L’asse Ventotene-Varsavia che può indebolire la Meloni

La premier vola in Polonia per "addomesticare" Morawiecki e nell'isola pontina la Schlein prepara la sua offensiva. Di concetto

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Nel nome di Altiero Spinelli per combattere “l’internazionale nazionalista”. E nel nome di Marine Le Pen per guarire Giorgia Meloni da tentazioni elettorali europee che non siano quelle di Matteo Salvini. Anzi, a dire il vero per sperare che la premier da quelle tentazioni non guarisca e consentire al suo vicepremier di calare una briscola grossa nel Pis. Giorgia Meloni è di fatto sotto attacco bifronte e i maligni dicono che quello interno della Lega potrebbe essere un attacco molto più efficace di quello esterno del Pd.

I Dem di Elly Schlein sono a conclave nell’isola pontina dove fu elaborato il celebre Manifesto “per un’Europa libera e unita”. Elly Schlein ha per corsi e ricorsi storici e per i simbolismi quell’affezione sincera a cui si ricorre in momenti particolari. Cioè quando le battaglie empiriche vanno maluccio e quelle ideologiche devono sanare le zoppie in agenda.

Le rotte: Elly sbarca, Giorgia atterra

Elly Schlein (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Perciò la Segretaria ha deciso di sbarcare a Ventotene 24 ore prima che la sua antagonista atterrasse a Varsavia. La prima per dichiarare una “guerra”, la seconda per cercare una “pace” o quanto meno un armistizio con il roccioso Mateusz Morawiecki. Da lui, dalla sua Polonia e dall’Ungheria di Viktor Orban la Meloni aveva preso distanze nette nel Consiglio Ue.

E facendolo aveva innescato un domino non solo ideologico sul tema caldo dei migranti, ma anche uno stallo pericoloso per le Europee 2024. Stallo voluto, con il quale la premier ha scelto di non scegliere – Mes docet – ed ha lasciato il cerino acceso in mano a Matteo Salvini. E il leader leghista di quel ruolo “incendiario” è stato felice. Perciò non se lo è fatto ripetere due volte, di andare al muro contro muro con la Meloni.

Ecco perché Salvini ha dato fuoco alle polveri nelle ore precedenti il viaggio di Meloni in Polonia.

Salvini incendiario per strategia

Lo ha fatto perché a lui serve libertà di manovra tra i Conservatori europei e l’ambiguità di Meloni e sul tema ha aperto un doppio fronte. Quello della collocazione di Fratelli d’Italia nello scacchiere europeo del 2024 e quello di una rotta obbligata per rendere il Carroccio “competitor” al voto che verrà. L’ha detta bene un ministro di FdI. Per lui Salvini “ha estremo bisogno di trovarsi nuovi spazi e nuove narrazioni, sennò alla campagna elettorale ci arriva senza acqua in cui nuotare.

E qual è il carburante con i cui ottani quella rotta andrà tenuta? A detta di un suo parlamentare per Salvini, “Meloni non può pensare di essere tutto e il suo contrario”. Tempo di kermesse apicali di Partito dunque, e di tenaglia attorno alla premier. Da un lato i vertici di Bruxelles della Lega che riannodano come mai prima i rapporti coi polacchi del PiS, dall’altro i vertici del Partito Democratico che si giocano la briscola di una Schlein didascalica e belluina come non mai.

Schlein è di fatto la seconda pinza della tenaglia. Il Segretario provinciale pontino Omar Sarubbo aveva detto: “Sarà una giornata particolare, intensa e politicamente molto sentita perché si svolgerà sull’isola simbolo del pensiero europeista. E poi: “Vacilla l’internazionale nazionalista. Siamo qui a Ventotene per svelare le loro bugie. Dove, nonostante il buio della prigionia e del confino per mano fascista, ha preso vita il pensiero più luminoso del secolo scorso: ‘Il Manifesto di Ventotene. Per un’Europa libera e unita’.

