Quelle parole dette con 6 secoli d’anticipo

Ci sono parole pronunciate con seicento anni d'anticipo. E che ancora oggi, dopo altri duemila anni, ci ostiniamo a non ascoltare. Come quelle che...

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria… Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offerta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. (Isaia 66, 18-21).

Se si pensa che queste parole sono state scritte almeno 6 secoli prima della predicazione di Gesù, ci rendiamo conto di come lo spirito di Dio agisca da sempre tra gli uomini, spargendo i semi della verità, nonostante la cultura in cui, sia chi scrive che chi ascolta, sono inseriti.

È la forza della Parola che trasforma le culture. Le innerva delle sue idee che pian piano si affermano…

Le parole universali

(Foto: Can Stock Photo / Zurijeta)

Bisognerà arrivare al XX secolo per vedere realizzate, almeno teoricamente, quelle parole. Per riconoscere il diritto degli uomini di ogni popolo e nazione di poter professare la propria fede, di godere dei propri diritti, senza che ci siano fedeli o persone di serie A e altre inferiori.

L’universalismo del messaggio ebraico – cristiano cozzava e cozza ancora con tutte le fedi e le culture di quei secoli, tesi tutti all’affermazione di un popolo su un altro, di una etnia su un’altra.

Le discriminazioni sono avvenute su piani diversi ma ci sono sempre state. A cominciare da quella più importante di tutte, quella tra uomo e donna, a cui i racconti biblici della creazione si oppongono fermamente, pur nel linguaggio e nelle immagini degli autori.

Uomo e donna hanno gli stessi diritti

Foto © Vince Paolo Gerace / Imagoeconomica

Nel Capitolo 2 di Genesi, quello della costola, l’autore fa dire ad Adamo dopo che ha visto Eva: finalmente questa è carne della mia carne, ossa delle mie ossa, affermando la sostanziale uguaglianza in dignità fra maschio e femmina. Erano parole inaudite allora, lo sono state anche da noi fino a poco tempo fa, lo sono ancora in tante regioni della terra.

E poi la discriminazione della schiavitù (liberi e schiavi) quella della cultura (greci e barbari) quella della nascita (ebrei e gentili) quella del censo (ricchi e poveri), quella della civiltà (civili e selvaggi). Discriminare vuole dire essere potenti, approfittare delle risorse dei discriminati: tutto qui.

La via dell’offerta

Foto © Skitterphoto / Pixabay

Ma la Parola offre una via da percorrere, un itinerario per arrivare al monte santo del Signore, anzi per portare tutti gli uomini lì, per far sì che si compia quanto dice l’autore di Genesi 1: maschio e femmina li creò, tutti gli uomini sono fratelli perché tutti figli di un unico padre, fondamento dell’uguaglianza di tutti gli uomini.

E la via è quella dell’offerta che i figli di Israele portano nelle coppe, in vasi puri. In quell’offerta, in quei vasi, come nel calice dell’offertorio della messa, ci sono tutti i fatti, le azioni, i pensieri, le sofferenze, le gioie, i successi degli uomini, di tutti gli uomini sulla terra. E quel calice, pieno, stracolmo, viene offerto a chi può portare su di sé il peccato del mondo…

Questo è il senso dell’offertorio, in quel calice ci siamo tutti, con i nostri pregi e i nostri difetti: nel momento in cui noi ci uniamo a Gesù in quel momento, è questa la fede dei cristiani, noi portiamo con lui il peccato del mondo, pur nelle nostre fragilità e contraddizioni.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti)