Top e Flop, i protagonisti di giovedì 9 maggio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 9 maggio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 9 maggio 2024.

TOP

CORRADO FORMIGLI

Corrado Formigli

La certificazione della sua “difficoltà” Corrado Formigli l’aveva già fatta arrivare da Veroli, quando un anno fa era arrivato in città per il Festival della Filosofia. Il giornalista ed autore-conduttore di Piazza Pulita aveva, tra le altre cose, spiegato la sua posizione di “bannato” dal centrodestra, specie da FdI. Che accadeva? Che la più parte degli esponenti facenti capo al Partito guidato da Giorgia Meloni avrebbero deciso (Formigli tradusse “subìto la decisione”) di non andare in trasmissione.

Il giornalista viene considerato “fazioso” nel mainstream dell’esecutivo. E, tranne pochissime eccezioni (tra cui spicca cum laude il ministro Guido Crosetto) non ha pressoché mai avuto gente “di Meloni” in studio.

Cosa è cambiato: Europee e par condicio
Una puntata di Piazza Pulita

Tutto bene, nel senso che di quella faccenda ognuno aveva dato la sua lettura: Formigli spiegandone il meccanismo “subdolo” ed accreditandosi come master. Ed i politici di destra ribadendo la loro scelta e dipingendosi come vittime di un’informazione “teleguidata” dalle opposizioni.

Oggi però le cose sono cambiate, Formigli è in difficoltà e saggiamente lo ha evidenziato. In che modo e quale sarebbe lo scenario mutato? E’ quello della par condicio. Cioè lo scenario per cui ed ex lege ogni area ed esponente dovranno essere “bilanciati” in virtù della campagna elettorale per le Europee.

Formigli ha spiegato quindi di trovarsi “in difficoltà con la par condicio. Su Piazzapulita c’è un veto di Fdl, non vengono in trasmissione. Lo chiedo all’Agcom. Se non ospito politici di FdI posso invitare quelli del Pd o di altri partiti?. Il problema c’è e come, dato che l’Autorità di riferimento detta legge in senso stretto. E “sia per i telegiornali, sia per i programmi di informazione, non si limiterà a valutare la quantità di tempo fruita dai soggetti politici nella programmazione”.

I criteri di valutazione di Agcom
Foto: Marco Carli © Imagoeconomica

No, essa “considererà le fasce orarie in cui l’esposizione dei soggetti avviene, sulla base degli ascolti registrati dall’Auditel. Inoltre, nella valutazione dei programmi di informazione, si terrà conto anche della loro periodicità”. Ma se da Formigli i “Fratelli” non ci vanno, come farà Formigli ad essere equanime? Dovrà rinunciare ad almeno una-due tranches di ospiti di centro sinistra? Anche perché il rischio di sanzioni c’è.

E “l’Autorità interverrà tempestivamente in caso di squilibri”. Lo farà “mirando ad assicurare un dibattito politico corretto e pluralistico”. Quello “e condizioni di parità di trattamento tra i soggetti partecipanti alla competizione elettorale”. Le regole sono regole ecumeniche. Cioè applicate “in modo uniforme per la RAI e per le emittenti private”.

Sono state “fissate dalla legge e richiamate tanto dalla delibera della Commissione di vigilanza quanto dal proprio regolamento approvato” e per Formigli rischiano di diventare capestro. Oppure ottima sponda per un caso.

Agcome?

ANTONIO TAJANI

Antonio Tajani (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Quasi ogni cosa e circostanza dicono ormai come il vero “Motore immobile” della maggioranza guidata da Giorgia Meloni sia Antonio Tajani. Il vicepremier, ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia equalizza dove c’è bisogno di equalizzare, smorza dove le opposizione vanno in modalità ariete. E mette a registro parossismi ed imbarazzi fino a renderli vie politiche obbligate ma mai traumatiche.

