Il mondo di Vannacci nella sala della Ragione

Il generale Roberto Vannacci presenta mercoledì ad Anagni il suo libro "Il mondo al contrario". Che propone la sua visione conservatrice della società. Resta da capire chi stabilisca cosa sia la normalità e cosa non lo sia

Paolo Carnevale

La stampa serve chi è governato, non chi governa

Nel 1962 Italo Calvino pubblica su Il MenabòSfida al labirinto“, un saggio fondamentale per capire lo scrittore scomparso prematuramente nel 1985. Sintetizzo in modo brutale: di fronte alla realtà, la strada da percorrere non può essere quella dell’accettazione acritica. O, al contrario, della sua demonizzazione retrograda. Quanto piuttosto quella della sua interpretazione, per quanto faticosa possa essere.

Ambizione forte in un Paese nel quale la realtà diventa subito il presupposto per sfide da bar, in cui conta schierarsi, non capire.

Il mondo di Vannacci

Un esempio? Le polemiche che da mesi circolano attorno al nome del generale Roberto Vannacci e del suo libro Il mondo al contrario. Che ora tornano d’attualità perché il libro verrà presentato ad Anagni mercoledì prossimo 6 dicembre, nella Sala della Ragione alle 17. Un incontro promosso dall’accademia Bonifaciana di Sante De Angelis, con il placet dell’amministrazione comunale.

Una notizia, curiosamente, arrivata proprio nelle ore in cui il generale viene nominato Capo di Stato Maggiore del comando delle Forze Operative Terrestri del Comando Operativo dell’Esercito.

Vannacci, per chi non lo ricorda, è quello che nel suo libro ( prima autopubblicato su Amazon, poi edito da una vera casa editrice) aveva sostenuto posizioni come “Anche se Paola Egonu è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità che si può invece scorgere in tutti gli affreschi, i quadri e le statue che dagli etruschi sono giunti ai giorni nostri”. E meglio tacere le riflessioni su famiglie omosessuali, lobby gay intoccabile, ambientalismo da salotto, rapporti uomo- donna eccetera.

Visione conservatrice

Foto: Emma Bauso / Pexels

Dalla pubblicazione del libro in poi si è scatenato un can can mediatico legato soprattutto alla cifra del libro. Che è quello che dimostra di essere: lo scritto di un conservatore (più giusto ‘un reazionario‘) che su molte cose ha lo sguardo rivolto all’indietro. E che crede che il progresso sia un rischio, in termini di perdita dei buoni vecchi valori di una volta. Ma tant’è; ognuno, come si è scritto, ha il diritto di scrivere quello che vuole, visto che la libertà di opinione è sacra.

Giusto. Ma qui la questione è un’altra; Vannacci cerca di proporre per tutto il libro un modello di società. E lo fa proponendo in continuazione una distinzione tra ciò che è e ciò che non è normale. Per cui l’amore etero è normale, i gay non lo sono; la famiglia tradizionale lo è, le famiglie arcobaleno non lo sono, e così via. Quello che non funziona in questo ragionamento è il fatto che una norma oggettiva, una cosa che segnali per sempre cosa è giusto e cosa non lo è, semplicemente, non esiste.

Il mondo è sempre andato avanti per scossoni della società civile, che sono stati in seguito interpretati dalla legge e dalla norma. Ciò che era norma ieri oggi non lo è più. perché il mondo cambia. Va capito, non giudicato. E quindi, ancorarsi ad una norma passata significa solo non voler affrontare quel famoso labirinto di cui parlava Calvino.

Due obiezioni

Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica

Due obiezioni veloci per finire. La prima. Si dice: ma è la tesi di Vannacci; non ha forse il diritto di proporla? Giusto. Infatti è quello che ha fatto pubblicandola. Direi che esiste lo stesso diritto di criticare. Senza che per questo si debba urlare alla censura.

La seconda. Obiezione ricorrente: ma Vannacci esprime il sentire comune. Qui forse si potrebbe ricordare che il sentire comune non è sempre sinonimo di verità. Non siamo più, e per fortuna, dalle parti di Barabba. E comunque, su molte questioni ( ad esempio, l’eutaasia legale) il sentire comune è spesso molto diverso da quello che si pensa.

Bidimedia a novembre ha pubblicato un sondaggio per il quale il 60% degli italiani era a favore dell’eutanasia legale. Vale anche qui il concetto di sentire comune?