Sta franando tutto: vertice urgente Cgil, Cisl e Uil

Vertice urgente di Cgil, Cisl e Uil dopo l'addio di Iamunno alla Ciociaria. E soprattutto le accuse ad un sistema che non funziona: "Non mi hanno messo in condizione di lavorare”. Altre imprese Ciociare hanno già scelto di non ampliare qui i loro capannoni. Ma di farli in Francia, Germania, Polonia. I sindacati: "Sdegno e preoccupazione”

Gli industriali compattano i sindacati. L’addio dato alla provincia di Frosinone dal vice presidente di Unindustria Gerardo Iamunno è stato un colpo allo stomaco. Perché era venuto in Ciociaria 25 anni fa per investire e risanare ed ha centrato il bersaglio: la Gran Tour di Paliano è diventata un’eccellenza nel settore dell’arredo bagno. Ha proposto ed innovato, assunto e rilanciato, creato ed affermato. Va via senza lasciare buchi: gli ottanta dipendenti sono stati risistemati. Soprattutto lascia una denuncia morale che scuote il territorio fino alle fondamenta: ha detto di andare via «Non per mia incapacità ma perché non sono stato messo in condizione di lavorare».

Miriam Diurni

Il segnale d’allarme lo aveva acceso un anno fa la presidente di Unindustria Miriam Diurni. L’aveva fatto evidenziando che qui le imprese non vengono viste come quelle che portano lavoro, stipendi, stabilità: ma come un nemico da abbattere. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 12 luglio 2023).

Appena ha messo piede in Friuli Venezia Giulia Gerardo Iamunno s’è ritrovato seduto al suo fianco in conferenza stampa il Governatore Massimiliano Fedriga. mentre qui ha visto solo burocrati che hanno fatto di tutto per non far funzionare lo sviluppo.  La Gran Tour ad un certo punto deve cambiare una banalissima caldaia per metterne una più moderna, pulita e meno inquinante. «La usavamo per bruciare i trucioli della lavorazione, era del 2002: non l’ho cambiata perché temevo che non mi sarebbe mai arrivata l’autorizzazione». Ed il caso non è isolato. (Leggi qui: Iamunno se ne va, “In Ciociaria non si può fare industria”).

Vertice urgente dei sindacati

I sindacati sono molto preoccupati. Sanno bene che Gerardo Iamunno rischia di essere solo il primo. E che altri lo seguiranno nei prossimi anni. Catalent ha già spostato nel Regno Unito i cento milioni di euro che invece aveva pianificato di investire ad Anagni. La Saxa Gres ha rinunciato ad un aggiornamento tecnologico per la stessa ragione denunciata da Iamunno: rischiano di passare sette anni prima di avere tutte le autorizzazioni.

Gerardo Iamunno (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

I fondi inglesi che avevano investito sul progetto di Anagni e su quello della Grestone di Roccasecca sono rimasti sbalorditi quando al Ministero viene firmato l’accordo di programma e l’azienda pone una sola condizione: “Il Governo si impegni a rispettare i tempi di legge”. C’è bisogno di dire allo Stato che deve rispettare i tempi indicati per legge dallo Stato? In Italia si.

C’è un’evidenza con la quale tutti si devono confrontare: Amazon ha il suo polo logistico a sud di Roma a due passi dal casello di Colleferro. È stata attentissima a non far ricadere un solo metro dei suoi capannoni in provincia di Frosinone: un motivo ci sarà. Ce n’è più di uno: qui se metti un palo della luce ti ritrovi con un fascicolo aperto (lo ha raccontato Iamunno), se provi a mettere un impianto green per produrre energia tutti dicono di no e poi stanno zitti se lo stesso impianto lo fai pochi chilometri più in là. Qui c’è una tassa sull’aria che nella provincia di Latina e nella provincia di Roma non si paga perché la legge è stata scritta così.

I sindacati sanno che se si apre una breccia nella diga è la fine. Non importa se è piccola e se vale ‘solo’ ottanta posti di lavoro. È l’inizio del crollo. Per questo i Segretari Generali Provinciali di Cgil – Cisl – Uil hanno deciso di vedersi con urgenza mercoledì. Per ora manifestano “sdegno e preoccupazione per l’ennesima tegola che si abbatte sull’economia di questo territorio.

Lo sfogo di Patrizi

Giuseppe Patrizi è stato commissario e presidente della Provincia di Frosinone. Da lui erano andati gli industriali lamentando le assurde lentezze nell’esaminare le richieste di autorizzazione avanzate dalle fabbriche. Nessuno chiedeva di ridurre i controlli e nemmeno di avere sconti: ma di esaminare le pratiche negli stessi tempi di tutta l’Italia. A Frosinone si impiegava il doppio.

Non era una fissazione degli industriali. I sindacati erano scesi in campo al fianco degli imprenditori firmando insieme un documento nel quale si chiedeva l’intervento del Governo.

Nel frattempo, tanto per essere concreti, almeno una mezza dozzina di medie imprese della provincia di Frosinone ha deciso di non allargare il suo stabilimento in Ciociaria. Ma di farne uno nuovo o in Francia, o in Germania, o in Serbia, o in Polonia: regole chiare, burocrazia comprensibile, controlli severi ma in tempi rapidi. In due settimane hai le licenze ed anche il conto aperto in banca. Chiaro perché qui non nascono i nuovi posti di lavoro?

«Avevo provato a migliorare le cose, individuando una procedura snella ed all’interno della legge. Non l’avevo fatto in una riunione carbonara ma in un tavolo riunito nel palazzo di Governo alla presenza del Prefetto. Anche perché in poche settimane le aziende avevano presentato ben 15 denunce al Tar contro la Provincia e la prima serie di cause ci aveva visto sempre perdente» ricorda oggi Giuseppe Patrizi. Per evitare di perdere tutte le cause e dover pagare anche i danni vara la nuova procedura. Risultato? Arretrato quasi azzerato ma Patrizi è sotto processo. Non per avere preso tangenti o favorito le aziende, l’ha specificato lo stesso procuratore della Repubblica nella prima udienza. Allora perché lo stanno giudicando? Per avere sostituito un dirigente.

Diranno che le cose sono migliorate. O che le cambieranno. Gli Iamunno hanno già fatto le valigie e si sono sistemati al Nord. Gli altri hanno fatto gli stabilimenti non in Ciociaria ma in Germania, Francia, Polonia e Serbia. È la sostanza quella che conta.