Ora, a contare che in quanto a “traumi” gli ultimi giorni di Giorgia Meloni hanno visto il “cazzotto” del caso Santanchè arrivarle dritto in petto la funzione di Tajani è stata cruciale. Per la premier è stata come il gel dell’uomo all’angolo del ring. La richiesta di rinvio a giudizio per la ministra del Turismo e il compagno Dimitri Kunz nell’inchiesta sulla presunta truffa aggravata ai danni dell’Inps ha fatto precipitare ancor di più le quotazioni di Santanchè e dell’Esecutivo che la difende.

Un caso imbarazzante, poi un altro
Giorgia Meloni

Serviva un argine di chiarezza senza polarizzare e Tajani è stato magistrale. Non ha rinunciato a pungere perché è pur sempre un politico d’aera. “Le opposizioni le chiedono ogni due minuti le dimissioni”. Ma neanche ha rinunciato ad ammettere che c’è ormai una deadline che dopo il voto europeo verrà affrontata. “C’è una richiesta e quando ci sarà la decisione ne parleremo”.

Che significa? Che ove un giudice terzo dovesse ritenere che esistono i presupposti per un dibattimento allora il passo indietro della Santanchè sarà quasi obbligato. E a chiosa: “Questo caso non crea nessun imbarazzo al governo, è una questione di sensibilità personale, spetterà alla ministra Santanchè decidere. Io sono un garantista, lo sono con tutti e lo sono stato anche quando c’è stata la vicenda Decaro. Non vado mai ad accanirmi contro le persone. Credo che i cittadini oggi vogliano le soluzioni, non liti personali e strumentalizzazioni”.

La “tegola” ligure
Giovanni Toti (Foto: Paolo Cerroni / Imagoeconomica)

Poi in queste ore è arrivata la tegola inside del caso Toti e dell’arresto del governatore ligure. Ebbene, anche lì Tajani è stato acuto e pacato.

“Io sono garantista, per me una persona è colpevole soltanto quando è condannata al terzo grado di giudizio. Lo sono per le persone come il presidente Toti che sono di area centrodestra come lo sono per persone che possono esser coinvolte in altre inchieste, di aree di centrosinistra. Sono convinto che Toti farà di tutto per dimostrare la propria innocenza, l’estraneità alle accuse che lo riguardano e quindi vorrei essere per lui ottimista e fiducioso”.

Su Santanché in poche e stringate frasi Tajani ha ammesso che c’è un caso, che quel caso è arrivato al suo terminal di tolleranza e che la sola a risolvere davvero quel caso dovrà essere l’indagata. Prima ancora della premier ed entro quest’anno, calendario d’udienza permettendo. E sul caso Toti ha dimostrato equilibrio assoluto: bipartisan.

Di nulla, Giorgia.

FLOP

DANIELA SANTANCHE’

Daniela Santanché (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

“Anni e anni di governi di sinistra e scioperano ora perché la Rai non fa informazione libera. Allora prima non erano liberi di scioperare?. Non l’abbiamo capita davvero, o meglio, abbiamo capito benissimo che la ministra del Turismo ha deciso di capovolgere del tutto la clessidra di una ragionamento tanto elementare che a volerlo far ruotare si rischia di fare una figura barbina. Ecco, Daniela Santanchè, fresca di ritorno da Dubai, quella figura barbina l’ha fatta tonda tonda e l’ha fatta in merito allo sciopero in Rai di domenica scorsa. Quello su cui molti media d’area parlano di flop o di “fine del monopolio di sinistra in tv”.

In questi giorni le polemiche si sono sprecate ed ognuno ha detto, tra partigianamente ed empiricamente, la sua. Ecco, diciamo che solo la titolare del Turismo ha messo a crasi partigianeria (legittima e dovuta) ed assoluta incapacità di dare un focus cartesiano alla stessa.

Lo sciopero e la chiave di lettura
La sede Rai di Viale Mazzini (Foto: Livio Anticoli / Imagoeconomica)

Il dato e semplice: non è che i giornalisti prima non erano liberi di scioperare e la Santanchè ha azzeccato una stoccata rovente e centrata. E’ che i giornalisti Rai hanno ravvisato solo con questo governo, quello in cui sta lei, oltre che in fascicolo penale, le condizioni per proclamare uno sciopero. Non è difficile no? Eppure il comunicato di annuncio dell’iniziativa parlava chiaro.

