I quattro ragazzi ubriachi e l’orizzonte diverso dello sballo

Il caso dei ragazzi trovati ubriachi di mattina all'ora di scuola. Prima poteva accadere: al compleanno, alla festa con gli amici. Ora ci si vede con il fine di bere. È un orizzonte diverso. E molto più pericoloso

Paolo Carnevale

La stampa serve chi è governato, non chi governa

La prima volta che mi sono ubriacato avevo 17 anni. L’ho fatto nel modo più banale possibile; alla mia festa di compleanno, con i miei amici. Assieme alla pizza ed alle patatine, abbiamo fatto arrivare la birra ed il vino. E a un certo punto ho esagerato. Altro momento topico, quello della classica uscita per i 100 giorni della maturità: anche lì ho alzato il gomito un po’ troppo, portando a casa (come era ovvio) un gran mal di testa. Perché lo dico?

Perché quando si parla di queste cose bisogna evitare di cadere nella trappola dell’ ai miei tempi era un’altra cosa“. Non lo era affatto; per tanti (onestamente non so quanti) della mia generazione il passaggio adolescenziale è stato caratterizzato anche da questo. Non solo, ovviamente, ma anche.

Se il problema non è dunque (tanto) il fatto in sé, lo sono invece il modo, il contesto, e il rilievo sociale. Che raccontano, questo sì, di una situazione completamente diversa. Sulla quale non si possono chiudere gli occhi e fare finta di niente.

Il segnale di tanti problemi

Foto © Stefano Cavicchi / Imagoeconomica

Il riferimento è ovviamente all’ultimo fatto di cronaca che si è registrato ad Anagni poche ore fa; quattro giovani tra i 16 ed i 18 anni che si sono ubriacati di mattina in un piazzale a pochi metri di distanza da due scuole. Quattro ragazzi di età compresa tra i 16 ed i 18 anni; per uno dei quali è stato necessario l’intervento del 118.

Prima considerazione; i quattro dovevano essere (vista l’età) impegnati a scuola. Non lo erano. Ne consegue che abbiamo un problema non solo legato al consumo di alcool, ma anche al rapporto problematico con un’istituzione importante come la scuola. A  meno che non sia stata una bravata occasionale, c’è evidentemente una distanza sempre più ampia con una (forse la principale) delle agenzie educative del nostro tempo.

Seconda considerazione; il luogo ed il momento. Posto che l’alcool è comunque un problema, è singolare che tutto sia accaduto di giorno, ed in un contesto come quello di un luogo nascosto, scelto solo per bere. Nessuna traccia di un contesto conviviale; l’alcool diventa il fine, non il mezzo. E questo ci racconta di una perdita di orizzonte valoriale. Perchè se bevo (magari ad una festa, magari per sciogliermi un po’) e poi mi ubriaco è una cosa; se lo sballo è il fine premeditato, è un’altra. La sensazione è che si stia andando in questa direzione.

Il legame con la capretta

E qui il filo rosso della cronaca porta ad un evento che mesi fa ha infiammato la nostra zona; la capretta uccisa a calci da giovani che non hanno trovato di meglio da fare, alla fine di un compleanno alcolico. Lì il discorso si è avvitato sul caso della morte dell’animale, con l’intervento a gamba tesa di alcuni animalisti mediatici che hanno avvelenato il clima oltre il tollerabile; e c’è comunque una vicenda giudiziaria che va ancora avanti.

Resta la sensazione (angosciante) che lega quel caso a quello di poche ore fa. L’idea che per tutta una generazione, quella della capretta di ieri e dei ragazzi di oggi, non ci sia più un orizzonte preciso, un bagaglio condiviso. Quella consapevolezza, insomma, che fino a qualche generazione fa faceva pensare che si può anche ( a volte) esagerare, ma sapendo chi si è e dove si vuole andare. Oggi non è più così.

Una specie di sonno (alcolico) della ragione. Che, come è purtroppo noto, genera mostri.

(Foto di copertina © DepositPhotos.com)