Top e Flop, i protagonisti di martedì 9 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 9 gennaio 2024

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 9 gennaio 2024.

TOP

MATTEO GARRONE

Matteo Garrone (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

Qui non si tratta di essere pelosamente complottisti ogni volta che un’opera italiana non va a meta secondo aspettative nostrane. Né si tratta di incoronare personaggi come vincenti a prescindere con la tigna di chi non li ha visti salire sul podio ufficiale. Insomma, non c’è nessun provincialismo tricoloreggiante nel dire che Matteo Garrone ed il suo “Io Capitano” sono in spunta di merito.

Si tratta, molto più semplicemente, di comprendere una volta per tutte che i parametri del cinema made in Hollywood non sono quelli che noi adottiamo per valutare la nostra settima arte. Loro hanno creato apposta la categoria “Blockbuster” per lisciare l’insulso Barbie, che è come mettere un pechinese a fare il lavoro di un San Bernardo.

Perciò che l’opera di Garrone non abbia beccato neanche un riconoscimento ai redivivi Golden Globe Usa non fa tanto specie. Ci sta e non fa curriculum sulla valutazione del film. Noi che quel film lo amiamo non dobbiamo invocare camarille oscure che ci escludono dalle giostre che contano.

E chi tra noi che non lo amasse (legittimamente) non deve additare le pelosità ideologiche di un certo cinema prog che vuole a tutti i costi una medaglia quando invece il mondo non gira tutto intorno alla nostra lemme introspezione su celluloide. Quella che a suo tempo, tanto per dire, fece di un soggetto grandioso come El Alamein un polpettone tale da spedire sotto morfina anche un reduce di quella battaglia.

Garrone ha tirato fuori dal cilindro l’ennesimo splendido lavoro, attuale, avvincente, empatico, ben fatto e commovente. E la scena iniziale delle ragazzine impegnate a Dakar nell’agghindarsi “fashion” in un mondo bigio di morte vale da sola tutti i Golden, forse al netto di Oppenheimer che sul podio ci è andato meritoriamente.

Che Garrone fosse bravo davvero lo sapevamo, ma che ce lo confermasse in maniera così struggente no, non ce lo aspettavamo affatto.

L’altro carpet.

L’ARMA DEI CARABINIERI

Foto © Stefano Strani

Usi ad obbedir tacendo e tacendo morir: la loro storia è piena di pagine eroiche. E di figure che vanno oltre l’eroismo. Celebrate in centinaia di pagine che sono parte indelebile della nostra letteratura: come I racconti del maresciallo, di Mario Soldati, portati in tv da un impareggiabile Turi Ferro; mentre al cinema li ha resi celebri un monumentale Vittorio De Sica.

I carabinieri sono un pezzo della storia d’Italia. Nella vecchia Scuola Sottufficiali si insegnava agli aspiranti marescialli che le indagini si fanno con la suola delle scarpe: passeggiando, ascoltando, facendosi vedere. Prevenzione, acquisizione e comprensione In una semplice passeggiata; stare in mezzo alla gente per capirla e tutelare la loro sicurezza

Gli italiani lo sanno, a prescindere dalle 19 medaglie d’oro al Valore Militare ed al centinaio di medaglie alla memoria affisse alla bandiera dell’Arma. È per questo che nel momento in cui non sanno più a chi rivolgersi, con chi lamentarsi, a quale santo votarsi, compongono il numero di emergenza dei Carabinieri.

O vanno nella loro caserma, come ha fatto l’altro giorno un 45enne del circondario presentatosi alla Compagna Carabinieri di Pontecorvo dicendo al piantone «Ho fame, non mangio da giorni, non ho i soldi per comprarmi niente». Avrebbero potuto indirizzarlo alla Caritas, dirottarlo verso la canonica del parroco, dirgli semplicemente “non è mestiere nostro”. E invece hanno fatto altro. Hanno aperto la dispensa e dato da mangiare

I carabinieri si occupano di delinquenti, ladri, assassini, spacciatori ma sotto ogni divisa batte un cuore e c’è un’anima. È per questo che prima di ogni cosa hanno subito provveduto a sfamare l’uomo e poi a fargli la spesa per i prossimi giorni. Perché i carabinieri sono questo: uomini in divisa, italiani con gli alamari, una delle parti migliori del Paese.

Sotto la divisa batte un cuore.

