I debiti di Cassino ed i bilanci falsi di quarant’anni

Il Comune di Cassino rischia di affogare. Questa volta lo scontro con Acea c’entra ben poco. Il mare in cui tutti i conti cittadini stanno per naufragare sono i debiti. Quelli che si sono accumulati per quarant’anni e anche oltre.

Cassino è solo il caso più evidente in una provincia nella quale Frosinone s’è consegnata alla Corte dei Conti già da cinque anni, Alatri ha annunciato il predissesto, Fiuggi lo sta studiando, Arpino ci sta con un piede dentro, tanti altri sono saltati in silenzio.

Se poi, allarghiamo il campo, si vede anche la Regione Lazio che da dieci anni sta ripianando circa 10 miliardi di debito, solo nel bilancio della Sanità.

Chi ha amministrato così male e chi ha scavato quei debiti?

Tutti e nessuno. Per capire come sono andate le cose bisogna fare un po’ di passi indietro e comprendere alcuni passaggi elementari di Economia.

Il Paese ha azzerato tutto ed è ripartito con la nascita della Repubblica. C’è stato un decennio di ricostruzione nel quale bisognava rifare tutto o quasi. Tutto questo lavoro e la condizione economica mondiale ci hanno proiettati nel periodo del boom economico e del benessere: siamo passati dall’essere Poveri ma Belli fino all’epoca godereccia della Dolcevita. Poi è arrivata la crisi petrolifera degli anni Settanta e tutti siamo tornati con i piedi per terra.

Qui il sistema si inceppa. Quale sistema? Quello del rigore ferreo nei Conti, imposto dagli allora Governatori di Bankitalia Domenico Menichella, Guido Carli, Paolo Baffi. Fino a quel momento – come in tutte le Economie – la crescita del Paese finanziava le spese che avevamo anticipato.

Ma il Paese smette di crescere.

Fino a quel momento, Cassino come tutti gli altri Comuni della Provincia di Frosinone e nel resto d’Italia, ha gestito le sue attività giocando su due principi economici: Principio di Competenza (oggi lo Stato mi assegna dei soldi ed io scrivo che devono entrare) e Principio di Cassa (ho i soldi sul conto, posso pagare).

Dagli Anni Settanta in poi, la forbice tra la Competenza (soldi sulla carta) e la Cassa (soldi sul conto) si è allargata: in media passano 4 anni tra lo stanziamento e l’effettiva erogazione.

Nel frattempo, le opere chi le paga? Le imprese chi le salda? Gli stipendi ai dipendenti delle ditte ma anche a quelli Comunali, le bollette, i riscaldamenti, chi li paga?

Abbiamo iniziato a usare i soldi finti (quelli di Competenza, solo sulla carta) come se fossero veri (quelli di Cassa).

Con assurdi pazzeschi. Ci sono stati Comuni che hanno realizzato le opere e poi, dopo quattro anni, la Regione gli ha mandato una lettera dicendo “Guardi che quel finanziamento le è stato revocato, non fste più l’opera”. Oppure “Siccome non avete rendicontato bene, quei soldi non ve li diamo più”.

E’ chiaro che in una situazione del genere aumentano i ricorsi alle Anticipazioni di Cassa (cioè: cara banca che mi fai da tesoriere, per favore mi anticipi i soldi che tanto sei sicura di avere tra qualche tempo e sono garantiti dalle tasse che i cittadini pagheranno?). Ed i Contenziosi (siccome stai tardando troppo a pagarmi i lavori, sto saltando, ti cito in tribunale).

Siamo arrivati così fino alla fine degli anni Novanta. Con il paradosso spiegato da un sindaco degli anni Ottanta: «Come si amministra? Ora il neo sindaco nei prossimi 5 anni pagherà i debiti che ha fatto il suo predecessore. Le opere? Farà i debiti e li pagherà il suo successore.

Chiaro a tutti che – in questa situazione – il primo bilancio falso è quello dello Stato. E – a cascata – quello di tutti gli Enti dello Stato.

Per non saltare, durante decenni sono state gonfiate le entrate con voci fantasiose e quasi sempre inesigibili. Nessuno è mai andato a dire nulla. Altrimenti sarebbe saltato l’intero sistema Paese.

Lo Stato l’ha sempre saputo. L’Europa pure. Al punto che un giorno ci ha detto: se volete salire sulla giostra dell’Euro adesso cambiate registro, cambiate modo di fare la contabilità, cambiate modo di fare i bilanci.

Fine della fiera.

Da quel momento, se una ditta vuole essere pagata, deve specificare nella fattura il numero della delibera (o determina) in cui il Comune indica la copertura (cioè che ci sono i soldi). Niente più fatture senza copertura.

Lo Stato alla fine fa una vera e propria ammissione di colpa. Lo fa con la norma sull’Armonizzazione dei Bilanci. Scatta dal primo gennaio 2015 e dice – nella sostanza – ‘Cari Comuni, cancellate tutte le entrate false con cui vi siete tenuti a galla e da oggi facciamo i bilanci veri’.

Ed i debiti? Si accertano e si spalmano su 30 anni.

Come mai Cassino allora si trova a rischio di annegamento? Chi ha dovuto scegliere a quel tempo ha ritenuto che fosse possibile farcela con la stessa procedura di assestamento attuata da Frosinone. Ma al calcolo del debito da spalmare mancavano alcune voci. Quali? Le potenzialità esplosive dei Contenziosi ancora aperti. Un esempio su tutti: il famigerato contenzioso con la ditta Turriziani per un distributore di carburanti cui venne negata l’apertura; ha determinato un maxi risarcimento pari a 2,4 milioni da pagare, ci si sta mettendo d’accordo per 1,7 milioni. Ma se fosse stato inserito nello ‘spalmadebiti’ sarebbe stato ammortizzato in 30 anni. Ora invece grava sul Comune.

Sulle cause si apre un altro capitolo. Tutto italiano e Cassinate: i contenziosi sono diventati talmente tanti che il personale non è più riuscito a stare appresso a tutto. Si è arrivati al punto che bastava non nominare un consulente e la causa veniva data vinta al ricorrente. Una situazione che ha portato l’attuale sindaco a dire «Il Comune è stato considerato un bancomat». In pratica, bastava fare causa per qualsiasi cosa (nella speranza che l’ente non facesse in tempo a seguire la questione) per ottenere così un risarcimento.

Ci sono bollette per oltre un milione da pagare: oggi pago il vecchio e nel frattempo diventa debito la bolletta nuova. E poi 700mila euro di riparazioni urgenti fatte per 14 anni. Ci sono i lavori per il Forum della Ricerca: altro contenzioso da 600mila euro, per ora.

In totale, il conto, per ora, è di 70 milioni di debiti.

Camminare sull’acqua è materia che non appartiene ai sindaci. Si rischia di affogare.

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