L’emergenza rifiuti e le mancate scelte della politica (di D. Robilotta)

Le mancate scelte della politica determinano poi conseguenze sul ciclo dei rifiuti. In tutto il Lazio. Cosa non è stato ancora fatto. E cosa bisognava fare. L'opinione di Donato Robilotta.

Donato Robilotta

già Assessore Affari Istituzionali Regione Lazio

L’emergenza rifiuti che colpisce Roma e il Lazio ormai è diventata un fatto strutturale, tanto che non ci si fa neanche più caso e le istituzioni locali, Regione e Campidoglio, si voltano dall’altra parte per non affrontare la situazione.

La classe politica, tranne rare eccezioni, preferisce come al solito cercare il capro espiatorio nell’ex patron della discarica di Malagrotta, reo di voler ridurre la quantità di rifiuti che i suoi impianti romani di Tmb, gestiti da un commissario, possono lavorare, invece che assumersi le proprie responsabilità e prendere le decisioni necessarie.

La crisi è dovuta alla carenza impiantistica, e la chiusura della discarica di Malagrotta, senza aver trovato un sito alternativo è stato un gravissimo errore, mentre vedo ancora amministratori che se ne fanno un vanto.

Così come è noto che gli impianti, come quelli di Tmb, hanno bisogno di manutenzione, che non possono andare sempre al massimo della potenza autorizzata e che trattando rifiuti producono Cdr/Css e Fos/scarti che devono andare nei termovalorizzatori, che non ci sono, e nelle discariche che sono esaurite.

Secondo gli ultimi dati Ispra, nel 2016, gli impianti di Tmb del Lazio utilizzati al massimo della loro capacità hanno trattato circa 1 milione e 600 mila tonnellate di rifiuti, che ha prodotto all’incirca 800 mila tonnellate di Cdr/css e 800 mila tonnellate di Fos/scarti.

Come sappiamo quello è il massimo sforzo fatto, perché gli impianti Ama di Salaria e Rocca Cencia non sono messi bene, tanto che l’amministrazione ha annunciato da tempo la loro chiusura o trasformazione, e altri impianti non hanno più le stesse disponibilità di prima.

Per questo non si capisce perché la Regione si attardi ad autorizzare l’entrata in funzione del Tmb di Guidonia, previsto dal piano regionale per trattare 190 mila tonnellate di rifiuti l’anno, che eviterebbe il trasporto pericoloso del rifiuto tal quale all’estero.

Nel 2016 i due impianti di termovalorizzazione in funzione nel Lazio, quello di S, Vittore e quello di Colleferro, hanno trattato solo 375 mila tonnellate di Cdr/Css, rispetto a quelli prodotti, e dunque circa 425 mila tonnellate sono andate a rimpinguare termovalorizzatori di altre regioni o altre nazioni europee come l’Austria.

 

Teniamo presente che attualmente l’impianto di Colleferro è fermo per un revamping, contestato dalle amministrazioni locali, e non si capisce ancora che fine farà la società Lazio Ambiente interamente della Regione che detiene, con una partecipazione minoritaria dell’Ama, la proprietà dell’impianto.

Nelle discariche del Lazio nel 2016, sempre secondo i dati Ispra, sono stati sversati circa 400 mila tonnellate di fos e scarti prodotti e altrettanti sono andati in discariche di altre regioni o all’estero.

Dunque mancano gli impianti di Termovalorizzazione, tanto che il Governo è intervenuto con il cosiddetto decreto sblocca impianti per prevederne quattro nel Lazio: oltre ai due in esercizio, quello di Malagrotta e un quarto da costruire. Che nella programmazione regionale doveva essere quello di Albano, poi cancellato dall’amministrazione regionale.

E’ grave che Zingaretti e la Raggi continuano a dire no al quarto impianto, previsto dal Governo, ed anche a quello di Malagrotta, senza prevedere alternative, che non ci sono, se non quelle di portare i rifiuti all’estero.

Le discariche sono tutte in fase di esaurimento, e la mancanza di termovalorizzatori rende urgente nuove volumetrie, tanto che la Regione sta pressando Roma, per individuare una nuova discarica, e gli altri enti locali per aumentare la volumetria delle discariche esistenti per quasi 10 milioni di metri cubi.

Quanto ai trionfalismi sulla raccolta differenziata, usati ultimamente dal Presidente Zingaretti, ci andrei un po’ cauto. Perché è vero che è aumentata negli ulti anni, come in tutte le altre regioni, arrivando al 42,4% nel 2016, ma il Lazio continua a essere negli ultimi posti della graduatoria delle Regione e risulta di ben 10 punti sotto la media nazionale.

Non solo ma l’aumento della raccolta differenziata non ha fatto altro che aumentare la crisi, perché a fronte delle quasi 500 mila tonnellate di umido prodotte nel Lazio gli impianti esistenti hanno avuto la capacità di trattarne solo 104 mila tonnellate.

Dei nuovi impianti annunciati da Ama e dall’amministrazione capitolina non si ha notizia e non si sa ancora dove e quando verranno costruiti.

E il quadro è allarmante anche per il futuro, visto che Roma ha solo l’impianto di Maccarese, che può trattare 30.000 t/anno rispetto ad un fabbisogno di oltre 200mila t/a, e nel Lazio, con la raccolta differenziata che deve arrivare al 65%, avremo quasi 800 mila t/a di umido prodotto mentre gli impianti di compostaggio, in fase di autorizzazione, potranno al massimo arrivare ad una capacità impiantistica pari a 250mila t/a.

E’ paradossale che, di fronte a questo scenario negativo che si evince dai dati e dalla realtà, la Regione, invece di presentare il piano rifiuti annunciato da anni, presenti un collegato ambientale che si occupa solo di prevedere altri organismi con altre poltrone ma non della programmazione degli impianti.

Sarebbe opportuno che Zingaretti e la Raggi invece di mettersi d’accordo per portare i rifiuti di Roma in altre Regioni e all’Estero, cosa che aumenta il costo per i cittadini, la smettessero di essere preda della sindrome di Nimby e si sedessero intorno ad un tavolo per autorizzare l’entrata in funzione degli impianti esistenti e prevedere la costruzione di quelli che mancano per consentire la chiusura del ciclo.

Così come sarebbe opportuno che il Ministro Galletti, di fronte alle mancate risposte di Regione e Campidoglio, nominasse un commissario ad acta per l’attuazione del decreto sblocca impianti.