“I giornalisti e le giornaliste della Rai, per la prima volta dopo molti anni, si asterranno totalmente dal lavoro”. Questo “per protestare contro le scelte del vertice aziendale che accorpa testate senza discuterne col sindacato, non sostituisce coloro che vanno in pensione e in maternità facendo ricadere i carichi di lavoro su chi resta, senza una selezione pubblica e senza stabilizzare i precari, taglia la retribuzione cancellando unilateralmente il premio di risultato”.

Ministra ma non… per tutti

Una di esse, Federica Bambagioni del Tg2, ha portato all’attenzione pubblica esempi pratici della “mordacchia”. “(…) E’ diventato di dominio pubblico il tentativo della Rai di censurare un monologo sul 25 Aprile, salvo poi, in evidente difficoltà, cercare di trasformarla in una questione economica”. E la chiosa: “Preferiamo perdere uno o più giorni di paga, che perdere la nostra libertà, convinti che la libertà e l’autonomia del servizio pubblico siano un valore di tutti. E la Rai è di tutti.

Ed essendo la Santanchè ministra e quindi in un certo senso anche essa “di tutti” quando tira fuori cappellate del genere giorni dopo il fatto mette in difficoltà non chi la osteggia, ma chiunque abbia buon senso.

E dai…

GIUSEPPE VALDITARA

Giuseppe Valditara (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

“Tomo tomo cacchio cacchio”, avrebbe detto Totò. Per i cinefili non scafati sarebbe quella modalità un po’ sorniona con cui l’essere umano piazza caselle, a volte poco opportune, nei sistemi complessi dei quali vuole essere capo, più che parte. E il ruolo, nel caso di specie, pare modellarsi benissimo sulle ultime manovre del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

Ministro che stando ad alcuni media avrebbe già sceneggiato una mezza rivoluzione. E “deciso di rimettere mano a quelle che sono le fondamenta della scuola: le Indicazioni nazionali e le linee guida”. Sarebbero quelle del primo e secondo ciclo dell’istruzione. Sì, ma di cosa parliamo a dirla più “papale”?

I programmi e la loro riforma

Dei programmi, dei benedetti programmi seppelliti anch’essi dalla nuova ondata neologistica, quella che ha ammazzato il bidello e fatto risorgere dalle sue ceneri l’operatore tecnico orizzontale. Il Fatto Quotidiano spiega che “dal 2012 non c’è più il vecchio programma ma in questo documento vengono definiti ad esempio gli obiettivi di apprendimento (uso delle fonti, etc) per ogni disciplina in ogni classe”.

Cosa c’è o ci sarebbe che non va? Il fatto che Valditara pare stia mettendo in atto “un vero e proprio blitz, di cui sono a conoscenza solo persone vicine al ministro leghista”. Il che lascerebbe presupporre che lui stesso sia consapevole che la rivoluzione di cui vuole essere “padre” forse non sarà graditissima.

Il decreto e la commissione
Foto © DepositPhotos.com https://it.depositphotos.com/stock-photography.html)

Pare che dal Lungotevere sia partito un decreto “ancora in fase di registrazione e perciò non ancora pubblicato sul sito del dicastero” con il quale verrà istituita la solita, onnipresente e cupa “commissione di studio”.

Essa sarebbe “composta da esperti di comprovata qualificazione scientifica e professionale con il compito di elaborare e formulare proposte volte alla revisione delle Indicazioni.

D’altronde Valditara ha appena deliziato il mondo, parrebbe, con una chicca: “A scuola si insegna troppa roba. A che serve studiare i dinosauri in terza elementare?”.

Che significa? Che c’è in giro aria di revisionismo tecnico e di merito, e che i soliti “saggi” che se ne vogliono far carico potrebbero essere saggi a gettone ideologico. Il che, se fosse vero, non è mai un bene, chiunque li metta sui loro scranni.

“Giurassico”.