Diverso il pensiero di Vincenzo De Luca, che con la linea Schlein è in rotta ed ha parlato dell’ennesimo spot di concetto ma poco produttivo. Tra isola della segreteria ed Isola che “non c’è”. Insomma, mutuando dal linguaggio finanziario questo Pd pare “too big to fail”. Ma al contempo è anche “too big to live”.

La PiS-tola fumante e l’attacco dei Dem

Due gli elementi a potenziale logorio della premier. Dei Conservatori europei la Meloni è leader e la sconfessione di Polonia ed Ungheria appare un paradosso. Poi il secondo trappolone: sarà anche vero che gli attacchi dei Dem italiani sono quasi sempre concettuali e poco “tarati” sul pratico, ma la debolezza di Meloni innescata da Salvini potrebbe fare il gioco… di Schlein.

E la prova del nove della presidente del Consiglio, il varco dove il Capitano la attende, parla spagnolo. Le prossime elezioni iberiche, che precedono quelle ottobrine in Polonia, segneranno forse il ritorno di Meloni a dare input ed appoggio a Vox. A quella creatura destrorsa come poche ed in ascesa di Santiago di Abascal di cui proprio lei fu barda di pancia in un famoso comizio. E l’alternativa sarebbe la definitiva “resa” di una leader di destra che ha capito suo malgrado che essere di destra ed essere europeisti significa smussare i toni.

Gli assist di Tajani e il nodo Macron

Ed entrare quindi nel grande gioco dei moderati e popolari europei nel quale Antonio Tajani si candida a diventare mazziere. Il vicepremier numero due e titolare della Farnesina lo fa improvvisandosi regista con un riottoso Salvini. E spiegando: “Io gli faccio un assist, dicendo che con la Lega si può costruire un’alleanza in Europa, ma non con Le Pen e AfD. Non è difficile da capire”. A Salvini invece proprio quello serve: corteggiare la le Pen in chiave antri Macron sul tema urticante di banlieues e sommosse. E puntare poi a mettere Meloni all’angolo con una scelta.

O stare con il conservatori in purezza, finirla di distinguersi da Varsavia e Budapest e ricordarsi che Macron è il presidente di una certa Francia che l’Italia la sbeffeggia spesso e volentieri. Oppure scegliere l’Europa popolare, stare “con il nemico”. E indebolirsi all’interno, il che per un leader cadetto che punta a molto più che alla sopravvivenza non è mai male. Perché Salvini di essere secondo si è stancato, e le Europee lui le vede come una riscossa. Con un pizzico di vendetta.

La giornata di Elly

Il Diario delle due leader aiuta a tracciare la rotta su quello che sarà il seguito nei prossimi giorni. Elly Schlein riunisce la segreteria del Partito Democratico nell’isola che fu luogo di confino per antifascisti e dissidenti. E dai vicoli che si inerpicano fino al cimitero dov’è sepolto Altiero Spinelli, lancia la sua sfida: “sta crollando l’internazionale dei nazionalisti, nell’ipocrisia di usare la stessa retorica di odio, di muri. Lei, invece, giura di essere a Ventotene per “svelare le loro bugie“. E per opporvi la lezione dei padri fondatori del federalismo europeo, “che hanno scelto di rispondere all’odio con un’utopia“.

“Nutrire il sogno di un’Europa libera e unita” è l’imperativo che Schlein trasmette ai suoi nella riunione a porte chiuse, tracciando la rotta Dem verso “un’Europa della sanità, verde, democratica, sociale e del lavoro“. Ma soprattutto del lavoro. Non può mancare, infatti, il richiamo alla proposta unitaria sul salario minimo depositata oggi dalle opposizioni alla Camera. Schlein ne ha parlato nella sua ultima visita a Bruxelles con il commissario Nicolas Schmit ed è convinta che la direttiva europea possa rafforzare l’iniziativa di Pd, M5s, Azione, Avs e +Europa.

