitta di una ricetta, ma della frenesia di un popolo in cerca della sua nuova identità alla cieca, di una nave che brama il faro ed il guardiano barbuto nell’epoca del Gps.

L’onore delle armi per Letta

Enrico Letta (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Perciò ci prendiamo la mitraglia in petto e salutiamo Enrico Letta come David Niven salutò Alberto Sordi, con l’onore delle armi. Quello che si dà agli sconfitti che durante la guerra non hanno dimenticato chi erano in tempo di pace. E lo hanno fatto vedere anche sotto le bombe, per chi aveva occhi.

Ci provino gli altri, a “uscire” la bravura sulle macerie dell’ultimo triennio. Li aspettiamo con l’ansia falsa degli scettici che sanno che non è cambiato il Pd. È cambiato il mondo.