Acea e quei sindaci bravissimi a rompere ma non a costruire

Giovedì prossimo l’assemblea dei sindaci voterà per la risoluzione del contratto con Acea e per dire no alla fusione di Acea Ato 2 di Roma con Acea Ato 5 di Frosinone. Quello che succederà poi è da vedere: la società impugnerà i provvedimenti e tornerà ad aprirsi quella lunga stagione giudiziaria che ha già caratterizzato i rapporti tra politica e Acea in questa provincia.

Ancora una volta i sindaci indossano i panni dei “tagliatori di teste”, come successe con il manager della Asl Isabella Mastrobuono, individuata come quella che bloccava la sanità provinciale. Infatti dopo è arrivato il commissario Luigi Macchitella e le cose sono rimaste esattamente come prima. Soltanto che nessuno protesta più come ad agosto o settembre. Almeno fino a quando pure Macchitella non verrà individuato come il “capro espiatorio” da sacrificare sull’altare delle solite manovre politiche dal fiato corto. In questi anni la sanità è stata depotenziata: ospedali chiusi, nessuna sostituzione del personale che andava in pensione, nessun investimento sugli ospedali, nessun Dea di secondo livello, sempre e soltanto promesso. Quegli stessi sindaci che avevano approvato l’Atto aziendale hanno poi mandato a casa la Mastrobuono.

Adesso, quegli stessi sindaci che hanno da poco approvato il piano degli interventi di Acea (62 milioni di euro), mandano a casa Acea. Tutti insieme: Nicola Ottaviani, Antonio Pompeo, Giuseppe Golini Petrarcone, Giuseppe Morini, Ernesto Tersigni, Simone Cretaro, Fausto Bassetta. Molti di loro sono già in campagna elettorale e Acqua e Sanità sono argomenti che fanno presa.

Nella sostanza non è cambiato molto dalle scelte di Antonello Iannarilli e non si capisce nemmeno bene su che cosa l’iniziativa del sindaco di Ceccano Roberto Caligiore si distingue da quest’altra. La classe politica ciociara viaggia a corrente alternata, è bravissima a “rompere” e mandare a casa, ma mai a costruire oppure a proporre una soluzione diversa.

La motivazione elettorale è prevalente rispetto a tutto il resto. Ovviamente da Roma (Governo nazionale e Regione Lazio) guardano, sorridono compiaciuti e vanno avanti. La provincia di Frosinone continua imperterrita il proprio processo di auto disfacimento.

In più diventa sempre più inaffidabile per manager della sanità, società private come Acea e per molti altri interlocutori. Qualunque accordo raggiunto può saltare da un momento all’altro per un “capriccio” contagioso.

Se fosse questo il motivo per il quale la provincia di Frosinone non conta nulla?