San Tommaso d’Aquino e i parenti di Ceccano

Nacque a Roccasecca e morì nell’Abbazia di Fossanova. Ma i Conti de’ Ceccano erano presenti al suo capezzale e furono determinanti per farlo Santo: anche grazie al “Miracolo delle aringhe”. È la storia di due casate strette da un matrimonio tra un ceccanese e una aquinate

Marco Barzelli

Veni, vidi, scripsi

Ceccano vuole il posto che le spetta nella tripla celebrazione di San Tommaso d’Aquino: uno dei soli 37 Dottori della Chiesa, Santi distintisi nella teologia, in oltre duemila anni di storia. Nel 2023 si sono contati 700 anni dalla canonizzazione, nel 2024 ne saranno passati 750 dalla morte e nel 2025 ne saranno trascorsi 800 dalla nascita.

Ebbene: i Conti de’ Ceccano erano al suo capezzale quando morì e fecero sì che diventasse Santo. Perché erano imparentati con il Dottore Angelico nato a Roccasecca (territorio dei Conti di Aquino) nel 1225 e spirato il 7 marzo 1274 nell’Abbazia di Fossanova.

Le celebrazioni sono state aperte in città da un Comitato promotore costituito dall’avvocato ed ex assessore Stefano Gizzi. E sostenuto dal consigliere Alessio Patriarca, che da più di un anno e mezzo ha ereditato la delega alla Cultura detenuta in precedenza dall’altro.

Ceccano e il “suo” San Tommaso

La celebrazione della canonizzazione si è sviluppata attorno alla presentazione del libro “I D’Aquino di Roccasecca – Storia di una nobile famiglia e del suo castello”: opera dello scrittore e giornalista Fernando Riccardi, storico di Roccasecca. È intervenuto anche il professor Giovanni Turco, ricercatore di filosofia politica all’università di Udine. E cultore del Santo a cui Roccasecca, tra le dieci finaliste come Capitale italiana della Cultura, diede i natali e sta dando ancor più luce. (Leggi qui: Ha vinto Agrigento, viva Roccasecca).

L’evento si è svolto nella chiesa abbaziale di San Nicola, sulle cui lapidi medievali spiccano le iscrizioni di due nipoti di Tommaso d’Aquino che hanno il suo stesso nome: Tommaso Maggiore, seniore di Ceccano, e Tommaso Juniore. Due sale del Castello dei Conti di Ceccano, da ormai due anni, sono dedicate al Santo: volute dall’allora assessore Gizzi e allestite dall’odierno delegato Patriarca.  

Il prossimo anno, in occasione dell’anniversario della sua morte, si approfondirà anche la tappa di Tommaso nel Castello Baronale di Maenza: da sua nipote Francesca d’Aquino e il marito Annibaldo II de’ Ceccano. Si ferma da loro al sopraggiungere di un male sconosciuto. Stava intraprendendo un lungo viaggio con il segretario Fra Reginaldo da Piperno alla volta del secondo Concilio di Lione: voluto da papa Gregorio X soprattutto per fare una Crociata contro i Saraceni.

Il Miracolo: non alici, ma aringhe

È a Maenza che avviene il “Miracolo delle aringhe” presentato come “prova di Santità” al processo di canonizzazione. I nipoti, preoccupati dalle sue condizioni fisiche, gli chiedono quale pietanza desiderasse più di tutte. A lui vengono in mente le aringhe che aveva tanto apprezzato in Francia. Ma stavano affacciati sul mar Tirreno ed era quasi impossibile accontentarlo. In compenso, arriva un pescatore nella piazza del Castello Baronale con l’intento di vendere alici: non proprio il pesce azzurro che desiderava. Ma, non appena aperta, vedono tutti una cesta di aringhe. Una miracolosa trasformazione che, tra tanto altro, contribuirà alla sua santificazione.

Ormai moribondo, però, chiede di essere trasferito nell’Abbazia di Fossanova. Lì viene accolto dall’abate Teobaldo, membro della famiglia comitale De Ceccano, che nel luogo sacro di Priverno avevano il Patronato.

Santo grazie ai parenti di Ceccano

Papa Giovanni XXII lo proclama Santo nel 1323, mentre San Pio V lo rende Dottore Angelico nel 1567. Nonché Patrono delle scuole cattoliche nel 1879.  Ma per la canonizzazione gioca un ruolo importante l’allora arcidiacono di Arras Annibaldo IV de’ Ceccano: cugino di Annibaldo II e venturo cardinale e braccio destro di papa Clemente VI durante la cattività avignonese: quando la sede pontificia viene trasferita in Francia per contrastare l’ingerenza della monarchia.  

