Adieu abuso d’ufficio ed economia padrona

La riforma Nordio e il parere personale dei due presidenti degli Ordini forensi di Frosinone e Cassino: che la pensano diversamente

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Una delle motivazioni più “calzanti” della recente abrogazione del reato di abuso d’ufficio, voluta fortemente dal governo Meloni con il guardasigilli Nordio, è stata di carattere economico. Senso, chiave di volta e lettura cardinale del reset al “fu” articolo 323 del Codice Penale sono stati fondati per lo più su una lettura netta.

Quella per cui un Paese come l’Italia, in forte credito di ripresa economica e pronto ad accogliere le sfide della messa a terra del Pnrr, aveva di fatto le “mani legate”. Da cosa? Da un reato che in lettura lasca era la pastoia più grossa a quello sviluppo e ad una sua concreta progettualità.

Le antiche “paure” degli amministratori

Il Guardasigilli Carlo Nordio

Spieghiamola meglio: un pubblico amministratore che si senta (sentisse, visto lo status quo ormai quasi definito) intimidito dal fare scelte poteva attribuire questa sua paura. Attribuirla al fatto che, se avesse “osato agire d’imperio”, al 90% sarebbe incappato in una denuncia per abuso d’ufficio. Questo perciò, secondo la lettura dei fautori dell’abrogazione, sarebbe stato la prova provata della natura non solo “decotta” dell’abuso d’ufficio, ma anche della sua pericolosità.

Di contro, coloro che in quel profilo penale ci vedevano (e ci vedono) un argine ad una illegalità capillare almeno in potenza, sostengono altro. Che la scomparsa dal Codice dell’abuso d’ufficio sia stata solo una scelta premiale per consentire il solito approccio bucaniere a grandi temi di sviluppo di una certa Italia liberale e tronfia. E che aggiogato al nuovo Codice degli appalti ed allo scenario composito del Pnrr questo reset sia stato dannosissimo, come ha sottolineato l’Anac.

Galassi e Di Mascio: due pareri sul tema

Come la pensino gli operatori del diritto è faccenda composita, nel senso che ognuno di essi poi ha maturato una sua convinzione. Quelli che seguono perciò sono pareri personali e non rappresentano la summa algebrica di un orientamento. Sono i pareri dei due responsabili degli Ordini Forensi in seno ai Tribunali di Frosinone e Cassino, avvocati Vincenzo Galassi e Giuseppe Di Mascio. (Leggi qui: Requiem e reset dell’abuso d’ufficio: Salera e Marzi esaminano la Legge).

Presidente Galassi, a suo avviso il “fu” reato di abuso d’ufficio qualificava già in sé i suoi limiti? Mi spiego: un sindaco o un dirigente avevano davvero fondata paura di firmare un atto paventando il censimento penale in 323, oppure quella paura in realtà era prioritariamente un argine oggettivo al malaffare?

“Mi permetta di precisare che rispondo alle sue domande come avvocato penalista e non come Presidente dell’Ordine, non avendo la pretesa di esprimere il pensiero altrui. Anzi, forse rappresento una voce fuori dal coro perché personalmente ritengo che la previsione di un reato che punisca gli atti e provvedimenti illeciti dei pubblici ufficiali sia necessaria a fini preventivi”.

“Probabilmente tanti comportamenti illeciti sono stati evitati proprio per l’esistenza del reato di abuso d’ufficio. così assolvendo pienamente alla funzione deterrente del sistema penale, attuata attraverso la minaccia della sanzione”.

Ritiene giusto il restringimento degli ambiti di reato del 2020 come atto sintomatico della necessità di favorire la ripresa economica dell’Italia? E può la Legge divenire “duttile” e seguire l’usta dei sistemi complessi e delle necessità economiche di uno Stato di Diritto?
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“La riforma del 2020 si è sforzata di tipizzare la condotta escludendo l’illiceità di tutti quei provvedimenti connotati da discrezionalità. E confinando la previsione penale a quei comportamenti violativi di ‘specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge’. Ciò significa che, per commettere un abuso d’ufficio, bisogna fare il contrario di quello che impone la legge in quella determinata materia. Non a caso ho usato il termine imporre perché il reato si realizza quando vengono violate norme che non lascino margini di discrezionalità”.

“Uno degli argomenti a favore dell’abrogazione è rappresentato dall’alta percentuale di archiviazioni e dal numero quasi irrisorio delle condanne. Quelle percentuali, a mio avviso, risalgono a prima della riforma del 2020, quando effettivamente la sfera di operatività del reato era stata estesa in maniera eccessiva. Ed arrivando a contestarlo anche in presenza della violazione del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione”.

“A quelle percentuali, comunque, può essere data anche una diversa lettura. Questo perché esse dimostrano che non vi sono state condanne indiscriminate per atti semplicemente illegittimi e non anche penalmente illeciti”.

Crede che il necessario snellimento dei carichi giudiziari e quindi il compimento, per parte attinente, dell’articolo 111 della Costituzione sul “giusto processo” dovessero passare anche per il reset di un profilo penale di così alta incidenza sociale?
Il Tribunale di Frosinone

“In ordine alla cosiddetta ‘paura di firma’, non credo che vi si possa ovviare con l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Questo perché ho sentito io stesso un esponente della Magistratura affermare, durante un’intervista radiofonica, che i Pubblici Ministeri, in presenza di un atto illegittimo, per poter svolgere le indagini, saranno costretti a iscrivere il soggetto per reati più gravi”.

“(Reati) come la corruzione, che certamente incute più timore dell’abuso ufficio, non fosse altro che per l’invasività degli strumenti investigativi che consente. Da ultimo, credo che l’abolizione dell’abuso d’ufficio non avrà alcuna incidenza sullo snellimento dei carichi giudiziari“.

Presidente Di Mascio, il 323 era davvero solo un modo per qualificare penalmente ed “irritualmente” faccende di solo ambito amministrativo?

“Dopo le riforme succedutesi negli anni, soprattutto con riferimento all’elemento psicologico del reato, l’atto illecito tendeva a sovrapporsi all’atto amministrativo illegittimo. Sicché ogni qualvolta si rilevava la sussistenza di un vizio che inficiava la validità dell’atto amministrativo sovente veniva presentata denuncia o promossa l’azione penale. Addirittura in numerose occasioni, soprattutto nei Comuni, la denuncia sostituiva il confronto politico“.

Quanto ritiene che abbia pesato, nel “travaso” in Codice penale di migliaia di fascicoli ex 323, la scomparsa dei Coreco, i Comitati di controllo regionale che filtravano le azioni amministrative?

“Tantissimo. Anzi penso che questa sia stata la causa principale. La mancata censura preventiva di atti amministrativi illegittimi da parte di Organi all’uopo deputati ha sicuramente innescato una sorta di reazione. Reazione volta a risolvere una ‘ingiustizia’ che però andava affrontata nella competente sede della giustizia amministrativa non certo penale“.

Da penalista e già rodato amministratore, non ritiene che un solo caso di abuso d’ufficio censito e cassato potesse valere come cardine per tenere motivatamente quel reato nel Codice? Ci sono rischi per lei nella sua scomparsa?
L’Aula della Corte d’Assise di Cassino

“L’abolizione del reato di abuso d’ufficio non comporterà alcun rischio. Questo posto che gli ‘abusi’ nei confronti della Pubblica Amministrazione animati da finalità di corruzione, concussione, peculato ecc. continuino ad essere gravemente sanzionati.

“Quando invece l’atto amministrativo è semplicemente illegittimo troverà la sua censura nei Tribunali amministrativi”.