Matusa, dove abbiamo insegnato agli italiani che si può sognare

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Stefano Pizzutelli

di STEFANO PIZZUTELLI

Blogger (quando ne ha tempo)

 

FROSINONE 24 APRILE ORE 14.20

Scusate, scusate, interrompo dal Matusa. Qui sta succedendo una cosa assurda! Incredibile, amici! Stiamo assistendo ad una cosa inaudita. C’è una Curva che ringrazia, che urla, che incita e c’è una squadra abbracciata sulla linea dell’area di rigore. C’è uno stadio che applaude. Signori, non ci posso credere. I 50 tifosi palermitani, che fino ad un minuto fa, stavano festeggiando la vittoria, sbeffeggiando i tifosi locali, ora stanno applaudendo a mani alzate”.

Qui è Sky Sport 24. Trasmettiamo da Frosinone. Ci scusiamo perché non ricordavamo che una cosa del genere potesse accadere. Coi nostri soldi e quelli di Mediaset, gestiti da Infront e da Lotito, gli stadi si sono svuotati e i divani riempiti e quindi in alcune partite siamo costretti a inserire dei cori preregistrati per evitare l’imbarazzo del silenzio. Invece qui la partita è finita da dieci minuti e la gente continua a cantare

Scusate, è Novantesimo Minuto. Nessuno più si ricordava che potesse esistere una cosa del genere. Una squadra perde in casa la partita decisiva e la sua gente abbraccia i giocatori e l’allenatore. I giocatori saltano insieme alla curva. Non è vero. Deve essere un film

“Tutto a posto, capo, il corpo estraneo è stato eliminato”. “Ottimo; hai chiamato quelli della Infront?” “Perché, capo?” “Russo si è lamentato che a Panama i soldi non sono ancora arrivati”. “Li sollecito, ma Tagliavento li sta prosciugando”.

Here is CNN. This is Frosinone, a little town near Rome. And this is the sport, this is an extraordinary moment; the team and the fans, they sing, they cry, they dance. That’s incredibile. This is a dream, the dream of the wonderful and deep spirit of the sport that comes true”.

Tifo solo il Frosinone, l’unica squadra del mio cuor. Sin da quando ero bambino, io c’ero, ci sono e ci sarò

Lo so, lo sport e la retorica sono una cosa sola. Domani niente leggerete su questa piccola, insignificante, insulsa città di provincia. Non ci saranno servizi sulle lacrime di Adriano, di Ale, di Danilo, di Roberto. Certo, ci saranno servizi su Valentino Rossi, ma lui è di un altro mondo, rispetto a tutti. Ed è un ragazzo di provincia, come noi.

Noi, ciociari, noi, sconosciuti. Noi, detestabili corpi estranei con lo stadio sempre stracolmo in una serie A fatta per i tifosi da salotto, con le palle all’aria. Siamo quelli dei balconi, quelli degli sputi ai guardialinee. Siamo l’unico stadio in cui Di Natale può battere il cinque con i bambini prima di tirare un calcio di punizione, in cui i calciatori ci vanno a piedi, col trolley e magari si vanno a prendere il caffè al bar, con i tifosi.

Non ho più parole, ho solo brividi. Ma non sono arrabbiato, sono pacificato. Sono stato in serie A. La mia unica squadra. Ho vissuto gioie che molti tifosi di grandi città, di molti grandi bacini di utenza, non vivono mai, in una vita. Ho visto la serie A al Matusa, al posto N 125 dei Distinti, il mio posto, accanto ad Armando.

Ho urlato con Blanchard a Torino, che pensavo di morire, ho visto Rizzoli dare il cinque a Paganini dopo la ruleta, ho visto un fratello che fa l’assist per suo fratello, ho visto e ho sperato, ho urlato, ho insultato, ho sofferto e alla fine ho vinto.

Ho vinto, sì. Perché guardare la mia squadra, la mia gente, il mio prato, i miei spalti, essere ancora, in Lega Pro, in serie B, in serie A, dentro il mio fottutissimo cuore, una sola preziosissima cosa, mi fa pensare ancora una volta, che è valsa la pena venire al mondo qui, quaggiù, sotto aglie campanile, per provare questo immenso, infinito, invincibile amore.

E, come sempre, forza Frosinone