Una biblioteca per Carlo Costantini, il sindaco partigiano

Alatri ricorda Carlo Costantini. Che fu sindaco, politico e partigiano. Gli dedicherà un'ala della biblioteca. Ma in città la Resistenza furono in tanti a farla. Dai partigiani bianchi a quelli socialisti, comunisti e repubblicani. Tarquini: "Tempi maturi per ricordarli tutti”

Massimiliano Pistilli

Informare con umiltà e professionalità

Fu sindaco dal 1965 al 1974: governò gli anni del boom e del benessere fino a quelli dell’austerity e delle auto in giro a targhe alterne perché la benzina non bastava per tutti. E fu anche Segretario provinciale della Democrazia Cristiana: negli anni in cui il Partito mieteva voti, la Ciociaria era una delle sue roccaforti nazionali e Giulio Andreotti disegnava per quel suo feudo una Cassa per il mezzogiorno dai fondi praticamente inesauribili.

Ma soprattutto fu un uomo che durante l’occupazione nazifascista lottò clandestinamente e insieme ad altri eroi dell’epoca stampava e distribuiva il giornale “Libertà“. Lì sosteneva quelli che poi sarebbero stati i suoi ideali per l’intera vita. Quelli della libertà, del cattolicesimo, del dialogo e del confronto. E così a distanza di due anni dalla sua morte, avvenuta all’età di 96 anni, la città di Alatri ricorderà Carlo Costantini nella ricorrenza a lui più cara: quella del 25 aprile, la Festa della Liberazione dal nazifascismo. Gli sarà intitolata la sala della Biblioteca Comunale.

La cerimonia

Ad organizzare la cerimonia è stata ll’amministrazione comunale guidata dal sindaco Maurizio Cianfrocca insieme all’Associazione Partigiani Cristiani. L’iniziativa è inserita all’interno delle celebrazioni del 25 aprile: l’appuntamento sarà il 26 alle 11 in quella sala della Biblioteca da sempre luogo di scambi di pensiero e di dibattiti culturali.

Un evento che si inserirà in una ricca serie di appuntamenti. Nei quali il sindaco, il politico ed il partigiano verrà ricordato. (Leggi qui lo splendito profilo che ne tracciò Pietro Alviti: Carlo Costantini ed i ragazzi ciociari che dissero no).

Il ricordo di Tarcisio Tarquini

A custodire la memoria di Carlo Costantini è oggi Tarcisio Tarquini, giornalista e figura di spicco del mondo socialista alatrense e non solo. Prende spunto per ricordare altre figure di quel periodo di lotta per la libertà dimenticate.

«Costantini, giovanissimo nell’autunno-inverno 1943-1944, fu attivo in quel gruppo di giovanissimi come lui, raccolti intorno al vescovo Edoardo Facchini ed al sacerdote Angelo Menicucci, vero capo e cervello del piccolo ma non per questo meno coraggioso, movimento di resistenza alatrense».

La Resistenza venne fatta da pochi. Ed una parte di quei pochi è stata spesso dimenticata. Ricorda Tarquini che «L’attività antifascista e di resistenza al nazi-fascismo ad Alatri non vide protagonisti solo i cattolici. Qui da noi ci fu la partecipazione di socialisti, comunisti, repubblicani e liberali. Ma è da sempre e sistematicamente cancellata o derubricata a fatto minore. Viene calcolata quasi come un di più di cui si sarebbe potuto fare a meno».

Il pantheon della Resistenza

Carlo Costantini

Ma chi erano queste altre personalità. Con Costantini c’erano altri «cominciando da chi fece parte del primo Comitato di liberazione, uomini come il socialista Giacinto Minnocci, rappresentante – così è scritto nei documenti dell’epoca – della parte militare del Comitato stesso». C’è poi la figura di Giovanni Culla, componente socialista del Movimento ciociaro di liberazione «che raggruppava tutto l’antifascismo locale. E poi ci sono gli altri. Me ne parlò parlò Alfredo Papetti, uno di loro, per il mio scritto su “Libertà” dove sono tutti citati, cattolici e non cattolici».

Tarquini ricorda poi una particolare figura. «Per alcuni mesi, nel periodo dall’ottobre -novembre 1943 al marzo 1944 operò tra Alatri, Trisulti e Roma il comunista Angelo Bonelli, col nome di battaglia Gino Conti. “Rivoluzionario di professione” come fu e si definì nella sua autobiografia che, tra l’altro, rivela fasi dell’organizzazione del Partito comunista ciociaro e dei rapporti con gli slavi “titini” reclusi nel Campo di Fraschette».

Negli stessi mesi, fino all’estate del 1944, insegnò nel liceo Conti Gentili, facendo periodicamente faticosissimi viaggi a Roma (probabilmente per ragioni politiche), Gesumino Pedullà. Chi era? «Calabrese, docente di latino e greco, filologo studioso di sanscrito. Ne parla ampiamente il fratello Walter, insigne critico letterario, nella sua autobiografia. Arrivò qui da noi per scontare una sorta di confino e diventò subito punto di riferimento delle giovani leve comuniste».

L’appello e la speranza

Il cancello delle Fraschette

A seconda delle latitudini, la storia della Resistenza è stata più o meno nitida. In alcune aree geografiche presenta ampi buchi. Mancano le gesta dei partigiani bianchi, come se fossero stati solo socialisti e comunisti ad opporsi al nazifascismo. In altre zone è stata rimossa invece la parte rossa di quell’epopea. Per capirne le ragioni bisogna considerare che solo il comune nemico univa quei giovani in armi: per il resto la loro visione del mondo differiva in tutto. E cancellare una parte della storia era utile per radicare la visione solo dell’altra.

«Sarebbe ora di celebrarla tutta intera questa bella e coraggiosa pagina di storia della città di Alatri» esorta ora Tarquini. Lo fa con una citazione che dà una spiegazione. «Mai è stato fatto, forse per gli stessi motivi che lo storico Tommaso Baris ricostruisce nei suoi libri di storia politica del secondo dopoguerra in provincia di Frosinone».

Cosa dice quel testo. Che furono «Anni in cui – suggerisce lo studioso – la continuità tra gruppi dirigenti fascisti e post fascisti si espresse nella lunga egemonia della Democrazia Cristiana. I cui esponenti più di “sinistra” vennero tutti emarginati, anche ad Alatri. Un nome per tutti, Francesco Marinucci negando perfino il tributo della citazione a chi se ne era tenuto fuori, o addirittura ne era stato espulso». 

Il 26 però ci sarà un primo passo. E così dopo il tributo a Carlo Costantini – è l’augurio di Tarquini – potrebbe aprirsi una stagione di celebrazioni per coloro che lottarono per la libertà e democrazia. Perché – per citare Sandro Pertini – pur tra mille difficoltà “la peggiore democrazia è sempre meglio della migliore dittatura”.