Sulla proposta di legge arriva anche la soddisfazione del presidente M5s Giuseppe Conte: “è una giornata molto importante. Meloni e queste forze di maggioranza devono ascoltarci“.

Quello che unisce

Mentre a Montecitorio le opposizioni compiono il primo passo comune, Schlein sprona a trovare convergenze anche su altri temi: sanità pubblica e, perché no, contrasto all’autonomia differenziata. I nostri elettori sono stufi di vedere divisioni che non sono sul merito“.

Quando qualcuno le chiede di possibili coalizioni che puntino al governo del Paese, la Segretaria non si scompone: “la coalizione non è facile da costruire quando ci sono veti incrociati, serve responsabilità“. Poi aggiunge: “se lo fanno in Germania perché non lo possiamo fare anche noi il governo di alternativa alla destra?“. Ma la priorità, in vista del voto europeo col sistema proporzionale, resta quella di dare “un’identità chiara al Pd.

A chi le fa notare le critiche interne al Partito, non mostra tentennamenti. “Ora – dice – il Pd ha un gruppo dirigente riconoscibile che non c’è negli altri Partiti, il pluralismo è fondamentale“. L’annunciata “estate militante” è già cominciata e Schlein tira dritto in un progetto che per ora compatta i Dem. Come dimostra l’attacco frontale alla Premier: “L’Europa che ha in testa Giorgia Meloni – dice – non è l’Europa dei popoli ma dei veti nazionali, come quelli dei suoi amici alleati ungheresi e polacchi“.

La giornata di Giorgia

Venerdì scorso a Bruxelles non si sono trovati esattamente sulla stessa lunghezza d’onda. Ma Giorgia Meloni, dopo aver provato a convincere Mateusz Morawiecki a condividere le conclusioni sui migranti del Consiglio Ue, ha spiegato di comprendere le ragioni della Polonia (e dell’Ungheria, l’altro Paese irremovibile): “Non sono delusa mai da chi difende i propri interessi nazionali“.

È lo spirito di amicizia e affinità politica che lega la premier e il primo ministro polacco, e che domani sarà rinsaldato nel bilaterale a Varsavia, dopo il quale i due esponenti di spicco dell’Ecr presenzieranno ai lavori del seminario organizzato dal gruppo europarlamentare dei Conservatori e riformisti sul futuro dell’Unione europea.

Il focus sarà soprattutto sul dossier migranti. E quindi la protezione dei confini esterni dell’Ue, che è anche il tema più scottante nella campagna elettorale verso la sfida elettorale in autunno fra Morawiecki e Donald Tusk. Tanto che il primo ministro uscente ha annunciato di pensare a un election day per votare nello stesso giorno anche un referendum sulla redistribuzione dei migranti prevista dal nuovo Patto su migrazione e asilo. L’esecutivo di Varsavia contrasta il principio di solidarietà obbligatoria, mettendo sul piatto l’accoglienza assicurata a milioni di rifugiati ucraini. E Morawiecki ha usato anche le immagini dei disordini in Francia per rilanciare la sua idea diversa di una “Europa dai confini sicuri”.

Le elezioni in Polonia e in Spagna potrebbero cambiare gli scenari in vista del voto di giugno 2024 per l’Europarlamento. La corsa è iniziata anche in Italia, e il centrodestra è partito tutt’altro che allineato. Giorgia Meloni per ora non entra nel vivo del dibattito, e in generale FdI lo sta seguendo con una certa freddezza. Il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, alle domande di Fanpage.it ha risposto che un’alleanza con i socialisti è certamente da escludere, mentre ha glissato sull’ipotesi di andare a braccetto con Identità e democrazia: “È ancora presto, le elezioni sono lontane“. L’unico punto fermo nel partito della premier è che prima di ogni decisione definitiva bisogna pesarsi nelle urne.