Top e Flop, i protagonisti di giovedì 19 ottobre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 19 ottobre 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 19 ottobre 2023.

TOP

GIANCARLO GIORGETTI

Il ministro Giancarlo Giorgetti

Giancarlo Giorgetti è forse quello, tra i ministro del governo Meloni, che più di tutti rappresenta la purezza della competenza. Nessun altro si adombri ma Giorgetti ha dalla sua due skill non da poco. Innanzitutto è “recidivo” in quanto a ruolo d’area a Palazzo Chigi, il che lo fa esperto.

Poi è molto poco “politico” e decisamente tecnico, il che fa di lui la persona giusta per fare foto e quella più sbagliata di tutte per abbozzare affreschi in acquerello. E quel che Giorgetti pensa è quasi sempre quello che nel settore affidato a Giorgetti accadrà. Lo provano le sue argomentazioni in tema di Mef e manovra.

“Il nuovo scenario programmatico prevede proventi da dismissioni pari ad almeno l’1 per cento del Pil nell’arco del triennio 2024-2026”. Insomma, il preambolo della manovra 2024 appena approvata è bigio: ancora una volta puntiamo a fare cassa vendendo un altro po’ di argenteria.

“Per quanto riguarda il rapporto tra debito pubblico e Pil, la recente revisione al rialzo della stima Istat del Pil nominale dello scorso biennio, pari all’1,9 per cento per il 2021 e al 2,0 per cento per il 2022, ha portato a una riduzione del rapporto debito/Pil, che si attesta a fine 2022 al 141,7 per cento dal 144,4 stimato in precedenza”. Tradotto: in Italia produciamo 100 ma spendiamo 141,7 e la differenza la mettiamo facendo debito, però le cose vanno meglio perché prima spendevamo 144,4. Il 41,7 che manca lo mettono gli italiani comprando i buoni postali e del Tesoro: proprio per incentivarli la manovra prevede di non considerarli quando si deve calcolare la ricchezza di ciascuna famiglia con l’indicatore Isee.

Poi la chiosa: “Tuttavia, in prospettiva, i livelli più elevati del fabbisogno di cassa, ora attesi nel periodo 2023-2026 per il Superbonus incidono sfavorevolmente sulla dinamica prevista del rapporto debito/Pil”. Questo “facendo sì che nello scenario tendenziale quest’ultimo resti al di sopra del 140 per cento fino a tutto il 2026″. Ulteriore traduzione: il Superbonus è stata una scemenza pazzesca ed ora fino al 2026 dobbiamo pagare, sperando di rimanere a galla.

Son vacche magre, ma almeno nessuno le ha dipinte come grasse frisone da latte. Per poi giocarsi le “briscole d’oro” di flat tax e pensioni, tanto per dire.

Severo ma onesto.

EMANUELE CAPRI

Ll Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il cavaliere del Lavoro Enrico Grassi e l’Alfiere del Lavoro Emanuele Giuseppe Capri

Il premio glielo ha consegnato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nelle ore scorse: ma è quello sbagliato. Lo hanno premiato perché è uno dei 25 migliori studenti in Italia e per questo l’hanno chiamato al Quirinale consegnandogli il titolo di Alfiere. Era un altro il premio giusto da assegnare ad Emanuele Capri, il diciottenne originario di Labico studente del Liceo Bonifacio VIII di Anagni. Era il premio alla normalità.

Perché Emanuele studia ma non è un secchione, porta buoni voti ma non ha scavato fosse con le ginocchia davanti al totem della devozione totale ai libri. Esce, ha amici, suona la batteria ed il piano che – tra l’altro, ha imparato da solo.

Per decenni abbiamo costruito il modello di una scuola nella quale contasse solo il numero. L’importante era solo il voto finale: a domanda precisa si dia risposta precisa e sulla base dell’esposizione c’è il voto; se al posto della prof ci fosse un computer sarebbe lo stesso. Così sono cresciute generazioni di ragazzi che hanno infilato a malavoglia nella testa tonnellate di concetti che hanno dimenticato il giorno dopo l’interrogazione.

La scuola è altro. Dovrebbe essere altro. È appassionarsi alle scienze, al sapere, al conoscere. È il semenzaio della curiosità. E’ il luogo dove si impara che la sete di conoscenza si placa aprendo un libro ed andando a cercare la risposta. Invece oggi l’Italia di Dante e Leonardo è quella che sta al vertice delle classifiche sull’analfabetismo di ritorno e funzionale: abbiamo anche dimenticato come si legge e come si comprende.

Emanuele e la sua normalità andavano premiati perché la vita è fatta di tanti aspetti ed i risultati arrivano con l’impegno ma non solo. Se dietro c’è la passione, l’impegno non è fatica. E questo ha ricordato a tutti Emanuele: che lo studio deve essere innanzitutto passione per il sapere e non la caccia esasperata al voto più alto.

