Più lavoro ma più precario. E retribuito peggio

In provincia di Frosinone aumentano i contratti di lavoro, ma con più precarietà e salari più bassi. L'industria sta scomparendo, sostituita da una realtà basata su logistica e servizi, mentre l'agricoltura rimane marginale. C'è stata una crescita nell'occupazione femminile, ma le donne continuano a ricevere salari inferiori agli uomini. La fotografia scattata da Eures ed illustrata a Fiuggi da Uiltucs

In provincia di Frosinone aumentano i contratti di lavoro ma sono sempre più precari e con una retribuzione più povera: l’industria sta scomparendo ed al suo posto sta nascendo una nuova realtà basata sulla logistica e sui servizi, mentre l’Agricoltura è ormai confinata su valori residuali dopo la grande rivoluzione degli Anni 70. Non lascia spazio per molti dubbi la ricerca Eures presentata a Fiuggi nel corso della due giorni organizzata dalla Uiltucs regionale, il sindacato di categoria della Uil che rappresenta i lavoratori del Terziario, Turismo, Commercio e Servizi.

Una provincia in via di trasformazione

Luci ed ombre caratterizzano la ricerca Eures che disegna una provincia di Frosinone che è in maniera netta sulla via della trasformazione. I dati sull’occupazione dicono che negli ultimi cinque anni i contratti di lavoro sono cresciuti del 10,4%,. È un dato che è due volte positivo: perché nello stesso periodo i posti di lavoro nel Lazio sono scesi dello 0,2%. La Ciociaria ha acceso il turbo: su scala nazionale l’andamento dell’occupazione registra un aumento ma limitato alle 0,6% cioè nulla a che vedere con il boom a due cifre della provincia di Frosinone.

Parte del merito di questo risultato – analizza Alessandro Contucci, segretario generale della Uiltucs di Roma e del Lazio – lo si deve alla risposta del sistema alla fase pandemica”. Traduzione: l’economia della provincia di Frosinone ha lottato per rimanere a galla, aiutata in questo dalla presenza del polo Chimico Farmaceutico di Anagni. Lo mette in chiaro lo scorporato annuale.

Dice che l’occupazione nel frusinate ha fatto registrare un +3,1% nel 2020 e addirittura un +7,2% nel 2021. Il dato 2022 resta in aumento con un +1,9% che è in linea con quanto avviene sia a livello regionale che nazionale. In Ciociaria c’è uno dei poli più affidabili al mondo nel confezionamento dei farmaci: la produzione dei vaccini ha generato decine e decine di posti in più nelle fabbriche del polo.

Il lavoro è rosa

Alessandro Contucci Uiltucs

Ma non solo. Il 2022 regala un altro elemento interessante: la crescita in Ciociaria dell’occupazione femminile, con un +9,5%. Allo stesso tempo scendono i posti di lavoro della popolazione maschile, con un calo del 2,5%. Uiltucs però mette il dito nella piaga: “Resta preoccupante il dato sul Gender gap. Le donne continuano a percepire retribuzioni inferiori a quelle maschili“spiega Alessandro Contucci.

La ricerca Eures poi guarda la prospettiva settoriale: cioè in quali settori l’occupazione cresce ed in quali diminuisce. Nel 2022 i lavoratori del terziario hanno raggiunto in provincia di Frosinone le 115,4mila unità che sono il 67,2% degli occupati. In pratica stiamo diventando una provincia che sta meno in fabbrica e più nei servizi alle fabbriche. In questo ci stiamo allineando sui valori regionali del Lazio. Infatti nella Regione il terziario occupa l’82,2% del personale.

“I 15 punti percentuali di scarto nel valore del terziario – analizza Fabio Piacenti, curatore della ricerca – si spiegano considerando la rilevante vocazione industriale del frusinate”. Cosa significa? Che in Ciociaria il manifatturiero resiste ancora: il 31,8% degli occupati (54,6 mila in termini assoluti) è impegnato nelle sue attività (il 21,5% nel manifatturiero e il 10,3% in quello edile). È un valore più che doppio rispetto al 15,1% registrato a livello regionale.

Il 2022 ha visto il ritorno ad uno dei lavori che per decenni hanno caratterizzato la Ciociaria. Muratori e carpentieri delo territorio hanno letteralmente costruito interi quartieri di Roma. Poi è arrivata la crisi. Invece nel 2022 l’Edilizia è stata trainante per l’occupazione con il suo +49,2% ed altrettanto bene è andato il terziario (+11,6%). In calo invece il settore manifatturiero (-3,9%) e agricolo (-2,1%). Il turismo infine torna ai livelli del 2019 “ma la domanda nazionale prevale su quella internazionale“.

Nel segno della precarietà

Tuttavia solo un contratto su quattro nel 2022, è stabile, cioè a tempo indeterminato. Tendenza confermata dal primo semestre del 2023: “Il saldo – dice ancora Contucci – tra attivazioni e cessazioni indica un risultato positivo pari a +3.343 contratti (con 22.136 attivazioni e 18.793 cessazioni)”. Il trend trova piena conferma anche su scala regionale: qui il saldo si attesta a +80,7 mila unità.

La disaggregazione per tipologia di contratto mostra come il risultato positivo sia determinato da una progressiva erosione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Al posto dei contratti stabili ci sono quelli atipici: nell’ultimo semestre considerato, il saldo negativo per i contratti a tempo indeterminato registra in provincia di Frosinone la perdita di 1.321 posti di lavoro. Un dato che raggiunge nel Lazio le -8.321 unità.

Crescono le imprese

Nel 2022 le imprese registrate in Ciociaria sono poco più di 49mila, pari a circa l’8% del totale regionale (con 609,5 mila imprese). È un dato in crescita di circa 2400 unità rispetto alle 46,6 mila del 2012.

La ricerca – afferma Contucci – conferma il processo di progressiva terziarizzazione della struttura economico-produttiva, in linea con lo spostamento dall’industria verso il terziario registrato a livello occupazionale”. Il che impone “una seria riflessione sugli effetti specifici che queste trasformazioni comporteranno sulle condizioni del lavoro, sulla produzione di ricchezza, sull’attrattività e sulla competitività del territorio e anche sulla qualità del lavoro“. 

La qualità del lavoro costituisce un capitolo a parte per la ricerca. I dati mostrano come nel 2022 i lavoratori dipendenti del settore privato non agricolo del Lazio con retribuzioni lorde medie annue inferiori a 10mila euro siano stati 485,1mila, pari al 28,2% dei dipendenti totali. Il 49% ha ottenuto una retribuzione compresa tra 10.000 e 29.999 euro, mentre per il restante 22,7% è risultata pari ad almeno 30.000 euro annui.

I dati – conclude Piacenti – mostrano come la percentuale dei lavoratori con retribuzioni inferiori a 10mila euro raggiunge il 31,1% nel terziario (il 23,2% nel solo comparto del commercio). Dove il 48,3% delle retribuzioni si collocano nella fascia 10.000-29.999 euro, scendendo al 20,6% quelle con valori più alti”.

Sul fronte opposto, il settore industriale mostra valori decisamente più incoraggianti: i lavoratori che percepiscono meno di 10mila euro annui, infatti, rappresentano il 16% del totale relativo (11,1% nell’industria in senso stretto e a fronte del 24% nell’edilizia), mentre raggiungono il 51,5% quelli con retribuzioni comprese tra 10.000 e 29.999 euro ed al 32,5% i lavoratori con retribuzioni più consistenti.

(Foto di copertina © DepositPhotos.com)