Annibaldo IV, il più potente e celebrato dei Conti, andò in missione per chiedere la revoca delle condanne inflitte a Tommaso d’Aquino per le sue tesi teologiche: il ponte creato tra religione e filosofia, condividendo tesi di due grandi pensatori non cristiani, il deista Aristotele e il musulmano Averroè.

Dal gennaio 1277, infatti, papa Giovanni XXI aveva affidato le indagini al vescovo Étienne Tempier. Condannò 219 opere, tra cui quelle del futuro Santo e Dottore della Chiesa, infine revocate il 18 gennaio 1323. Sarà tutto al centro dei prossimi due convegni celebrativi.  

«Un bellissimo legame col Santo»

Il consigliere Alessio Patriarca, entusiasta, non si aspettava «una così corale partecipazione di studiosi e gente interessata a questo bellissimo legame che unisce la città di Ceccano al Dottore Angelico». Ringrazia tutti gli intervenuti: il sindaco Roberto Caligiore e don Tonino Antonetti, parroco della chiesa di San Nicola, nonché lo storico Riccardi e il professor Turco.

L’evento è stato moderato dall’operatrice culturale Maria Rosaria Fiorillo e accompagnato dal canto Adoro Te Devote: uno dei cinque associati a San Tommaso, magistralmente diretto dal maestro Guido Iorio e cantato dal suo coro.

«Con il Comitato organizzativo guidato dall’avvocato Stefano Gizzi – così il delegato alla Cultura – siamo già al lavoro per proseguire questa bellissima esperienza che ha posto la Chiesa di San Nicola al centro dell’attenzione provinciale e regionale, come luogo intimamente legato a San Tommaso d’Aquino».

«Francesca, la nipote di San Tommaso»

Avvocato Gizzi, quant’è importante il legame tra Ceccano e San Tommaso?

«Importantissimo anche a livello storico. Francesca d’Aquino era la nipote diretta di San Tommaso, poiché figlia di uno dei fratelli del Dottore Angelico. Il suo matrimonio con il conte Annibaldo II de’ Ceccano costituì un’unione politica che rinsaldo i rapporti tra due grandi casate del Basso Lazio».

Quanto erano influenti queste casate nel Medioevo?

«Sia i De Ceccano che i D’Aquino rappresentavano gli interlocutori privilegiati del Pontefice romano e del Regno di Napoli. L’unione fra i due giovani fu un dato politico di grande significato alla metà del Duecento. Alcuni studiosi indicano in Aimone d’Aquino il padre di Francesca e fratello di San Tommaso d’Aquino».

Ci parli dei nipoti riportati nelle incisioni della chiesa di San Nicola.

«Gelasio Caetani, loro stretto parente, compose il grande Albero genealogico dei Conti di Ceccano in cui segnalava che a ben cinque nati venne imposto il nome di Tommaso in onore del parente San Tommaso d’Aquino».

«Un ponte diretto con Roccasecca»

Le iscrizioni dimostrano le origini longobarde, germaniche, dei De Ceccano?

«Le iscrizioni, davvero preziose e uniche, sono in caratteri capitali longobardi. Queste due e una terza, di Berardo II de’ Ceccano, sono l’unica documentazione relativa ai Conti oggi presente a Ceccano. Tutte le probabili iscrizioni su affresco, purtroppo, sono disperse da secoli».

Ma San Tommaso è passato anche per la “Capitale” della Contea?

«Angelo Walz e Raimondo Spiazzi ipotizzano l’ultimo viaggio di San Tommaso e danno per scontato il suo passaggio a Ceccano. Molte volte scendeva da Roma a Napoli o viceversa. Passava normalmente dai suoi parenti D’Aquino e più su dai De Ceccano. Cosa ovvia, anche per motivi di sicurezza. Nella Contea di Ceccano le strade erano sicure dai briganti, perché i de Ceccano avevano guardie armate in notevole misura».

Ceccano sta creando un ponte con Roccasecca?

«La presenza di Fernando Riccardi, con il suo ottimo libro sui Conti d’Aquino e la Città di Roccasecca, ha significato molto per avere un legame diretto fra Ceccano e la cittadina natale di San Tommaso. Con i professori Riccardi e Turco, insigne studioso del Santo, ci rivedremo presto per concertare le altre iniziative culturali».