La normalità dell’Alfiere.

FLOP

PAOLO BERTOLUZZO

Paolo Bertoluzzo (Foto: Canio Romaniello © Imagoeconomica)

Oggi è forse l’uomo più in bilico della composita galassia di società collegate al buon nome dei conti pubblici. Paolo Bertoluzzo è infatti alla controversa guida di Nexi. Di cosa parliamo? Dell’azienda “miracolosa” a capo dell’offerta di servizi e infrastrutture per il pagamento digitale per banche, aziende, istituzioni e pubblica amministrazione.

A suo tempo venne definita in pompa maxima la European Pay Tech Company d’Europa. A farlo fu proprio Bertoluzzo, che però è a capo di un leviatano sgonfio. Anche il predecessore di Bertoluzzo aveva usato il lessico di magniloquenza: era il campione nazionale dei pagamenti europei da Cassa depositi e Prestiti.

Poi Fabrizio Palermo era passato alla guida di Acea per equalizzare le grane sui rifiuti di Roberto Gualtieri e il cerino acceso era transitato tra le dita di Bertoluzzo. Nexi è creatura giovane ed ha solo anni “grazie alla fusione per incorporazione delle società specializzate nei pagamenti Sia e Nets”.

E purtroppo i sui azionisti sono già idrofobi. AdnKronos spiega chi sono. “I fondi americani Bain e Advent (uniti in Mercury con Clessidra, 9,4 per cento), Hellman & Friedman (19,9 per cento), il fondo sovrano di Singapore GIC (2,1 per cento). Le lussemburghesi Eagle (6,08 per cento) e Alliance & Bernstein Europe (5,06 per cento), Cassa Depositi e Prestiti (13,5 per cento) e Poste Italiane (3,5 per cento)”.

Tuttavia i guai grossi riguarderebbero in particolare quel 41% “di azionisti di minoranza che formano il flottante di Borsa. Alcuni, soprattutto i soci rilevanti, saranno costretti ancora una volta svalutare la partecipazione nella società nel 2023, come già fatto nel 2022”.

Nexi ha insomma guai grossi e Bertoluzzo ha grane immense, e non è detto che arrivi al canonico “panettone”.

La deadline di Halloween.

QUELLI CHE LA ZES…

Correre a chiudere la stalla dopo che i buoi sono fuggiti e stanno ormai comodamente accampati sulle colline è sport nel quale gli italiani primeggiano. Al punto che in molte partite s’è avuto il sospetto fossero d’accordo con i bovi affinché facessero meno rumore possibile durante la fuga e poi loro potessero strepitare più forte. È quanto sta accadendo oggi con le Zes, le Zone Economiche Speciali dove le aziende avranno fortissimi sconti sulle tasse, nel tentativo di stimolare la ripartenza.

Le province di Frosinone e Latina non saranno Zes. Ma saranno circondate da aree Zes. È lo stesso che accadde quando finì la Cassa per il Mezzogiorno e vennero istituite le zone Obiettivo 1: la Ciociaria non ne fece parte ma la Campania ed il Molise si e fu la corsa a sbullonare gli impianti dal Cassinate per spostarli d’una quindicina di chilometri oltre il confine.

A pochi giorni dalla decisione definitiva è tutto un correre ad appellarsi e chiedere l’impossibile. Ciociaria e Pontino non sono Zes per lo stesso motivo per cui non furono Obiettivo 1: non stanno in un’area di crisi perché i numeri di Roma alzano la media e coprono la nostra situazione di declino.

Oggi chi strilla lo fa essenzialmente per dovere d’ufficio. Ma quando nella scorsa Legislatura si prendevano le decisioni che si stanno per applicare oggi dove stavano i nostri parlamentari?

Il Movimento 5 Stelle ne aveva ben tre: Frusone, Segneri e Fontana; non pervenuti. La Lega aveva in Aula Zicchieri e Gerardi. Eppure tutti sono stati nelle maggioranze di governo che hanno caratterizzato quell’esperienza, stavano dove si comanda e si decide. Fratelli d’Italia esprimeva Massimo Ruspandini ma stava all’opposizione e da lì ha tuonato sulle Zes, inascoltato. Il Partito Democratico non esprimeva parlamentari del territorio perché da qui votammo i 5 Stelle ma nonostante questo Francesco De Angelis riuscì a fare squadra con l’onorevole Claudio Mancini ed a proporre che i benefici andassero alle aree ex Casmez.

Ora è tardi. L’unica cosa realistica è quella indicata da Nicola Ottaviani: lavorare su ammortizzatori per le zone di confine. O da Mancini riprendendo l’azione avviatab con De Angelis: allargare all’ex Casmez. Il resto sono solo chiacchiere.

Chiudi che sono andati via.