FLOP

ROBERTO OCCHIUTO

Roberto Occhiuto (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Un’informativa di Prisoner Defenders diramata poche ore fa rimette il Presidente della Regione Calabria al centro di una vicenda molto ma molto delicata. E quella per cui la Calabria è stata nientemeno che segnalata alla corte dell’Aja per “schiavitù” da un report dell’Onu. Perché? C’entrano Cuba, i medici isolani, la sanità italiana al collasso ed una lettura magari pelosa, ma oggettiva di quanto si contesta alla Regione Italiana (e non solo) guidata da Roberto Occhiuto?

Perno della vicenda sono 497 medici cubani. Erano stati assunti dalla Giunta Occhiuto nel 2022 con formula a tempo determinato. Tuttavia adesso la Corte penale internazionale vuole far luce. L’uovo di Colombo era stato quel protocollo per cui la Calabria aveva esercitato la facoltà di “affittare” da Cuba il personale sanitario.

Il guaio è che, come ha spiegato Prisoners Defenders, “il grosso degli emolumenti li prende il regime dell’Avana. Nel caso particolare, in Calabria, su 4.700 euro pagati dalla rRgione a ogni medico ne vanno solo 1.200. Ecco il meccanismo spiegato facile. “Il 17 agosto 2022, il Governo della Regione della Calabria (Italia) avrebbe firmato un accordo quadro con la Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos S.A. per l’assunzione di personale medico cubano (…) La clausola 4.1 e 4.2 dell’accordo quadro stabilisce che l’importo totale dello stipendio per persona medica è di 4.700 euro, ma 3.500 euro sono trasferiti dal Governo della Calabria alla Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos.

“Comercializadora che è di proprietà dello Stato cubano, sotto la supervisione del Ministero della Sanità Pubblica cubano. Pertanto, a ciascun operatore sanitario viene corrisposto solo un importo di 1.200 euro. Un reddito di 1.200 euro lordi è considerato insufficiente per la sussistenza in Italia, anche alla luce dei recenti tassi di inflazione. Paradosso nel paradosso: qui da noi un italiano di ceto medio basso che li beccasse, 1.200 euro, si sentirebbe un re.

E le conclusioni della Carta d’accusa dell’Onu? Drastiche: “Le condizioni di lavoro a cui sarebbero sottoposti i lavoratori di diverse categorie professionali potrebbero costituire lavoro forzato. Questo secondo gli indicatori di lavoro forzato stabiliti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Occhiuto ma non troppo.

GIUSEPPE SANTALUCIA

Giuseppe Santalucia (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

La sua posizione è chiara. E non si stanca di ribadirla. Soprattutto ogni volta che in lontananza si vedono gli accenni di una riforma della Giustizia con la quale prendere atto di ciò che in questi anni non ha funzionato, rendendola più snella ed efficace. Come in questi giorni. Giuseppe Santalucia è presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati ed è fermamente contrario alla riforma del reato di Abuso d’Ufficio. Cioè il reato commesso da chi ricopre un incarico o una funzione pubblica abusando dei propri poteri connessi al suo ufficio.

È il reato nel quale incappa la quasi totalità dei sindaci. Ed in forza del quale, ammette anche la Corte dei Conti, esiste la paura della firma da parte dei pubblici funzionari. Perché? Il problema non è tanto il reato ma come è stato scritto: molti professori di Diritto considerano il testo di quella norma troppo vago e per questo soggetto anche a possibili interpretazioni arbitrarie.

Prima, il 90% di quello che oggi è abuso d’ufficio non era nemmeno competenza delle Procure. Ma delle Scael – Sezioni di Controllo sugli Atti degli Enti Locali. Se un atto era scritto in maniera ritenuta debordante rispetto alla norma, la Scael lo annullava e lo rimandava ai Comuni per riscriverlo all’interno dei paletti. Tutto restava sul piano Amministrativo e solo per i casi delinquenziali si passava al Penale.

Santalucia invece ritiene che tutto debba restare com’è oggi. Non considerando che le indagini per abuso d’ufficio finiscono con un nulla di fatto in oltre il 90% dei casi. Si intasano solo gli uffici giudiziari, si fa bella figura sparando il titolone sul sindaco indagato e poi quasi sempre è solo aria fritta. Che però ustiona la vita di sindaci ed amministratori trascinati sotto indagine e messi sotto i riflettori in maniera inutile.

Il presidente di Anm ritiene che l’Abuso d’Ufficio sia solo un tassello di reati più gravi come corruzione, concussione o peculato. Ma forse è proprio per questo che una riflessione va fatta: consentendo alle Procure di concentrarsi su quel 10% di casi criminali e sgravandosi di quel 90% che è solo fuffa amministrativa. Che però fa tanta statistica facendo sembrare come i guardiani di un malaffare che quasi sempre non c’è.

La paura di cambiare.