30 settembre 1977, la notte che tentarono di assassinare Biagio Cacciola

Oggi è uno stimato professore di Filosofia. Negli anni Settanta era dirigente politico di uno dei movimenti più impegnati negli Anni di Piombo. All'alba del 30 settembre 1977 una bomba doveva uccidere Biagio Cacciola. Che si salvò grazie ad un ristoratore di Frosinone.

Li hanno chiamati anni di piombo. Sono stati anni di sangue. Quello di giovani militanti di Sinistra e di Destra che si sparavano, carichi di odio. L’Italia non ha mai chiuso i conti con quella stagione.

È il 30 settembre 1977 quando finisce nel mirino Biagio Cacciola, filosofo, oggi celebre professore al Bragaglia di Frosinone; all’epoca studente universitario e dirigente politico del Fronte studentesco di destra.

 

L’omicidio di Walter Rossi

Un giorno particolare quel 30 settembre di 41 anni fa. C’è un volantinaggio per denunciare i tre colpi di pistola partiti da una Mini Minor contro alcuni ragazzi di Sinistra che stavano davanti ad una casa occupata a Monte Mario.

Il volantinaggio si tiene alla Balduina, storica roccaforte della Destra più radicale, quella che fa riferimento a Rauti. Ne nasce una sassaiola. Partono altri colpi di pistola. E questa volta uccidono: un proiettile raggiunge alla nuca Walter Rossi, militante ventenne della formazione comunista Lotta Continua. Muore prima dell’arrivo in ospedale.

La reazione scatena l’ala più violenta e dura dell’antifascismo militante. In mole città le sedi del MSI e del sindacato Cisnal vengono assaltate e incendiate. Tra queste, c’è la la sezione di Roma Prati.

Biagio Cacciola in quel 1977 è un giovane universitario. Da poco è stato eletto segretario del Fuan (il fronte universitario) e per questo è entrato di diritto nell’esecutivo del Fronte della Gioventù, il movimento giovanile del Msi.

Cacciola decide di andare a Napoli e partecipare lì ad una manifestazione contro le violenze. Lo accompagna l’allora segretario del Fronte, Gianfranco Fini.

 

L’incendio della Sezione

«Tornammo a Roma in serata. All’epoca non esistevano i telefoni cellulari con i quali si poteva essere avvertiti in tempo reale su quanto stesse accadendo. Internet stava solo nella mente allucinata di qualche scrittore fantascientifico. Gli smartphone nemmeno erano stati immaginati. Fu per questo che solo una volta arrivati a Roma venimmo a sapere di Walter Rossi. Lo sentimmo dalla radio».

Il Giornale Radio fornisce i dettagli della manifestazione. E quelli della reazione che innescò. «C’erano scontri a piazza Risorgimento, i compagni assaltarono la sezione Prati e la incendiarono. Era tardi ed eravamo stanchi per la giornata trascorsa a Napoli. Così, Fini se ne andò a dormire a casa sua a Monteverde. E io me andai al Fuan, perché dormivo proprio dentro la sede: era un modo di vivere la militanza e anche per risparmiarmi l’affitto a Roma».

I due giovani dirigenti del Fronte sono sotto le lenzuola mentre la violenza dilaga. «All’improvviso, intorno alle 23, mi sveglio. Senza motivo. Non sentivo più la stanchezza. Mi siedo sul letto e e mi dico ‘Fammi andà a vedé che succede a piazza Risorgimento’ ».

 

Gigino Neglia e Franco Arcese

Biagio Cacciola raggiunge piazza Risorgimento. «Quando arrivo là, ci sono ancora le fiamme alte dentro la sezione. Tutto intorno è pieno di luci blu, ci sono le camionette della polizia, i vigili del fuoco che stanno ancora tentano di spegnere l’incendio».

Lo sguardo è fisso sulle fiamme. Cacciola è completamente rapito. Sussulta quando all’improvviso si sente toccare la spalle. Si gira di scatto. Riconosce un volto amico ed una voce che gli dice “Ne guagliò e tu che stai a fà qua?”.

È Gigino Neglia, il ristoratore più famoso di Frosinone. Insieme all’amico Franco Arcese ha raggiunto Roma con la Fiat 1500 di uno dei due. Roma è a due passi con la 1500, spesso a fine giornata i commercianti di Frosinone ci vanno per un giro in centro, un caffè e chiudere così la giornata.

Racconta Cacciola. «Mi dicono: “Tu mò te ne torni a Frosinone con noi, questa non è aria per tè”. Gli rispondo che domani sarei dovuto andare all’università e che i camerati mi aspettavano nella Sezione. Ma non ci fu modo per farli desistere. Forse avevano capito più di me la gravità della situazione. “Ma che te frega. Vieni con noi e poi ce ne torniamo tutti a Frosinone”».

Si lascia convincere. «Dopo un giro prosaico in centro, mi ritrovo nella 1500 che percorre l’autostrada e raggiunge Frosinone. Me ne sono tornato a dormire a casa, dove nessuno mi aspettava. e siccome era notte, non ho nemmeno svegliato mia madre».

 

La bomba nella stanza di Cacciola

Alle 6.30 del mattino squilla il telefono di casa Cacciola a Frosinone. Risponde la madre. Dall’altro capo del filo c’è un allarmato Gigi Serafini, un militante del Fuan.

Signora, è in casa Biagio?

Non lo so, dovrebbe essere a Roma: aspetta che vedo

La mamma sveglia Cacciola. Assonnato per la notte passata in piedi, il dirigente del Fuan raggiunge il telefono.

Pronto, sò Biagio

Sono Gigi Serafini, sei davvero Biagio Cacciola?

Nè Gigi mavaffanculo

Se sei davvero Biagio dimmi la tua data di nascita e che facoltà fai?

Gigi mavaffanculo! Sò tornato da poco fateme dormì. Mi svegli a quest’ora per sté stronzate?

La voce da Roma si fa seria.

«Camerata: dimmi quando sei nato, voglio sapere se sei davvero tu, perché stamattina alle 5 i compagni hanno fatto saltare la sede del Fuan e io sto vedendo il tuo pigiama a brandelli che brucia. La tua branda è volata fuori per strada».

Quella mattina, un commando di sinistra aveva sfondato la porta della sezione del Fuan e lanciato all’interno la bomba. Era finita sotto al letto dove di solito dormiva Cacciola.